Vento…Vento !
Molti anni orsono, Dino Olivieri e la sua orchestra affidavano alle onde radiofoniche un fox – trot dal titolo, “La mia Canzone al vento”, versi di Andrea Bixio – musica di Cherubini.
Nel 1939, il grande successo delle parole “Vento, vento portami via con te”, erano state accolte con grande simpatia ed il motivetto si era diffuso così rapidamente, da suscitare nell’anno successivo, dopo l’entrata in guerra dell’Italia, l’intervento della censura del Regime, poiché era sorto il sospetto, che la semplice modifica in “portalo via con te”, avesse come destinatario il Capo del Governo.
Tuttavia, “La mia Canzone al vento” ha continuato ad interessare fin quasi ai nostri giorni, grandi interpreti canori di ogni tempo, da Claudio Villa, a Modugno, a Pavarotti e merita riflettere su alcune strofe, che dimostrano come solo ai poeti sia dato il dono di indicare il futuro dell’umanità: Vento, vento portami via con te, raggiungeremo insieme il firmamento, dove le stelle brilleranno a cento, e senza alcun rimpianto voglio scordarmi un tradimento. Vento, vento portami via con te.
In questo periodo di celebrazioni del cinquantesimo anniversario dell’arrivo dell’Uomo sulla Luna, appare evidente che l’aspirazione di raggiungere il firmamento ha trovato, finalmente, il suo compimento.
Non solo, tutti gli astronauti concordano di essere rimasti stupiti dal brillare delle stelle a “cento” (…forse migliaia), durante le fasi di avvicinamento.
C’è anche un tradimento da dimenticare, cioè quello di una Signora di nome Vaia, che inconsapevolmente ha ricevuto in regalo dai suoi familiari, il diritto di rappresentare, secondo le regole dell’Istituto di Meteorologia della Libera Università di Berlino, l’ultimo evento catastrofico provocato dal vento nell’ Europa meridionale ed in alcune regioni del nostro Paese, a causa della velocità superiore a 200 chilometri all’ora.
In realtà, il rimpianto c’è e non sarà affatto facile dimenticare milioni di alberi abbattuti, come è stato documentato dalle impressionanti riprese televisive, che testimoniano una catastrofe, senza precedenti.
E’ evidente che la Signora Vaia Jakobs è assolutamente innocente e non ha alcuna responsabilità su quello che è successo, poiché si è trattato di un vero e proprio uragano, ma il suo nome è destinato a rimanere a lungo negli annali meteorologici del nostro Paese.
Il bilancio dei danni ad un anno dall’evento verificatosi nel Triveneto, dal 27 al 29 ottobre 2018, è risultato superiore ad ogni aspettativa, soprattutto nel distretto forestale di Cavalese, che comprende le Valli di Fiemme e di Fassa dove la superficie di bosco danneggiato ha raggiunto 19 mila ha.
I boschi della Magnifica Comunità di Fiemme, conosciuti in tutto il mondo per la presenza degli abeti di risonanza, hanno subito perdite rilevanti, circa 150 mila metri cubi, e l’Ufficio forestale della Provincia di Trento ha valutato danni per 1,5 milioni di metri cubi di legname e la caduta di oltre un milione di piante, in tutta la Valle.
Secondo il recente Rapporto sullo stato delle foreste e del settore forestale in Italia, realizzato dal Ministero per le Politiche agricole e forestali, in collaborazione con la Rete Rurale Nazionale, il Crea e la Compagnia delle Foreste, la tempesta Vaia non ha avuto riguardo per il Veneto, per il Friuli Venezia Giulia e la Lombardia, dove sono state colpite faggete, peccete, boschi misti di abete e faggio per complessivi 16 mila ettari di alberi abbattuti, pari a 8,6 milioni di metri cubi, ed a 7 volte la quantità di tronchi da sega, mediamente utilizzati in Italia, in un anno.
Centinaia di imprese sono ancora al lavoro per allontanare rapidamente gli alberi divelti, al fine di ridurre il pericolo rappresentato dagli attacchi degli insetti e di contenere le perdite economiche dovute all’enorme massa di legname resa disponibile sul mercato, ma la ricostituzione del patrimonio forestale, nonostante l’impegno delle Regioni, delle Province, dei Comuni, delle Organizzazioni ambientaliste e dei privati, si presenta difficoltosa e di lungo periodo.
Un disastro così improvviso richiama alla memoria quanto è accaduto il 26 dicembre 1999, quando l’uragano Lothar, seguito dopo pochi giorni da Martin, ha attraversato la Francia, la Svizzera, la Germania, lasciando una scia disastrosa nelle foreste dell’Europa occidentale, ad esclusione dell’Italia.
L’aspetto comune a Vaia ed a Lothar è rappresentato dalla massima velocità del vento che si è manifestata al suolo e dalla grande rapidità di avanzamento della zona di bassa pressione, che è passata dalla Francia centrale alla Svizzera ed ha oltrepassato il confine tedesco, per poi raggiungere, la Polonia ed i Balcani settentrionali, in meno di due ore.
I danni sono stati enormi in 15 Paesi ed in base ad una ricerca promossa dalla FAO, hanno raggiunto oltre 240 milioni di mc di legname, con punte di 176 milioni in Francia, 34 milioni in Germania, 14 milioni in Svizzera.
