Xylella fastidiosa: un pericolo di contagio da eliminare
Tutta la comunità scientifica, e non solo quella che fa riferimento alle Scienze agrarie, è scossa dalle notizie che trapelano dal Salento e riguardano i recenti sviluppi giudiziari relativi alla gravissima moria delle piante di olivo, attribuita al batterio patogeno Xylella fastidiosa. I fatti sono noti all’opinione pubblica (grazie anche agli interventi di autorevoli maestri del pensiero che si sono confrontati in questo ennesimo conflitto tra Scienza e Giustizia, da molti ricondotto a una vera “caccia alle streghe”), e bastano poche righe per riassumerli.
Alcune settimane fa la Procura della Repubblica di Lecce ha disposto il sequestro conservativo delle piante colpite dal disseccamento, di fatto bloccando le (faticose) operazioni di eradicazione in atto. Difficile non pensare a una sorta di condizionamento ideologico, anche sulla base di dichiarazioni pubbliche degli inquirenti. Contestualmente sono state rinviate a giudizio una decina di persone che, a vario titolo, hanno avuto un ruolo determinante nella faccenda, a cominciare dai ricercatori baresi che per primi hanno segnalato e studiato la malattia. Purtroppo non sono rese pubbliche le perizie tecniche alla base di tali drammatici provvedimenti, ma le indiscrezioni di stampa delineano scenari quanto meno inquietanti.
Da più parti si invoca trasparenza e si auspica che le risultanze tecnico-scientifiche in oggetto possano essere messe a disposizione di quanti possono e desiderano confrontarsi sul tema. In breve, le accuse verterebbero principalmente intorno al fatto che – essendo individuabili “perlomeno nove” ceppi di Xylella (ma il dato non figura nella bibliografia specialistica) – si ha motivo di ritenere che la presenza di questo microrganismo nell’area risalga ben indietro nel tempo (una ventina di anni?), e quindi non si sia trattato di una situazione emergenziale iniziata nell’anno 2013, come invece appariva dalla letteratura. Improbabile parlare di importazioni parallele del batterio per giustificare la presenza dei diversi ceppi individuati nel territorio. Il resto sarebbe conseguente e chiama direttamente in causa una serie di “inerzie, negligenze e imperizie” attribuite agli indagati per diversi delitti previsti dal Codice Penale…