Un’antica pratica agronomica efficace contro i Vermi del Pistacchio

Un’antica pratica agronomica efficace contro i Vermi del Pistacchio

Il Pistacchio, Pistacea vera, Anacardiacea originaria del Medio Oriente, secondo Plinio, è stato introdotto in Italia, circa 2.000 anni fa, da Lucio Vitellio, governatore della Siria. In Sicilia, la coltivazione è stata promossa dagli Arabi (VIII–IX secolo d. C.), come testimoniano i termini siciliani, di origine araba: frastuca, per indicare i frutti, e frastunaca, per la pianta. Attualmente, la coltivazione del Pistacchio è praticata nella Valle del Platani, nel nisseno e nella zona etnea, dove è presente l’80% della superficie regionale, localizzata nei comuni di Adrano, Biancavilla e soprattutto di Bronte; nei cui territori, grazie a una combinazione di fattori ambientali che ne hanno favorito lo sviluppo, le produzioni di pregio, si sono affermate, soprattutto nei mercati esteri, nei quali viene esportato l’80% dei pistacchi. Il restante 20% è destinato all’industria alimentare nazionale. L’11 febbraio 2010 è stato pubblicato, sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, il Disciplinare di Produzione “Pistacchio verde di Bronte” Denominazione d’origine protetta, nel quale è stabilito che tale denominazione è riservata al prodotto in guscio, sgusciato o pelato, delle piante della cultivar “Napoletana”, chiamata anche “Bianca” o “Nostrale”, di Pistacia vera, innestata su Pistacia terebinthus, coltivate nei comuni di Bronte, Adrano e Biancavilla, ad altitudini comprese tra i 400 e i 900 m s.l.m.m., dove “le peculiarità pedoclimatiche e la tecnica di degemmazione….. consentono di accentuare la naturale alternanza della specie e di trarre vantaggi nella difesa fitosanitaria” (Art.5).

I vantaggi nella difesa fitosanitaria, cui fa riferimento il Disciplinare, riguardano l’assenza di frutti nelle annate di “scarica”, essenziale il controllo demografico dell’Imenottero Torimide, Megastigmus pistaciae Walker, noto come Verme del pistacchio, che è uno dei più importanti fitofagi chiave della coltura. Negli anni “di carica”, le sue infestazioni possono interessare elevate percentuali di frutti; mentre, in quelli immediatamente successivi “di scarica”, il Torimide, riesce a mantenere sufficienti livelli di popolazione, soprattutto grazie ai pochi frutti presenti e, in minor misura, a quelli del Terebinto; inoltre, esigue percentuali di larve rimangono in diapausa per un anno, svolgendo, in tal modo, una generazione ogni due anni. Di norma, a partire dal mese di maggio, le femmine dell’Imenottero, che si riproducono soprattutto per partenogenesi, forano con l’ovopositore la drupa in formazione in una zona corrispondente alla placenta e vi depongono, di solito, un solo uovo. La larva si alimenta del seme, rispettando l’episperma, che continua a crescere sino a raggiungere la grossezza di un cece; successivamente cessa di svilupparsi, mentre il pericarpo si sviluppa normalmente. I frutti infestati, rimasti vuoti per aborto traumatico, presentano il pericarpo di colore rosso e i semi di colore beige. La maggior parte delle larve completa lo sviluppo nel mese di marzo dell’anno successivo, trasformandosi quindi in pupa e in adulto in maggio. Una esigua percentuale svolge due generazioni annue, poiché le larve, riescono a completare lo sviluppo nel mese di agosto dello stesso anno, e si trasformano in pupa e in adulto in settembre. La degemmazione, ha ostacolato l’insediamento, nella zona etnea, dell’Imenottero Euritomide Eurytoma plotnikovi Nik., riscontrato in pistaccheti dell’agrigentino nei quali tale pratica non viene effettuata. La specie aliena è da tempo nota in USA e nel Bacino mediterraneo per i gravi danni arrecati: in Tunisia le infestazioni interessano fino al 96,6% della produzione e in Iran fino al 75%.. L’Euritomide svolge una generazione annua e sverna da larva matura nei frutti, rimasti sulla pianta, in quelli caduti al suolo, o in magazzino. Gli adulti sfarfallano scalarmente dalla fine di aprile e le femmine ovidepongono nei frutti appena recettivi. Le larve completano lo sviluppo, consumando tutto il contenuto del seme, durante l’estate e rimangono in diapausa fino alla primavera successiva, quando si trasformano in pupe e quindi in adulti.
Dal punto di vista fitosanitario, la degemmazione, è quindi estremamente importante poiché, oltre a tenere sotto controllo le infestazioni del Megastigmo, senza il ricorso a specifici trattamenti insetticidi, spesso poco efficaci, ha finora concorso a ostacolare l’insediamento della pericolosa esotica Euritoma nella zona di produzione del Pistacchio verde di Bronte DOP.

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Camille Pissarro, Mattino d'autunno

Redazione Fidaf

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