Se si sommano le conseguenze collaterali, comprese quelle indirette, (perdite di vite umane, interruzioni ferroviarie, distruzione di strade, di linee elettriche, ecc.), risulta che i forti venti occasionali possono dar luogo a pesanti conseguenze economiche, a cui gli Stati devono far fronte facendo ricorso a finanziamenti straordinari.
Si può rilevare, infatti, come durante gli ultimi 20 anni, l’efficienza delle superfici forestali colpite dell’Europa Occidentale abbia subito una sensibile modifica nei confronti della fissazione della CO2 atmosferica, che è una componente fondamentale per contenere l’aumento della temperatura del pianeta.
L’Accordo di Parigi, accettato nel 2015, da oltre 145 Paesi (esclusi gli Stati Uniti), ha riconosciuto l’importanza di scongiurare, minimizzare ed affrontare i danni associati agli effetti negativi dei cambiamenti climatici, tra cui assumono particolare attualità quelli provocati da Vaia nel nostro Paese.
Le iniziative per la ricostituzione del patrimonio forestale distrutto sono state immediate nelle Regioni più colpite ed è di buon auspicio la partecipazione diretta di molte Comunità e soprattutto dei giovani, che si sentono sempre più impegnati per assicurare un futuro migliore al Pianeta.
Le proposte ed i progetti sono numerosi e gli obbiettivi diversificati, ma non si discostano dai modelli tradizionali per la ricostituzione dei boschi, volti a ricreare ecosistemi analoghi a quelli precedenti.
L’eccezionale frequenza delle tempeste nel nostro Paese, impone, quindi, l’approfondimento della capacità di resilienza delle specie arboree nelle aree forestali ed anche nei centri urbani, mediante l’impiego di appropriate strutture aereodinamiche.
Le prove richieste dalle industrie per il trasporto automobilistico, ferroviario, aereo, navale, spaziale, per la stabilità dei mezzi di comunicazione, dipendenti dalla velocità e dalle caratteristiche dell’aria, offrono nuove aree di ricerca per il settore forestale.
L’Italia dispone ormai di numerose “gallerie del vento” a ciclo aperto ed a ciclo chiuso per lo studio degli andamenti dei flussi di aria intorno ad un corpo, simulandone l’interazione, le caratteristiche del fluido usato come pressione, temperatura, umidità, viscosità: dalla più nota della Ferrari a Maranello, alle più recenti per usi civili, a Prato, al Politecnico di Milano, a Capua, a Genova, le competenze non mancano.
Per quanto riguarda le conoscenze sulla circolazione delle correnti aeree sul nostro Paese, i progressi compiuti in questi ultimi decenni, dal Servizio Meteorologico dell’Aeronautica Militare, hanno raggiunto livelli molto elevati, che consentono di prevedere in anticipo e di stabilire i limiti degli eventi eccezionali.
Nella maggior parte delle Regioni, sono stati attivati Servizi meteo, che operano in sede provinciale e rendono disponibili i dati relativi alla circolazione aerea locale, in tempo reale e gli scienziati ed i ricercatori italiani che operano nel Centro Euromediterraneo sui cambiamenti climatici sono impegnati a stabilirne la variabilità, in un’area caratterizzata dall’incontro tra le correnti aeree atlantiche con quelle provenienti dal continente africano.
Le conoscenze sono favorevoli per affrontare la realizzazione di modelli per “il rimboschimento di precisione”, analogamente a quanto è avvenuto per l’agricoltura, che ha ottenuto risultati positivi sull’adattamento ambientale delle colture e del rapporto pianta suolo.
Nel caso delle foreste è fondamentale disporre di conoscenze approfondite sull’interazione tra i fattori meteorologici ed orografici, la forma e le dimensioni degli alberi singoli od a gruppi, la loro posizione e densità, che possono venire rilevate mediante l’esame nelle gallerie a vento, in condizioni simili a quelle che si verificano nella realtà.
La variabilità della turbolenza può venire modificata secondo le caratteristiche morfologiche delle varie specie e del rapporto altezza diametro che le caratterizza durante il loro accrescimento, al fine di giungere all’indicazione di strutture più resistenti per contenere gli effetti negativi sulla stabilità dei soprassuoli.
Il “rimboschimento di precisione” sarebbe inutile, se non fosse accompagnato dalle cure colturali, che vanno dagli sfollamenti, nel caso delle semine o delle piantagioni a ciuffi, ai diradamenti delle latifoglie e delle conifere, che variano con le forme di governo e di trattamento.
In tutte le località dove l’uragano Vaia ha provocato le distruzioni boschive più estese, la fragilità maggiore si è manifestata nei boschi in cui sono mancati tempestivi diradamenti; una lezione che riporta in primo piano il problema dell’abbandono delle foreste, in seguito dell’esodo delle popolazioni.
Per superare questa preoccupante situazione, la via da percorrere è quella della diffusione della robotica e dell’intelligenza artificiale nelle operazioni forestali, che dovrebbe stimolare lo Stato e le Regioni per favorire la realizzazione di un progetto comune di ricerca in tempi brevi; i primi risultati raggiunti dalle imprese boschive nell’utilizzazione e nella trasformazione dei prodotti legnosi appaiono molto promettenti.
Le tempeste continueranno ad ostacolare l’ordinato sviluppo dei nostri boschi, e “La mia canzone al vento” manterrà la sua attualità anche in seguito all’annuncio della Nasa, dell’arrivo dell’uomo su Marte tra 2024 ed il 2033, ma è comunque nostro dovere limitare il tradimento per i danni provocati ai nostri boschi dagli uragani.