Rapporto ONU: un anno di pandemia contrassegnato da una brusca impennata della fame nel mondo

Rapporto ONU: un anno di pandemia contrassegnato da una brusca impennata della fame nel mondo

C’è stato un drammatico peggioramento della situazione della fame nel mondo nel 2020, hanno dichiarato oggi le Nazioni Unite – e ciò è da ricollegarsi, in larga misura, alle ricadute della pandemia di COVID-19. Sebbene non sia ancora stata effettuata una mappatura completa dell’impatto della pandemia*, secondo un rapporto multia-genzia lo scorso anno circa un decimo della popolazione mondiale (fino a 811 milioni di persone) era sottoalimentato. Questo dato indica che il mondo dovrà compiere uno sforzo imponente per tenere fede all’impegno di porre fine alla fame entro il 2030.  

L’edizione di quest’anno dello Stato della sicurezza alimentare e della nutrizione nel mondo rappresenta la prima valutazione globale di questo tipo nell’era della pandemia. Il rapporto è pubblicato congiuntamente dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), dal Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (IFAD), dal Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (UNICEF), dal Programma Alimentare Mondiale (PAM) e dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS). 

Le edizioni precedenti avevano già lanciato l’allarme, segnalando che era a rischio la sicurezza alimentare di milioni di persone, tra cui molti bambini. “Purtroppo la pandemia continua a fare emergere le carenze dei nostri sistemi alimentari, carenze che minacciano le vite e i mezzi di sussistenza di molte persone in tutto il mondo”, scrivono i responsabili delle cinque agenzie dell’ONU** nella prefazione del rapporto di quest’anno. 

Avvertono inoltre che siamo in una “fase critica” ma ripongono nuove speranze in un rinnovato slancio diplomatico. “Quest’anno abbiamo l’opportunità senza precedenti di compiere progressi nel campo della sicurezza alimentare e della nutrizione attraverso la trasformazione dei sistemi alimentari grazie al Vertice delle Nazioni Unite sui sistemi alimentari, al vertice “Nutrizione per la crescita” e alla COP26 sui cambiamenti climatici”, che si terranno a breve. “L’esito di questi eventi”, aggiungono, “continuerà a plasmare la […] seconda metà del Decennio d’azione delle Nazioni Unite sulla Nutrizione, un impegno politico globale che non ha ancora raggiunto la sua velocità di crociera.

Le cifre in dettaglio

Già a metà degli anni 2010 la fame aveva iniziato lentamente la sua crescita, infrangendo le speranze di un calo irreversibile. A destare preoccupazione è stato, nel 2020, il suo aumento repentino in termini assoluti e proporzionali, che ha superato la crescita demografica: secondo le stime, lo scorso anno le persone sottoalimentate hanno rappresentato circa il 9,9% della popolazione mondiale, contro l’8,4% del 2019. 

Più di metà di tutte le persone sottoalimentate (418 milioni) vive in Asia, oltre un terzo (282 milioni) vive in Africa e una quota più esigua (60 milioni) in America latina e nei Caraibi. Tuttavia la fame è cresciuta soprattutto in Africa, dove si stima che la prevalenza della sottoalimentazione sia di oltre due volte superiore a quella di ogni altra regione (21% della popolazione). 

Il 2020 è stato un anno negativo anche per quanto riguarda altri parametri. Più di 2,3 miliardi di persone (pari al 30% della popolazione mondiale) non hanno avuto accesso in maniera continuativa durante l’anno a risorse alimentari adeguate: tale indicatore, noto come “prevalenza dell’insicurezza alimentare moderata o grave”, è cresciuto nell’arco di un solo anno tanto quanto nei cinque anni precedenti considerati nel loro complesso. La disuguaglianza di genere si è accentuata: nel 2020 l’insicurezza alimentare ha riguardato 11 donne ogni 10 uomini (con un aumento rispetto alle 10,6 del 2019). 

La malnutrizione in tutte le sue forme non è stata debellata. A farne le spese sono stati soprattutto i bambini: secondo le stime, nel 2020 erano più di 149 milioni i bambini sotto i cinque anni con un ritardo della crescita (altezza troppo bassa rispetto all’età), più di 45 milioni quelli deperiti (troppo magri rispetto all’altezza) e circa 39 milioni quelli sovrappeso***. Ben tre miliardi di adulti e bambini non hanno potuto accedere a una dieta alimentare sana, in gran parte per via dei costi eccessivi. Circa un terzo delle donne in età riproduttiva soffre di anemia. Nel complesso, nonostante i progressi compiuti in alcuni ambiti (ad esempio è aumentato il numero di neonati allattati esclusivamente al seno), il mondo non sta tenendo il passo necessario per conseguire entro il 2030 gli obiettivi fissati per i vari indicatori nutrizionali. 

