Proposta al Governo sulle politiche climatiche

Al Presidente del Consiglio Matteo Renzi
Al Ministro per lo Sviluppo Economico Federica Guidi
Al Ministro per l’Ambiente Gian Luca Galletti

Roma, 26 giugno 2015

 Caro Presidente Renzi,

nel suo recente discorso agli Stati generali sui cambiamenti climatici del 22 giugno scorso, Lei ha notato le contraddizioni delle attuali politiche dell’Unione Europea che hanno incrementato le fonti rinnovabili elettriche (a caro prezzo – diciamo noi – particolarmente in alcuni paesi come la Germania e l’Italia) e che, contemporaneamente, nella stessa Germania, hanno consentito l’incremento delle emissioni di CO2 a causa di una maggiore generazione elettrica da carbone per mantenere il livello di competitività dell’industria tedesca.

E’ una giusta osservazione la Sua che, però, non è stata colta né approfondita dagli Stati generali dove, purtroppo, hanno avuto spazio solo i sostenitori di ulteriori incentivi per le rinnovabili elettriche con oneri a carico degli utenti. In quella sede non ci è stato consentito di esporre quella che abbiamo chiamato la Ricetta italiana, ovvero una svolta nelle politiche energetico-ambientali, basata sul ruolo dell’efficienza energetica e finalizzata a valorizzare i livelli di eccellenza già raggiunti dal sistema economico italiano anche in termini di bassa intensità energetica e bassa intensità carbonica dei processi produttivi.

Ora, facendo fede al Suo annuncio dell’apertura di una fase di consultazione da parte del Governo delle diverse posizioni nel mondo ambientalista, in vista della prossima COP 21 di Parigi, Le scriviamo per avanzare una specifica proposta sulle strategie da adottare nello scenario europeo e internazionale.

 Premessa
Uno degli aspetti più contraddittori delle politiche energetico-ambientali della UE, reso ancor più acuto dalla lunga fase di crisi economica di questi ultimi anni, è il cosiddetto Carbon Leakage. Ovvero, i prodotti della manifattura europea, come risultato di politiche avanzate con obiettivi ambiziosi ma unilaterali, sono caratterizzati da elevati standard di qualità ambientale e bassa intensità carbonica. Essi devono fronteggiare (e spesso soccombono) i prodotti importati da paesi extra Ue con più bassi standard di qualità ambientale ed alta intensità carbonica. In altri termini, competono sul medesimo mercato, beni analoghi ma uno è prodotto con impegnativi processi di efficientamento, con costi energetici che riflettono l’incentivazione alle FER e, in aggiunta, anche il costo – per quanto basso – dei titoli di emissione, e l’altro è prodotto letteralmente a carbone.

Così l’Europa si è deindustrializzata. I problemi ambientali, però, si sono solo spostati per ciò che riguarda gli effetti locali e sono rimasti immutati per quello che riguarda gli effetti di carattere globale come quelli legati alle emissioni di gas serra.

I recenti aggiustamenti al sistema EU-ETS come le ulteriori misure contro ilCarbon Leakage e il cosiddetto backloading per sostenere artificiosamente il prezzo delle emissioni di COnel sistema del mercato unico europeo, sono contraddittorie ed inefficaci.

Gli Amici della Terra ritengono che siano mature le condizioni per una nuova strategia di decarbonizzazione a livello globale che si basi sul livello di eccellenza energetico-ambientale raggiunto in molti settori dell’industria europea. Valorizzare questa qualità ambientale in modo non autoreferenziale rispetto agli altri attori del mercato globale, creerebbe le condizioni per innescare un processo virtuoso nei mercati internazionali verso gli obiettivi delle politiche di riduzione delle emissioni climalteranti.

La proposta
La proposta degli Amici della Terra, basata su elaborazioni già avanzate in altre sedi[1] e adottate dalla risoluzione delle Commissioni Ambiente e Industria del Senato[2], è quella di introdurre una imposta sull’intensità carbonica dei prodotti (carbon intensity tax) che agisca come leva di fiscalità ambientale tramite la modulazione delle aliquote IVA. Lo strumento della fiscalità ambientale -lo ricordiamo- non ha l’obiettivo di aumentare il gettito fiscale ma si prefigge di incentivare le produzioni più pulite e di disincentivare quelle meno pulite, a prescindere da dove i beni vengono prodotti. La manovra di fiscalità ambientale che proponiamo prevede di mantenere invariata la pressione fiscale complessiva anche tramite la modulazione dello strumento in funzione della sua efficacia rispetto al conseguimento dell’obiettivo di politica ambientale.

Il punto di partenza della proposta sono i parametri di riferimento di intensità carbonica per unità di prodotto, già adottati a livello UE[3]. Ai prodotti che già garantiscono un livello di intensità carbonica inferiore aibenchmark di riferimento dovrebbe essere applicata un’aliquota IVA ridotta rispetto a quella ordinaria del 22% (ad esempio di 5 punti percentuali). Ai prodotti con un livello di intensità carbonica compreso tra il valore delbenchmark e un valore leggermente superiore si continuerebbe ad applicare l’aliquota IVA ordinaria. Invece, ai prodotti con un livello di intensità carbonica significativamente superiore a quello del benchmark (o non dichiarata e certificata) si applicherebbe un’aliquota IVA maggiorata di 5 punti percentuali.

Il nuovo regime IVA proposto verrebbe applicato sia ai prodotti realizzati nei paesi UE che a quelli importati e sarebbe quindi di carattere non discriminatorio e compatibile con le regole del WTO. Per i prodotti degli stabilimenti europei soggetti al sistema ETS l’intensità carbonica per unità di prodotto potrebbe essere attestata dagli strumenti amministrativi e di controllo già disponibili nell’ambito dello stesso sistema ETS. Per i prodotti degli stabilimenti europei non soggetti all’ ETS o per i prodotti importati da paesi extra UE, l’intensità carbonica per unità di prodotto rispetto ai benchmark di riferimento potrebbe essere attestata da certificazioni rilasciate in base agli standard internazionali di norme tecniche come l’ISO 14064.

L’Italia può aprire questa nuova strada con l’introduzione di una imposta sull’intensità carbonica (carbon intensity tax) a partire dai settori riconosciuti dalla UE come sottoposti a carbon leakage. Infatti, la stessa direttiva ETS[4]prevede che i Paesi membri possano introdurre misure a sostegno dei settori esposti a carbon leakage, basate sui parametri di intensità carbonica adottati come benchmark dalla UE.

Ciò consentirà al nostro paese di proporre con forza questo nuovo approccio alle politiche energetico-ambientali sia livello della UE che nell’ambito della COP 21.

Ci auguriamo che le nostre proposte possano essere occasione di un confronto vero nell’interesse del paese.

Monica Tommasi, Presidente degli Amici della Terra Italia

 [1] Fanelli in numerosi interventi, Agime Gerbeti nel libro CO2 nei beni e competitività industriale europea, 2014

[2] Risoluzione  Doc. XVIII, n. 92  del 4 giugno2015.

[3] Art. 10 bis DIRETTIVA 2003/87/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 13 ottobre 2003 e s.m.i. che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio.

[4] Comma 6 articolo 10 bis della direttiva 2003/87/CE e s.m.i..

Dintorni di Firenze, Odoardo Borrani
Dintorni di Firenze, Odoardo Borrani

Redazione Fidaf

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