Nel segno della Innovazione e della Sostenibilità

Nel segno della Innovazione e della Sostenibilità

Edoardo Rossi, Dottore Agronomo

Sono trascorsi 25 anni dalla prima Conferenza di Rio sull’ambiente e l’inquinamento, inizio di una lunga serie di incontri sul tema, culminata nell’ultima Conferenza delle Parti del dicembre 2015 a Parigi, che ha finalmente individuato dei punti fermi per il contenimento del riscaldamento globale del Pianeta, entro limiti sostenibili per una normale continuazione della vita sulla Terra e per la realizzazione di quella nuova rivoluzione verde che dovrà assicurare i fabbisogni alimentari legati alla crescita demografica in atto.

La nuova rivoluzione verde, per essere sostenibile, dovrà misurarsi pertanto con le esigenze dell’ambiente e, in particolare, con i limiti nelle emissioni di CO2 che sono all’origine del riscaldamento globale della Terra e dei cambiamenti climatici, che ne stanno condizionando sempre più lo sviluppo futuro.

Il concetto di sviluppo sostenibile fu espresso per la prima volta negli Anni Ottanta dall’ex Premier norvegese Gro Harlem Bruntland e, pur nella sua indeterminatezza, è servito in tutti questi anni per favorire un punto d’incontro tra Verdi ambientalisti, fautori della cosiddetta “decrescita”, ed i sostenitori del libero mercato.

Ma l’effettiva origine del concetto deriva dalla pubblicazione del 1972 “I limiti dello sviluppo”, edita a cura del Club di Roma, istituito nel 1968 dal prof. Aurelio Pecci con un gruppo di scienziati, che aveva commissionato al MIT di Boston uno studio previsionale sulla durata delle risorse del Pianeta.

Ne derivò un testo profetico sull’esaurimento più o meno imminente delle risorse energetiche, minerali ed idriche del Pianeta che, per quanto smentito dai fatti, per il progresso tecnologico che ha consentito una maggior durata delle risorse, ha segnato l’inizio di una nuova attenzione ai rapporti con l’ambiente, culminata vent’anni dopo nella Prima Conferenza di Rio.

Diversi studiosi hanno comunque confermato che avvenne proprio in quegli anni, intorno al 1970, la rottura dell’equilibrio tra l’impronta ecologica dell’attività antropica e la capacità di rinnovamento delle risorse consumate annualmente sulla Terra.

Da allora ad oggi, nel corso pertanto degli ultimi cinquant’anni, si valuta che l’impronta ecologica sia aumentata del 50% e siano necessari al Pianeta 1,5 anni per rinnovare le risorse consumate in un anno.

E’ da quel momento che sono iniziate ad aumentare oltremodo le emissioni dei gas effetto serra, iniziando quel riscaldamento globale che, a partire dal 1997, ha fatto segnare temperature più calde, rispetto alle medie statistiche note alla meteorologia.

Viene proposto dagli scienziati un riscontro oggettivo delle suddette tempistiche: la temperatura minima di -37 °C misurata nel 1971 ai 3580 metri di altitudine presso l’Osservatorio di Joungfraulock, il più alto al mondo, nelle Alpi Svizzere, con 800.000 visitatori l’anno. Da allora in poi la temperatura minima rilevata nell’Osservatorio è continuata a salire.

Soltanto dieci anni prima l’inizio del riscaldamento globale, nel 1987 a Montreal in Canada, erano stati messi al bando dalla Comunità scientifica internazionale i CFC (Clorofluorocarburi) delle bombolette spray, considerati responsabili del Buco dell’Ozono, classificato al punto 6 di una ipotetica scala sull’importanza ambientale di 12 indicatori ecologici, dove al dodicesimo posto figura la Biodiversità, la cui eventuale riduzione è considerata un danno irreversibile, ed al decimo posto figurano i Cambiamenti Climatici, già evidenti da anni in Australia ( notizie riferite dal meteorologo Luca Mercalli, nella trasmissione “Scala Mercalli” su RAI 3).

Con la prima Conferenza sull’Ambiente a Rio nel 1992, cominciano le trattative tra le Nazioni per il contenimento nelle emissioni in atmosfera di CO2, secondo modalità ed obiettivi che saranno fissati dal Protocollo di Kioto nel 1997, nel programma 20-20-20.

Di particolare rilievo fu poi la decima Conferenza delle Parti che si svolse a Nagoya in Giappone, nell’ottobre del 2010, e  che individuò soluzioni per la difesa della Biodiversità con una Convenzione specifica contenuta nel Protocollo di Nagoya, fino alla recente Conferenza di Parigi, nel dicembre del 2015, la ventunesima della serie, che ha puntato a fissare lo “scenario 450”, il futuro limite ammesso in parti per milione di concentrazione di CO2 nell’atmosfera, per contenere nei 2 °C il riscaldamento globale del Pianeta.

Attualmente la concentrazione si attesta sui 750 ppm, destinati a determinare un surriscaldamento di 4°C che deve essere evitato pena gravi conseguenze nel ritiro dei ghiacciai, nello scioglimento del pack ai due Poli, nel rischio di gravi Tsunami determinato dalla liberazione di ingenti quantità di idrati di metano, intrappolati in strutture ghiacciate sotto i fondali marini.

E’ noto come al momento sussistano ancora perplessità da parte di importanti Paesi, come gli Stati Uniti d’America, per aderire alle decisioni prese dalla stragrande maggioranza delle Nazioni nella Conferenza di Parigi.

