PNRR: servono idonei strumenti di progettazione e valutazione
“Per quanto una strategia possa essere bella, di tanto in tanto occorre guardare ai risultati” (Winston Churchill)
Le discussioni in corso sull’uso dei fondi europei per il rilancio dell’economia dopo la crisi pandemica causata dal Covid-19 (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza nell’ambito del Next Generation EU) sono molto accese, con posizioni spesso polarizzate e quindi inconciliabili. Bisogna privilegiare piccoli interventi a pioggia, che incentivino consumi “verdi”, o investire in infrastrutture, che siano motore di sviluppo e di sostenibilità? Dobbiamo dare la precedenza a progetti già in fase di realizzazione, in modo da non accrescere ulteriormente il debito pubblico, o dobbiamo piuttosto progettare nuovi interventi aggiuntivi, in modo da dare una scossa alla economia nazionale? E si potrebbe proseguire con molti altri esempi. Ma su un elemento pare esserci una concordia generalizzata: bisogna diminuire la burocrazia, o, più opportunamente detto, bisogna diminuire gli ostacoli frapposti dalla burocrazia ai programmi di sviluppo, che limitano la capacità di spesa delle istituzioni pubbliche e allungano i tempi di realizzazione dei progetti. Chiunque abbia lavorato nella pubblica amministrazione o con essa abbia avuto a che fare non può che concordare. Su come procedere per abbattere questo mostro, però, le idee sono meno chiare.
Proviamo a ragionare su questo tema. Secondo Wikipedia, “per burocrazia si intende l’organizzazione di persone e risorse destinate alla realizzazione di un fine collettivo secondo i principi giuridici di un dato ordinamento”. Se accettiamo questa definizione, la burocrazia non dovrebbe essere abbattuta, perché ci priveremmo in tal modo della possibilità di realizzare un fine collettivo, né tantomeno dovrebbe essere diminuita, perché perderemmo efficacia nella realizzazione del medesimo fine comune. Il problema, semmai, è quello di bilanciare le due parti della su riportata definizione: la realizzazione di un fine comune e il rispetto dei principi giuridici di un dato ordinamento. La burocrazia italiana – ma anche quella europea e molte altre burocrazie nel mondo – sembra oggi dare attenzione esclusiva al rispetto dei principi giuridici dell’ordinamento in cui essa opera. Le attività burocratiche si concentrano difatti sul principio di “conformità” alle leggi vigenti, e su tale principio vengono valutate. Si è così conservato il modello napoleonico di amministrazione pubblica e non si è optato per un più moderno modello “telocratico”, che organizza uomini e risorse per il raggiungimento di un obiettivo prefissato. Il rispetto del quadro legislativo è oggi purtroppo visto come il fine e non come un requisito necessario, ma non sufficiente, all’efficacia dell’azione dell’amministrazione pubblica. Programmi ineccepibili da un punto di vista della correttezza formale, possono essere infatti assolutamente inutili – o controproducenti – da un punto di vista dell’impatto socio-economico e ambientale prodotto.
In effetti, “praticamente nessuna politica in Italia è corredata da strumenti di valutazione”, come nota l’Istituto Bruno Leoni, né lo sono programmi e progetti dell’amministrazione pubblica. Se – come crediamo – politiche, programmi e progetti sono volti a ottenere dei risultati che generino un cambiamento della situazione esistente, cambiamento che a sua volta contribuisca a dare origine ad un futuro desiderato e considerato migliorativo, si dovrebbe cominciare col programmare i risultati e non le attività. Politiche, programmi e progetti dovrebbero poi essere valutati per i risultati immediati prodotti, per i risultati mediati indotti e per gli impatti generati. Per ognuno di questi tre livelli sarà quindi necessario identificare opportuni indicatori per eseguire il monitoraggio durante la fase di attuazione e la valutazione al suo termine. Il modo in cui si effettuano monitoraggio e valutazione è critico per il funzionamento della burocrazia: è certamente importante per esempio considerare la quantità di fondi erogati rispetto a quelli disponibili (risultato immediato), ma è ancora più rilevante stimare l’entità dei miglioramenti ottenuti mediante l’impiego dei fondi distribuiti (risultato mediato) e quale benefici si siano verificati in conseguenza di tali miglioramenti (impatto). I criteri di valutazione dovrebbero quindi considerare la rilevanza, l’efficacia, l’efficienza, l’impatto e la sostenibilità delle azioni intraprese.
Per evitare i mali causati dalla cattiva burocrazia non è quindi necessario – o almeno non è solo necessario – migliorare le procedure usate e informatizzarle, rendendole più spedite, ma occorre capovolgere il corrente modello di burocrazia, dotando le politiche, i programmi ed i progetti dell’amministrazione pubblica di idonei strumenti di progettazione e di valutazione e utilizzando tali strumenti per valutare il lavoro svolto da uffici centrali e periferici. La valutazione delle funzioni pubbliche permetterà inoltre alle istanze politiche di migliorare l’incisività delle misure che intendono adottate per il futuro.
Come è scritto chiaramente nell’articolo la burocrazia non deve lavorare e non deve essere valutata sugli adempimenti ma sul raggiungimento degli obiettivi che vanno identificati attraverso specifici indicatori. Una parte consistente della retribuzione dei dirigenti deve essere legata agli obiettivi e anche la selezione per gli avanzamenti di carriera.