Pollo re della tavola

Pollo re della tavola

Antica è la storia del pollo, animale che gli antichi greci sacrificano a Esculapio, che i romani usano per avere auspici prima delle battaglie e le sue carni sono gradite e riservate ai ceti abbienti per cui un pollo in pentola per tutti rimane un miraggio. Enrico IV di Francia (1553 – 1610) è un gourmet che predilige le carni di pollo lesso e nel 1606, in occasione di una colazione all’Arsenale e parlando con il Duca Carlo Emanuele I di Savoia o con il suo ministro Maximilien de Bethune Duke de Sully, secondo lo storico Jacques Bourgeat, avrebbe detto: Se Dio mi dà più vita, farò in modo che non ci sia un lavoratore nel mio regno che non possa avere una gallina nella sua pentola. Da qui sarebbe nata la storia del Poule-Au-Pot, ossia pollo in pentola, dedicato a Enrico IV, sulla cui autenticità ci sarebbe una citazione di Voltaire. L’auspicio di Enrico IV di far mangiare un pollo a tutti i francesi però non si verifica e due secoli dopo, all’alba della Rivoluzione Francese, il popolo aspetta continua a sperare cantando Enfin la poule au pot va être mise. On peut du moins le présumer. Car, depuis deux cents ans qu’elle nous est promise. On n’a cessé de la plumer. Neppure la Rivoluzione porta il pollo sulle tavole del popolo francese e Luigi XVIII, re di Francia dal 1814 al 1824, visto che Enrico IV aveva promesso il gallinaceo sul tavolo dei francesi rinnova l’impegno dicendo: Voglio che ogni contadino nel mio regno possa mettere un pollo nella pentola della domenica. La promessa, come molti impegni dei potenti, non è mantenuta e per soddisfare la voglia di pollo bisogna arrivare alla fine del secolo ventesimo quando la pollicoltura industriale fa del pollo un cibo abbondante che diviene comune per tutta la popolazione, non solo francese ma di tutta l’Europa, Italia compresa, come dimostra un breve calcolo. Secondo l’auspicio e le promesse di Enrico IV e di Luigi XVIII e le speranze dei rivoluzionari francesi, un pollo di circa due chilogrammi e mezzo per ogni famiglia di circa sei persone nella pentola della domenica fanno pressappoco venti chilogrammi di pollo per anno a testa, pari all’attuale disponibilità di carni avicole per ogni italiano, che corrisponde a un consumo annuale reale pro capite di circa nove chilogrammi di carne (Russo V. e coll. – “Consumo reale di carne e di pesce in Italia” – Franco Angeli, 2017).

Secondo recenti rilevazioni Ipsos per il 54% degli italiani la carne bianca di pollo e tacchino sono la principale fonte di proteine pregiate e l’unica fonte proteica di origine animale che vede aumentare i consumi assieme ai legumi e altri prodotti vegetali nell’alimentazione degli italiani. Inoltre tutto il pollo mangiato dagli italiani è di produzione nazionale perché la filiera avicola è l’unica nel panorama zootecnico nazionale che garantisce l’autosufficienza rispetto al consumo interno, con un tasso di approvvigionamento pari al 103%, nonostante che molti italiani – il 64% secondo la ricerca Ipsos – non sanno che il pollo che portano in tavola è italiano. La produzione avicola italiana con 18.500 allevamenti, di cui 6.400 professionali, che impiegano 38.500 addetti, rappresenta un modello per la zootecnia nazionale, creando un valore con 5.850 milioni di Euro di fatturato nel 2017, in crescita rispetto al 2016 di circa il 7%. Molte sono le ragioni dell’incontrastato successo delle carni avicole e che confermano l’efficacia del modello produttivo che il settore si è dato: ottimo lavoro dei genetisti nella messa a punto delle linee produttive, perfetta conoscenza delle esigenze nutrizionali e comportamentali degli animali con grande attenzione all’igiene, alla prevenzione delle patologie e al benessere degli animali, unitamente a una progressiva attenzione alla sostenibilità ambientale degli alle-vamenti, il tutto in un modello integrato di filiera produttiva che nell’avicoltura ha il suo punto di eccellenza. Di particolare importanza è un’efficienza organizzativa per istituire e mantenere la tracciabilità della produzione e nel controllo e gestione delle emergenze, come dimostrano i tempi di risposta agli episodi di influenza aviaria, risolti in media nell’arco di un mese, molto meglio di quanto avviene in altri paesi europei. Per questo un fattore chiave e sempre più rilevante nelle scelte e nei comportamenti d’acquisto dei consumatori è la fiducia dei consumatori e secondo l’Ipsos gli italiani si fidano dei produttori avicoli nazionali quando il 70% dichiara di avere un’opinione positiva del settore, il 61% si fida dei produttori avicoli, il 51% promuove l’impegno sulla sostenibilità e il 70% degli italiani ha un giudizio positivo o neutro su come sono allevati gli animali. Impor-tante per i consumatori è anche l’azione di riduzione degli antibiotici negli allevamenti.
Mentre il consumo di altre carni è in calo, quello di carni avicole è in crescita perché piacciono ai giovani, agli anziani e alle donne e sono più economiche di altre carni. Inoltre sono le carni più accette dai semi-vegetariani: se da una parte chi si definisce vegetariano non consuma alcun tipo di carne o pesce, i semi-vegetariani, indicati in inglese come flexitarian, tendono a non mangiare prodotti animali, ma occasionalmente si concedono delle eccezioni, in questo caso preferendo le carni bianche di pollo escludendo però quasi sempre quelle rosse di bovino e maiale. Un nuovo aspetto che sta avanzando nella cucina e soprattutto nella gastronomia è la ricerca di carni avicole di alta qualità, fornite ad esempio da razze tradizionali quali il Pollo del Valdarno, la Gallina Padovana, la Gallina Polverara e altre che iniziano a essere apprezzate dai cuochi e dai consumatori benestanti più attratti da prodotti nuovi e alternativi, o forse più soggetti a mode e tendenze.

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Redazione Fidaf

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