Una volta l’elenco dei beni (prodotti o servizi) presenti sul mercato era sostanzialmente stabile e tutto si giocava sulla competitività con riferimento al rapporto qualità/prezzo; il mercato era essenzialmente di sostituzione o primo acquisto per nuove famiglie o nuovi strati sociali che iniziavano a potersi permettere beni precedentemente preclusi (donde il rilievo di rate e cambiali); mi riferisco ovviamente alla fase del boom, anni ’50 e ’60.
In una fase successiva ha assunto rilievo la pubblicità intesa come motivazione a scegliere una data marca, ma sempre in rapporto a criteri di qualità/prezzo; orientativamente si può collocare questa fase intorno agli anni ’70.
La penultima fase ha visto prevalere nelle pubblicità, ancora in presenza di un elenco di beni statico o a lenta dinamica, lo stimolo della propensione all’acquisto di quanto offerto (creazione del bisogno (o meglio di un bisogno percepito) di entrare nell’elenco di possessori o utenti di un bene gratificante o qualificante); in altre parole, la propensione all’acquisto era stimolata con proposte di “entrare nel novero di coloro che possono usufruire di quel che c’è e di cui l’elite già dispone”, quindi un’espansione del numero di clienti-utenti.
Nella fase attuale, a mercati saturi dal punto di vista del numero di utenti interessati ad accedere a un elenco fisso di beni, occorre offrire qualcosa di sempre nuovo. Questo mi sembra il senso dell’innovazione di prodotto in paesi affluenti (come gli Usa, il Giappone, gran parte dell’ Europa, Italia inclusa, ma anche la Russia e ampi strati di popolazione della Cina).
Diversa sarebbe l’analisi per innovazione di processo (modi diversi di produrre e/o collocare sul mercato, un dato bene) Per quanto riguarda l’analisi dei mercati dei paesi emergenti dal sottosviluppo, si può grossolanamente dire che stanno attraversando le diverse fasi con tempi di percorso differenziati (per esempio molto più lenti in Africa e ben più veloci in Cina) per arrivare in prospettiva alla fase attuale dei paesi affluenti.
Quanto sopra è ben noto. Lo ho brevemente evocato per sottolineare come siano inefficaci le analisi di competitività del sistema produttivo italiano (e conseguentemente gli strumenti di intervento pubblico a sostegno proposti) che si basano implicitamente su concetti di rapporto qualità/prezzo tipici della penultima fase, se non addirittura della precedente. Da questa inadeguatezza della comprensione della dinamica dei mercati emergono un’osservazione preliminare abbastanza ovvia (non si tiene sufficientemente conto della circostanza che la crisi attuale è una crisi di domanda) e due constatazioni a mio avviso non marginali:
- è nociva una politica economica che parta dal presupposto che la cosiddetta austerity sia un valore assoluto (va invece attuata una politica di riqualificazione della spesa pubblica eliminando sprechi, riducendo il carico fiscale e quindi aumentando il reddito disponibile per gli acquisti nel rispetto dei vincoli finalizzati all’efficienza e alla tutela ambientale);
- la capacità di proporre ai mercati internazionali nuovi beni e servizi è un elemento decisivo della competitività definita in un modo più moderno e completo; in altre parole il posizionamento sui mercati internazionali del sistema produttivo italiano è condizionato non solo dal “come produce” (dato un prodotto sul mercato, il posizionamento del produttore italiano in termini di qualità/prezzo) ma dal “cosa” propone per accedere alla capacità di spesa del potenziale acquirente e anche da dal “target” di consumatori a cui fa riferimento.
In definitiva il sostegno pubblico alle imprese deve essere indirizzato non tanto a proseguire nelle vecchie politiche di contenimento dei costi dei fattori produttivi (su questo fronte occorre agire abbattendo gli oneri fiscali) quanto piuttosto promuovendo l’innovazione di prodotto soprattutto nel delicato passaggio dall’idea progettuale al prodotto sul mercato. Per questo passaggio possono essere efficacemente messe a valore le competenze di soggetti pubblici del sistema ricerca e innovazione (trai quali Università ed Enti Pubblici di ricerca come CNR ed ENEA il cui apporto non va misurato solo in termini di pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali)…