Quercus robur alla Certosa
A Roma c’è una quercia nel cuore di Tor Pignattara che sta lì da tanto. Ha visto crescere i suoi abitanti e ha assistito alle vicende del quartiere. Non tutti la conoscono, perché è una presenza discreta, messa in disparte in una piccola area verde. In questo agglomerato di case lungo via dei Savorgnan, che gli abitanti chiamano comunemente la Certosa, spazi di verde pubblico non ce n’è. Solo un ampio parco adiacente alla Villa Certosa da cui prende il nome, dal 1.700 convento di monaci certosini e ora convento di suore, ma rigorosamente inaccessibile. Allo stesso modo la nostra quercia vegeta in un’area privata, da piano regolatore destinata a verde privato, ma di cui nessuno si occupa da anni. E’ quindi abbandonata a se stessa, adiacente ad un muro, in un pratino incolto di neanche mezzo ettaro, attualmente triste testimone del degrado sociale imposto da una crisi economica impietosa. Sotto la sua chioma c’è un tappeto di siringhe, drammatica testimonianza dell’impossibilità di utilizzare un’area verde che i cittadini e le cittadine da tempo vorrebbero per loro e per i propri figli. Gli amministratori si sono dimostrati incapaci di affrontare e risolvere il problema, così ci si è dati da fare.
La quercia, un maestoso esemplare di Farnia (Quercus robur), nonostante alcune branche secche, si presenta ancora vitale, con una circonferenza di tre metri e mezzo, un’ampia chioma con un raggio di circa 12 metri, e un’altezza stimata intorno ai 15 metri. Gli abitanti anziani la ricordano con quelle dimensioni da quando hanno memoria, almeno la metà del secolo scorso, portandoci ad attribuirle un’età sicuramente superiore ai 100 anni. I numeri per farne ufficialmente una pianta monumentale ci sono tutti. Così gli abitanti hanno preso in mano la Legge Regionale del Lazio (L.R. 28 Ottobre 2002, n. 39 “Norme in materia di gestione delle risorse forestali”) e hanno portato avanti una raccolta di adesioni per richiederne l’inserimento nell’Elenco regionale degli alberi monumentali. La qual cosa renderebbe l’esemplare protetto e l’area su cui sorge inedificabile, al riparo da tentativi di speculazione. E forse spingerebbe Roma Capitale ad acquisire o comunque gestire l’area a favore dei suoi abitanti. Raccolte 136 firme e l’appoggio di sei Associazioni della zona, ci si è però accorti che era subentrata nel frattempo la legislazione nazionale (Legge n. 10 del 14 gennaio 2013 – Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani), secondo cui il censimento delle piante monumentali andava fatto dai comuni, per essere poi passato alle Regioni e da queste al Corpo Forestale dello Stato, così da inserirle in un Elenco nazionale degli alberi monumentali d’Italia. Ma niente paura, cambiava solo il destinatario a cui spedire la richiesta. Attualmente il plico è stato inviato al Dipartimento Tutela Ambientale di Roma capitale, a quella Direzione Gestione Territoriale Ambientale e del Verde ultimamente al centro di casi di corruzione e appalti sospetti. A termini di legge dovrebbe completare il censimento e consegnarlo alla Regione Lazio entro luglio 2015, che a sua volta, entro dicembre dello stesso anno, deve validarlo e consegnarlo al Corpo Forestale dello Stato, il quale, compiuta una verifica formale, provvederà a redigere il definitivo Elenco degli alberi monumentali d’Italia. In caso di inadempienza, da parte delle regioni, è previsto l’intervento dei poteri sostitutivi da parte del C.F.S.. Nel frattempo vige una sorta di Iimbo, anche se a partire dalla proposta di attribuzione di monumentalità da parte del comune, con atto amministrativo notificato al proprietario, l’abbattimento della pianta deve essere motivato e autorizzato da comune e C.F.S., a rischio di forti sanzioni pecuniarie. La palla sta quindi a Roma Capitale, i cittadini aspettano.