Perché i pini non fanno più i pinoli?
Da molto tempo sto osservando, nell’area urbana di Roma e nelle aree litoranee del Lazio, le migliaia di alberi di pino (Pinus pinea) in cui è evidente la mancanza di pigne e quindi di pinoli. Ho infatti notato che, in tali alberi, praticamente quasi sempre di notevoli dimensioni, infatti non si vedono più le pigne, le infruttescenze che contengono appunto i pinoli. Durante il mio periodo universitario, svolto dal 1954 al 1956 a Pisa, al Pacinotti (oggi Scuola Superiore S. Anna) ho molto frequentato le pinete litoranee pisane (in particolare quella della Tenuta Reale di San Rossore) perché, allora, ero interessato alle tre specie di Asparago (quello comune, coltivato, l’Asparagus tenuifolius e l’Asparagus acutifolius) presenti in abbondanza in tali aree arborate col Pinus pinea. Allora, la raccolta delle pigne e dei pinoli era l’industria più importante di tali areali. Durante il servizio militare, svolto anch’esso a Pisa, nel 1957, ebbi anche modo di visitare, per le esercitazioni, le numerose pinete presenti nel litorale toscano, da Pisa a Grosseto. Poi, trasferito a Roma, nel 1960, visitai le pinete presenti in tutto il litorale e l’entroterra laziale. Inoltre ricordo benissimo la grande quantità di pigne e di pinoli presenti nei pini nei terreni del Centro Ricerche del CNEN della Casaccia, ivi trapiantati come specie ornamentali su iniziativa del Prof. G.T. Scarascia Mugnozza e del Dr. B. Donini.
Durante il mio periodo di attività alla FAO, dal 1975 al 1990, ero quasi sempre all’estero, ma, durante il periodo di ferie, alloggiavo per diverse settimane, al mare, ad Orbetello dove, in tale area, esistevano molte famose grandi pinete. Però, già alla fine degli anno ’90, avevo notato una scarsità di produzione di pigne in varie località. Infine, in quest’ ultimo decennio, con mia grande sorpresa, non ho più visto pigne nelle numerose alberature urbane, campestri e litoranee dentro e fuori Roma. Dall’istruzione universitaria avevo appreso che le pigne derivano da infiorescenze con fiori femminili (poi trasformate in un biennio in pigne) fecondate dal polline di infiorescenze maschili, portate da ogni pianta di pino. Dopo la maturazione, le pigne cadono al suolo, liberando i pinoli, per la normale moltiplicazione naturale della specie. In questi ultimi anni mi sono reso conto che non si vedono nemmeno piante giovani di pino, sia legate alla disseminazione naturale che trapiantate dall’uomo…