Valutazione della quantità di Varroa destructor presente in colonie di api mellifere, dall’ingabbiamento della regina fino alla ripresa primaverile
Tesi premiata il 9 marzo 2018 dall’Associazione dei Dottori in Scienze Agrarie e Forestali di Bologna presso il Cubiculum Artistarum del Palazzo dell’Archiginnasio a Bologna
INTRODUZIONE E OBIETTIVI
Le stime fatte dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) hanno stabilito che ben 71 specie su 100 necessitano dell’impollinazione da parte delle api per fornire il 90% dei prodotti alimentari di tutto il mondo (Gallai et. al., 2009); in particolare il 35% circa della produzione globale dei raccolti a fini alimentari dipende dagli insetti impollinatori (Klein et. al., 2007). In Italia parliamo del 79% della produzione agricola (Accorti e Luti, 2000).
Tutto questo per dire che l’attività apistica rappresenta un modello di sfruttamento agricolo non distruttivo con un impatto benefico sull’ambiente.
Se vogliamo che le api continuino a svolgere questo ruolo per l’ambiente e per l’uomo è compito nostro difenderle e cercare di ridurre l’incidenza delle malattie, soprattutto quelle infettive e parassitarie che possono assumere una diffusione endemica.
La diffusione della varroatosi, attualmente il principale problema per chi si occupa di apicoltura, e la cultura del riassetto per il consumatore e l’ambiente hanno portato ad un drastico cambiamento delle tecniche apistiche come lo sviluppo delle biotecnologie e l’uso dell’acido ossalico.
Al fine di migliorare il controllo di questo acaro è importante capire se esista una certa refrattarietà da parte delle colonie di api verso l’infezione da parte della Varroa stessa ed è proprio questo l’obiettivo della sperimentazione condotta…