Un conto è lo sapè, un conto è lo capì
A seguito di uno scambio di email con l’amico Luigi Rossi, con il quale ci interroghiamo a volte sugli “strumenti della conoscenza”, vorrei aggiungere che sulla diatriba Strampelli/Tschermak, l’unica possibilità per il nostro Nazareno Strampelli sarebbe stata mostrare i discendenti diretti dell’incrocio Rieti x D. villosum che fu fatto nel 1915 e subito reincrociato al Rieti. Probabilmente i semi F1 originari non furono riseminati in campo al solo scopo di farli vedere.
Il termine anfiploide non esisteva ancora, esso inizia a circolare nel 1945. In quel momento si poteva parlare solo di ibridi sterili e ibridi fertili; in qualche caso si poteva ottenere qualche seme da gameti femminili non ridotti. Tschermak era particolarmente interessato a questa parte del lavoro di Strampelli perché nell’anno precedente (1926) aveva ottenuto ibridi fertili, (risultati poi essere anfiploidi) da Aegilops ovata x Triticum dicoccoides e A.ovata x T. durum. E nel 1929 ha anche successo con A.ovata x T.turgidum e A. ovata x T.dicoccum. Quindi, Strampelli voleva essere creduto sulla parola, mentre il rigoroso tedesco voleva la prova inconfutabile.
Da qui tutta la diatriba di cui parla Sergio Salvi. E, con riferimento al dialogo con Luigi sulla esigenza di approfondire “gli strumenti della conoscenza” con una miglior comprensione umana, vorrei citare un episodio del 21 giugno scorso al Convegno su Strampelli all’ITA (ora ITIS) di Macerata.
Presentazione da parte di Salvi del suo volumetto, seguito da discussione. Ad un certo punto durante il coffee break, Daniele – un Perito Agrario del CERMIS – in mezzo ad una discussione, di cui non ricordo il contenuto, se ne esce con una breve espressione dialettale…. come dice mia nonna: “un conto è lo sapè, un conto è lo capì”.
Rimasi veramente folgorato perché io per spiegare una simile differenza chissà dove mi sarei arrampicato. Sicuramente avrei tirato fuori tutta la tradizione illuministica e giudaico-cristiana. Accade spesso alle persone acculturate perdersi facilmente nel mare delle loro conoscenze, mentre le persone meno istruite se ne escono brillantemente con frasi sintetiche, taglienti e molto efficaci. Ma un altro motivo del forte impatto della breve formula sapienziale doveva manifestarsi di lì a poco, quando a casa iniziai a leggere il libretto di Salvi e incominciai a trovare cose che mi parvero, al momento, piuttosto discutibili. E infatti ne abbiamo discusso a più riprese nei giorni successivi tramite scambio di e-mail. Credo fermamente che per capire, e capirci, dobbiamo perfezionare il nostro approccio con un atteggiamento più riflessivo e più umano. Questo piccolo episodio, credo sia un po’ la punta di un iceberg che è destinato ad ingigantirsi perché oggi con un semplice click puoi accedere ad un oceano di conoscenze.
Ma come disse la nonna di Daniele (92 anni e prima elementare): “un conto è il sapere e un conto è il capire”. Fino a qualche anno fa sapere e capire procedevano più o meno di pari passo. Questi due mondi oggi viaggiano su orbite completamente diverse. Al click istantaneo dell’uno (sapere) non bastano i 92 anni dell’altro (capire) di nonna Annita. E questo divario è destinato ad aumentare in maniera esponenziale. Non credo che il capire si possa mettere online perché è un fatto soggettivo e personale che si trasmette con la comunicazione verbale e corporea. E soprattutto con l’esperienza in campo. A volte anche attraverso letture significative e profonde. Ma, in tutti i casi, occorre tempo e dispendio di molta energia psichica ed emotiva.