Puglia: un mosaico di paesaggi, agricoltura e gastronomia
Mi piace segnalare l’articolo di Nicola Santoro, appresso riportato – frutto dei suoi inestinguibili, “commossi ricordi” della regione avita – anche per evidenziare una delle funzioni di AgriCulture : offrire ai Colleghi tutti e, in particolare, ai Presidenti delle Associazioni Territoriali, la possibilità di far conoscere sia le specificità dei territori di competenza, di cui non tutti hanno piena consapevolezza, sia le relative nostre competenze professionali.
Luigi Rossi, Presidente FIDAF
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Non è infrequente trovare su vecchie carte geografiche la denominazione al plurale della regione Puglia; e ancora oggi sono in molti a parlare delle Puglie, per riferirsi a una realtà che in effetti ha caratteristiche ambientali, culturali, agrarie, eno-gastronomiche molto variegate.
Il Gargano – autentico emporio di bellezze naturali – ha poco in comune con la sconfinata pianura del Tavoliere; il Sub-appennino Dauno si differenzia nettamente dalla riarsa Murgia; le sabbiose spiagge e gli arenili che da Manfredonia arrivano a Bari fanno netto contrasto con le scogliere salentine.
Anche l’agricoltura di questa regione non costituisce un “unicum” : le colture orticole che da Bari a Lecce si integrano con olivi secolari formano un paesaggio che non si riscontra in altre zone; così come è difficile immaginare in altre contrade della regione i vigneti di San Severo, gli agrumeti del Gargano, i pascoli della Murgia, i frutteti che fanno da cerniera tra le province di Foggia e Bari, le distese di grano duro che dal Fortore all’Ofanto vedono i loro antichi spazi contesi dalla barbabietola, dal girasole da colture ortive rese possibili dalla irrigazione, sebbene non consolidate a causa delle difficoltà di collocamento dei prodotti.
I dialetti, i costumi, le tradizioni gastronomiche – ancor più che paesaggio e agricoltura – giustificano il plurale quando si parla della Puglia.
In Capitanata lingua e tradizione risentono dei secolari rapporti con Napoli, mentre la sua sapida cucina – orecchiette, troccoli, erbe spontanee, agnello – è il portato di un’agricoltura contadina e di millenari rapporti con l’Abruzzo e il Molise, per la transumanza delle pecore (e vanno pel tratturo antico al piano/quasi un erbal fiume silente/su le vestigia degli antichi padri).
A Bari e nel Salento pesce, verdure crude, minestre di fave e cicoria, latticini dal sapore antico caratterizzano una cucina altrettanto schietta e genuina combinata con vini di qualità.
Questo e altro ancora è la Puglia, una regione difficile da racchiudere in un libro, senza correre il rischio dell’approssimazione e dell’incompletezza. Rischio scansato sicuramente da “Puglia, dalla terra alla tavola” scritto a più mani da profondi conoscitori dell’agricoltura, della storia, dei paesaggi, della gastronomia, dei vini della regione.
Un titolo, in verità un po’ riduttivo, dato che il libro, partendo dalla terra arriva alla tavola, passando attraverso la storia millenaria delle varie contrade e città; conducendo il lettore a visitare basiliche, cattedrali, castelli; nonché vigne, cantine, spiagge, masserie, trulli, magiche grotte.
Dalla terra alla tavola con cento e cento schede sulla gastronomia regionale; un inventario prezioso di piatti caratteristici, gustabili soltanto in quelle città e in quei paesi; una strizzatina d’occhio al turista frettoloso, che si porta in Puglia per vivere una parentesi mistica sul promontorio di Padre Pio o nella Grotta dell’Arcangelo; per visitare antiche vestigia elleniche, romane, normanne, sveve, aragonesi; per immergersi nelle acque incontaminate delle Tremiti, del Gargano, del Salento.
Un libro che costituisce un prezioso vademecum per chi vuole conoscere la Puglia; nonché una raccolta di commossi ricordi di coloro che nella Puglia hanno indimenticate radici.
Nicola Santoro
L’articolo di Nicola Santoro risveglia in noi la percezione sensoriale verso le cose della nostra terra. Non la Puglia generico, che attiene alla carta geografica, ma Le Puglie che ci porta alle differenze delle terre, delle colture, degli odori e dei sapori.Conosco qualche cosa delle Puglie : Lecce, Santa Maria di Leuca, la Capitanata,Taranto, ma anche gli oliveti, le brezze del mare e il sapore delle orecchiette a tavola.
Conosco certamente di più’ le cose della mia terra. Ma ugualmante c’e’ differenza tra dire l’Emilia e risentire l’odore della salsedine delle Valli di Comacchio, o il profumo delle distese di grano maturo della piana bolognese, o il venticello dei castagneti di Vergato.
Grazie Nicola : ci hai ricordato “la creta delle nostre terre’ di cui siamo fatti.