Altre cause della fame e della malnutrizione

In molte regioni del mondo la pandemia ha provocato recessioni devastanti e messo a repentaglio l’accesso alle risorse alimentari. Eppure già prima della pandemia la fame era in aumento e si registravano scarsi progressi sul fronte della malnutrizione, soprattutto nei paesi in preda a conflitti, eventi climatici estremi o altre difficoltà economiche, o alle prese con profonde disuguaglianze. Il rapporto annovera tutti questi fattori tra le principali cause dell’insicurezza alimentare, che interagiscono tra di loro****.

Per quanto riguarda le tendenze attuali, lo Stato della sicurezza alimentare e della nutrizione nel mondo calcola che l’obiettivo di sviluppo sostenibile 2 (Fame zero entro il 2030) non sarà raggiunto per una differenza di quasi 660 milioni di persone; per circa 30 milioni di queste il motivo potrebbe essere legato agli effetti duraturi della pandemia. 

Cosa possiamo (ancora) fare

Come delineato nel rapporto dello scorso anno, trasformare i sistemi alimentari è essenziale per raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e far sì che una dieta sana sia alla portata di tutti. L’edizione di quest’anno compie un passo in avanti delineando sei “percorsi di trasformazione” che, secondo gli autori, si basano su un “insieme coerente di politiche e investimenti” per combattere le cause della fame e della malnutrizione. 

A seconda dello specifico fattore causale (o della specifica combinazione di fattori causali) che ciascun paese deve affrontare, il rapporto esorta i responsabili delle politiche a: 

  • integrare le politiche umanitarie, di sviluppo e di costruzione della pace nelle zone di conflitto, ad esempio attraverso misure di protezione sociale volte a impedire che le famiglie siano costrette a vendere i pochi averi di cui dispongono in cambio di cibo;
  • rafforzare la resilienza al cambiamento climatico nei sistemi alimentari, ad esempio offrendo ai piccoli agricoltori un ampio accesso a polizze di assicurazione contro i rischi climatici e a finanziamenti basati sulle previsioni;
  • rafforzare la resilienza delle persone più vulnerabili nelle congiunture economiche sfavorevoli, ad esempio attraverso programmi di sostegno in denaro o in natura volti ad attenuare l’impatto di shock quali le pandemie o la volatilità dei prezzi delle derrate alimentari;
  • intervenire lungo le catene di approvvigionamento per ridurre il costo degli alimenti nutrienti, ad esempio incoraggiando la coltivazione di varietà biofortificate o facilitando l’accesso dei produttori di ortofrutticoli ai mercati;
  • combattere la povertà e le disuguaglianze strutturali, ad esempio rilanciando le catene del valore alimentare nelle comunità povere attraverso trasferimenti di tecnologia e programmi di certificazione;
  • rafforzare gli “ambienti alimentari” e modificare il comportamento dei consumatori, ad esempio eliminando gli acidi grassi trans di origine industriale e riducendo il contenuto di sale e zucchero nella dieta, o tutelando i bambini e i ragazzi dall’impatto negativo del marketing dei prodotti alimentari. 

Gli autori del rapporto auspicano inoltre un “contesto abilitante di istituzioni e meccanismi di governance” che renda possibile la trasformazione. Esortano i responsabili delle politiche ad effettuare ampie consultazioni, a favorire l’emancipazione delle donne e dei giovani e ad aumentare la disponibilità di dati e nuove tecnologie. Ma soprattutto, avvertono gli autori, il mondo deve agire ora; in caso contrario le cause della fame e della malnutrizione ricorreranno con sempre maggiore intensità nei prossimi anni, anche molto tempo dopo che avremo superato la crisi della pandemia.

Note

* Al fine di riflettere l’ulteriore incertezza dovuta alla pandemia, l’edizione di quest’anno presenta, per la prima volta, un intervallo (da 720 a 811 milioni) anziché un unico dato complessivo. Per le ripartizioni regionali è utilizzata la cifra di 768 milioni, ossia la stima intermedia. Qualunque sia il valore considerato dell’intervallo (inferiore, intermedio o superiore), si registra un notevole aumento annuo rispetto al valore intermedio del 2019 (che era di 650 milioni). Quanto al valore massimo dell’intervallo, l’aumento è assai rilevante (+161 milioni) (la serie storica completa è soggetta ogni anno a revisione in linea con i nuovi dati).

** Per la FAO: QU Dongyu, Direttore Generale; per l’IFAD: Gilbert F. Houngbo, Presidente; per l’UNICEF: Henrietta H. Fore, Direttore esecutivo; per il PAM: David Beasley, Direttore esecutivo; per l’OMS: Tedros Adhanom Ghebreyesus, Direttore generale.

*** A causa delle norme sul distanziamento sociale, nel 2020 è stato estremamente difficile raccogliere dati sulla nutrizione. Alcuni dati, soprattutto quelli relativi al deperimento nei bambini sotto i cinque anni, potrebbero essere sottostimati.

Redazione Fidaf

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