Uva e vino: il punto sull’impatto del global warming sulla produzione e le qualità nutrizionali per la salute
La conferenza si è svolta il 16 ottobre, alle ore 16.30, presso la Sala Conferenze della Società Medica Chirurgica di Bologna (Palazzo dell’Archiginnasio, Piazza Galvani 1, Bologna). I saluti istituzionali sono stati tenuti dal Prof. Giorgio Cantelli Forti, Presidente Accademia Nazionale di Agricoltura, dal Prof. Claudio Borghi, Presidente Società Medica Chirurgica e dalla Prof.ssa Rosanna Scipioni, Coordinatrice scientifica della rassegna. I relatori sono stati il Prof. Cesare Intrieri , Professore Emerito di Viticoltura – Università di Bologna, il Dott. Marco Malaguti, Docente di Nutrizione umana e Biochimica applicata – Università di Bologna, il Dott. Giorgio Palmeri, Delegato di Bologna – Accademia Italiana della Cucina. Al termine degli interventi Florio Terenzi, che insieme alla sua famiglia produce Morellino di Scansano, ha raccontato la sua esperienza nel modo della produzione vitivinicola.
Il global warming, un problema per la quantità di zucchero dell’uva
“L’ampia forbice tra i valori minimi e massimi dell’uva da vino riscontrati nel 2018 è spiegabile considerando due aspetti fondamentali: la denominazione della zona di produzione (IGT, DOC, DOCG) e il grado zuccherino dell’uva – ha esordito il Prof. Cesare Intieri – La notorietà della zona di origine determina il valore base dell’uva da vino, ma il valore del prodotto fresco tende ad aumentare in modo notevole con l’aumentare del suo contenuto in zucchero; tuttavia, oltre una determinata soglia, il grado zuccherino comporta paradossalmente un forte decremento di valore, poiché l’eccesso di zuccheri, che in genere deriva da una velocità di maturazione superiore alla norma, penalizza la composizione dell’uva per altri caratteri qualitativi di fondamentale importanza enologica (acidità troppo bassa, colorazione incompleta, aromi non tipici, ecc.). Anomalie di questo tipo si stanno oggi manifestando in diverse zone viticole del Centro-Sud Italia come risultato dei cambiamenti climatici degli ultimi anni, che comportano temperature primaverili-estive più elevate e incrementi delle sommatorie termiche stagionali nel periodo della maturazione. In definitiva, a parità di zona, la gradazione zuccherina dell’uva può accrescere, ma anche ridurre il valore del prodotto. Il problema del “Global Warming” ha quindi stimolato in modo notevole l’attività di ricerca nel settore della viticoltura, e le ricerche hanno permesso di mettere a punto nuovi interventi di gestione controllata del comportamento vegeto-produttivo, capaci di accelerare o rallentare la produzione e la traslocazione degli zuccheri nell’uva nel corso della maturazione”.
L’uva un concentrato di energia
“Dal punto di vista nutrizionale l’uva da tavola, come tutti i frutti, si caratterizza per un contenuto elevatissimo di acqua, oltre l’80% della parte edibile e per il contenuto di zuccheri, circa 15% in peso. A differenza di altri frutti il contenuto di fibra è relativamente modesto, pari a circa l’1,5% del peso. – spiega Marco Malaguti – Del tutto trascurabili dal punto di vista nutrizionale sono i contenuti di lipidi e proteine. Interessante notare come gli zuccheri presenti nella polpa dell’uva matura siano principalmente monosaccaridi di glucosio e fruttosio, tale caratteristica rende l’uva un alimento ancora più dolce di quanto il contenuto di carboidrati farebbe presupporre. Dal punto di vista energetico, l’uva apporta circa 61 kcal/100g un valore che la colloca tra i frutti più ricchi di energia fra quelli più comunemente consumati in Italia come pesche, prugne, albicocche, mele, pere o meloni. L’uva presenta inoltre un interessante contenuto di polifenoli totali raccolti, se ci si riferisce alla parte edibile, nella buccia, che corrispondono a circa 1600mgGAE/100g peso secco, ovvero circa 300 mgGAE/100g di uva”.
I vinaccioli una interessante scoperta in campo alimentare
“Una nota a parte va riservata ai vinaccioli, gli spesso odiati semi dell’uva che sono in realtà una fonte interessante di acidi grassi polinsaturi della serie omega-6 – continua Marco Malaguti – L’olio di vinacciolo, infatti, è un olio delicato dal colore chiaro e dal sapore dolce e fruttato che si caratterizza per l’elevato contenuto di acido linoleico, circa il 67% e per il bassissimo contenuto di acidi grassi saturi, circa 9%. Il suo impiego principale è nell’industria cosmetica, chimica per la prodizione di vernici. Il suo utilizzo in cucina è modesto anche se recentemente chef e blogger ne stanno proponendo l’impiego in alcune interessanti ricette”.
Il vino consumato con moderazione è un alleato della salute
“Dal punto di vista nutrizionale il vino si caratterizza per il contenuto di etanolo, frutto della fermentazione a cui gli zuccheri dell’uva sono sottoposti durante la vinificazione. Durante tali processi, particolarmente per i vini rossi, si assiste all’estrazione dalle vinacce di numerosi composti fenolici che si concentreranno nei vini fino a raggiungere quantitativi davvero significativi, compresi tra 1 e 5 g/L. – conclude Marco Malaguti – I principali fenoli presenti nei vini sono catechine, procianidine, antocianidine, acidi fenolici, resveratrolo e per la maggior parte, circa il 60-70% del totale da polifenoli polimerici come tannini condensati o proantocianidine responsabili della caratteristica astringenza dei vini rossi dovuta alla capacità di precipitare le proteine ricche di prolina come quelle salivari. L’azione protettiva dei polifenoli del vino nei confronti di malattie cardiovascolari, diabete, sindrome metabolica e stati infiammatori e stress ossidativo. Dal 2012 l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha incluso l’etanolo nel “Gruppo 1” in cui sono incluse tutte le note sostanze cancerogene per l’uomo. Il cuore del problema è ancora legato alla quantità, facile è parlare di consumo moderato, consumo compreso tra 1 e 2 unità alcoliche giornaliere (10-20 g etanolo/die), molto più difficile è educare seriamente a tale consumo moderato”.
Il vino in cucina
“L’utilizzo dell’uva e del vino in cucina affonda le sue radici nel tempo e la conoscenza degli usi praticati dalle popolazioni etrusche e romane testimonia le finalità che il vino si proponeva nel migliorare la conservazione delle carni e dei cibi grassi, in quanto la sua acidità tendeva ad ammorbidire le fibre ed equilibrare le parti grasse, oltre ad insaporire ed esaltare i profumi delle carni stesse – conclude Giorgio Palmeri – Il vino, nella gastronomia moderna, è ancora saldamente presente soprattutto nella preparazione dei risotti e non solo, attraverso la tecnica della “sfumatura”, ove, nel processo di cottura, la parte alcoolica evapora, mentre la parte aromatica impreziosisce le preparazioni e serve quindi per deglassare grazie alla componente alcoolica; infatti i grassi vengono sciolti e si crea una cremosità capace di dare morbidezza alla preparazione. Ed ancora il vino può essere anche il protagonista di preparazioni di eccellenza, come nel caso tipico dei risotti che, come sosteneva un vecchio adagio “il riso nasce nell’acqua e muore nel vino”. Basti pensare alle tradizioni piemontesi e venete del “risotto al Barolo” ed il “risotto all’Amarone”.