Una crescente opportunità: la selvicoltura
L’agricoltura delle zone difficili, soprattutto delle aree collinari, costituisce spesso un problema per coloro che la praticano, ma può diventare una interessante risorsa. Trattasi di un’agricoltura che sopravvive per merito di un decrescente numero di coltivatori che vi operano, spesso troppo anziani per cambiare mestiere o per trasferirsi in zone meno sfavorite. E destinata inevitabilmente, pertanto, a un ulteriore, progressivo depauperamento, se non interverranno fattori innovativi, capaci di richiamare un adeguato numero di operatori giovani, di favorire un minimo di investimenti, di creare nuove prospettive di reddito, di migliorare l’ambiente.
Bisogna sostenere ogni iniziativa atta a dare un futuro alle popolazioni interessate, che vivono in crescenti difficoltà, ai margini quasi della realtà socio-economica di aree sempre più vaste, il cui abbandono penalizza non solo i residenti, ma anche l’economia del Paese.
Il rimboschimento di zone a scarsa vocazione agricola e il miglioramento delle superfici boschive esistenti può e deve significare anche lo sviluppo di attività nuove, aggiuntive, economicamente e socialmente interessanti. Merita attenzione, a questo fine, innanzitutto l’apicoltura, anche per evitate l’ulteriore, progressivo calo della produzione nazionale di miele, con inevitabile lievitazione del suo prezzo. E merita pari attenzione la necessità di disporre di più materiale legnoso, per la produzione di energie rinnovabili, sempre più indispensabili. La selvicoltura e tutte le attività ad essa connesse – che appartengono, a tutti gli effetti, al settore agricolo – possono concretamente concorrere alla crescita dell’economia nazionale.
E’ bene ricordare che il nostro Paese importa milioni di metri cubi l’anno di legname per l’industria e oltre 100 mila quintali di miele. Un esborso – quello della valuta necessaria per tali importazioni – che non può essere contenuto utilizzando esclusivamente la attuale superficie boschiva, fortemente sfruttata e impoverita, per effetto della inadeguata cura riservata a larga parte di essa. Ma non è in termini esclusivamente e direttamente economici che va impostato il discorso della opportunità di imboschire le aree agricole marginali e collinari. E’ stato acutamente osservato che il valore turistico-ricreativo e la difesa idrogeologica del territorio sono ormai valori senza prezzo, che fungono anche da fattori moltiplicatori di quello boschivo.
Una stima – quella relativa al valore dei servizi idrogeologici e turistico-ricreativo – che porta a miliardi di euro, senza contare i benefici indiretti, sociali e ambientali, che non hanno prezzo. Il bosco, proprio per queste ragioni, oltrepassa l’interesse privatistico, come affermò la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 391/1989, chiarendo che “nell’ordinamento attuale la destinazione pubblica dei beni silvo-pastorali all’utilizzazione come beni economici non può considerarsi esclusiva, dovendo invece subordinarsi alla nuova concezione del bosco come elemento dell’ambiente naturale, da conservare integro e alla fruizione come bene ecologico”.
La selvicoltura, quindi, è un’attività che deve produrre reddito per coloro che la praticano, ma anche utilità sociale. Questa la ragione per la quale gli Enti pubblici – Comuni, Regioni, Comunità Montane, Consorzi di Bonifica – debbono attivarsi con iniziative e programmi concreti, nonché mediante sostegni e finanziamenti adeguati, per lo sviluppo dell’imboschimento, per il miglioramento e la conservazione dei boschi esistenti, nonché per nuove attività da avviare, per meglio sfruttare le molte opportunità offerte dalle aree boschive.
Ma, oggi, il sostegno più convinto e puntuale deve essere quello dei Ministeri competenti, con particolare riferimento alla nuova normativa che il Governo si accinge a deliberare, in attuazione della delega di cui alla legge 7 agosto 2015. Molto opportunamente il Presidente della Federazione Italiana Dottori in Scienze Agrarie e Forestali, Luigi Rossi, a tal fine, ha segnalato ai predetti Ministeri – mediante un chiaro, esaustivo documento – la necessità di utilizzare e valorizzare le insostituibili funzioni del Corpo Forestale dello Stato.