Sistemi foraggeri, ovinicoltura razionale e conservazione del territorio nelle aree interne della collina toscana

Da tempo, ormai, siamo tutti convinti che anche in Toscana occorra operare perché l’agricoltura torni quanto prima a produrre in modo “sostenibile” la maggior quota possibile di prodotti agroalimentari, anche recuperando al più presto la perdita di SAU dovuta all’abbandono registrato negli ultimi decenni. Ed è anche noto che le azioni necessarie per raggiungere l’obiettivo di cui sopra nelle diverse aree del nostro territorio debbano essere assolutamente diverse in rapporto alle caratteristiche complessive dei luoghi e alla “vocazionalità” agronomica ed economica dei territori. Infatti, accanto ad aree caratterizzate da seminativi a più spiccata vocazione produttiva per le grandi colture mercantili (cereali, colture industriali, ecc) e – in presenza di acqua sufficiente – anche a vocazione ortofrutticola, se ne alternano altre, variamente collinari, in cui le limitazioni (naturali e non solo) rendono molto più difficile definire sistemi produttivi in grado di sorreggersi economicamente nelle attuali condizioni di mercato globale. Di contro, in questi ambiti più sensibili, appare ancora più urgente promuovere (o ridefinire) nuovi sistemi colturali “aggiornati” e fare in modo che gli agricoltori-allevatori possano conservare il ruolo di presidio del territorio, di tutore dell’ambiente, del paesaggio tipico, della cultura locale, ecc, che la società moderna apprezza e riconosce.

Nella Toscana meridionale, l’allevamento ovino da latte caratterizza numerose aziende delle aree collinari interne e costituisce ormai una filiera produttiva (quella del formaggio pecorino) caratterizzata da un prodotto di qualità assolutamente riconosciuta. Recentemente, dalle indagini aziendali e dalle conseguenti valutazioni interdisciplinari (agronomiche, zootecniche ed economiche) effettuate – grazie anche al cofinanziamento regionale della Misura 124 – è però apparsa evidente e urgente la necessità di procedere, adattandolo alle differenti realtà aziendali, a un significativo recupero funzionale della foraggicoltura nel suo complesso e delle tecniche di pascolamento razionale e, infine, ad un adeguamento della tecnica di alimentazione del gregge, nella direzione del miglioramento quanti-qualitativo del latte conferito, della riduzione dei costi di produzione e della riduzione dei rischi connessi all’erosione del terreno.
Le prime esperienze di “trasferimento dell’innovazione”, direttamente condotte negli ultimi anni in alcune delle realtà aziendali rappresentative delle colline interne, hanno fatto registrare risultati di notevole interesse applicativo, sia per le aziende agro-zootecniche coinvolte che per le caratteristiche complessive del prodotto trasformato, sia per la concreta capacità di riduzione dei rischi agro-ambientali di vario genere che l’estensione delle superfici aziendali destinate a una foraggicoltura basata sui prati e sui prati-pascolo poliennali sembra evidenziare. Nell’ambito delle diverse aziende controllate nell’area di interesse del Caseificio di Manciano, gli interventi di volta in volta suggeriti (inserimento di nuove specie foraggere poliennali, introduzione del pascolamento razionale, riformulazione della razione alimentare, ecc) hanno influenzato positivamente sia la produttività media per capo adulto ( 30%), sia il prezzo base del latte conferito ( 6,25%) che l’introito annuo lordo per capo ( 38%).
Di contro, introducendo nella gestione dei seminativi degli avvicendamenti colturali con quote crescenti di foraggere poliennali al posto delle attuali colture arative annuali (rispettivamente fino a 1/3 o fino a 1/2 degli stessi seminativi), anche la stima della riduzione dei rischi di erosione del terreno per il territorio in questione sembra far emergere risultati  positivi di notevole rilievo (rispettivamente meno 20-35% e meno 29-52%).
pecore

Redazione Fidaf

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