Eppure l’evidenza dei cambiamenti climatici negli ultimi decenni, nell’intensificarsi di fenomeni estremi quali l’alternanza di eccessi di piovosità con lunghi periodi di siccità, con fenomeni di erosione da un lato e di desertificazione dall’altro, rilevati con sempre maggior frequenza ed aggravati dalla ridotta capacità di ritenzione idrica del suolo (- 30% per la perdita di sostanza organica indotta da un’agricoltura intensiva male gestita ) e dall’aumento di nove volte dell’aggressività delle piogge, sta già determinando gravi conseguenze, tra le quali  una crescente perdita di terreno fertile.

A questa situazione di degrado del terreno agrario, che ha superato di 30 volte il tasso di sostenibilità ( erosione sostenibile), si è aggiunto nel tempo il consumo di suolo, legato ad attività extragricole, ed alla sua impermeabilizzazione che è all’origine delle numerose situazioni di dissesto idrogeologico diffuse in molti territori, con ingenti danni umani ed economici in conseguenza di violente turbolenze meteo,  a cui si sta cercando di ovviare con una più attenta governance del territorio, attraverso la realizzazione di invasi e di infrastrutture irrigue per una miglior gestione delle risorse idriche (dagli interventi di Pagliai ed altri in alcune delle più recenti newsletter dell’Accademia dei Georgofili).

In questa prospettiva l’Innovazione assume un ruolo decisivo per suggerire le soluzioni idonee a questa serie di problemi che costituiscono un ostacolo insormontabile al conseguimento di una nuova rivoluzione verde.

Tra questi incombe, tra gli altri eventi negativi, la minaccia dell’aumento di livello dell’acqua dei mari e degli oceani, ormai valutata in termini quantitativi e temporali molto probabili dagli scienziati del IPCC, il Comitato Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici  (Intergovernamental Panel on Climatic Change), istituito nel 1988 dalle Nazioni Unite e dall’UNESCO e premiato con il Nobel nel 2007, per il valore scientifico degli studi e delle ricerche condotte in tema di cambiamenti climatici, che aprono inquietanti interrogativi sulla sorte di zone molto popolate, come quelle presenti nei delta dei grandi fiumi, e delle ingenti risorse agricole, turistiche, immobiliari e commerciali ricadenti in questi areali.

Un caso a parte è la nostra Città di Venezia, recentemente attrezzata dall’innovativa struttura del Mose che appare però già superata dall’evidenza dei calcoli dell’IPCC, come è stato recentemente illustrato nel Convegno Internazionale svoltosi a fine settembre presso la Fondazione Ca’Vendramin di Porto Tolle ( Rovigo) e riguardante gli effetti dei cambiamenti climatici nelle aree litoranee e nelle lagune, oltrechè nei delta dei grandi fiumi.

Una sintesi del Convegno, curato dall’Associazione internazionale Deltamed, in collaborazione con la Fondazione Ca’Vendramin ed il Consorzio di Bonifica del Vento Orientale, viene allegata alle presenti note, con i riferimenti agli interventi dei singoli relatori, e rende uno scenario generale di quanto potrà accadere da qui al 2050, circa l’innalzamento del livello dei mari.

Prospettive ancora più inquietanti sono apparse sulla stampa negli stessi giorni dello scorso fine settembre, riportando le previsioni all’anno 2100 proposte dall’Associazione Italiana di Geomorfologia riunita in un Convegno a Taranto.

Il gruppo di lavoro di morfodinamica costiera, coordinato dal prof. Mastromuzzi dell’Università di Bari, ha segnalato come a quell’epoca oltre 7.500 kmq di areali costieri potranno risultare sommersi, venendo interessate, oltre a Venezia e al Delta del Po, la Versilia, la piana Pontina e quella di Fondi, la stessa Taranto e le coste di Catania e Cagliari, con il livello del mare destinato ad alzarsi di oltre un metro e mezzo.

L’ Italia in futuro non potrà pertanto vigilare solo sulle conseguenze di terremoti, vulcani o fiumi che esondano ma dovrà prestare attenzione anche ai pericoli che vengono dal mare.

Soltanto il ricorso all’Innovazione, adeguatamente divulgata ai portatori d’interesse dei diversi comparti operativi, potrà fornire le soluzioni giuste per contenere l’impatto dei cambiamenti climatici che si annunciano in molti casi devastanti.

Innovazione destinata in particolare agli agricoltori ed a tutti gli imprenditori delle filiere dell’agroalimentare che dovranno poter offrire degli alimenti idonei, in quantità (+70%) ed in qualità igienica e nutrizionale, per rispondere all’aumento della domanda attesa al 2050, da una popolazione mondiale avviata a superare i 9 miliardi di abitanti, in gran parte concentrati nelle grandi metropoli dove si vive all’insegna del disordine alimentare e dello spreco, altri aspetti  che dovranno essere opportunamente corretti nella nuova rivoluzione verde.

Proprio sul tema dell’innovazione sono stati realizzati alcuni importanti Convegni nel corso del 2017 e riteniamo che una menzione particolare debba essere riservata al Seminario pubblico tenuto a Roma nello scorso mese di giugno, promosso con il concorso del FSE  (Fondo Sociale Europeo) e della  Regione Lazio, nell’ambito del progetto formativo “Approccio PEI AGRI”, ed organizzato dalla FIDAF ( Federazione Italiana Dottori in Scienze Agrarie e Forestali) in collaborazione con l’Ordine dei Dottori Agronomi e Forestali della Provincia di Roma e l’ARDAF, la relativa Associazione Romana.

Il titolo del Seminario riguardava l’Innovazione in Agricoltura ed il ruolo degli intermediari nell’approccio PEI AGRI, i fondi europei destinati al decisivo momento del trasferimento dell’Innovazione agli operatori interessati.

L’Unione Europea ha promosso l‘iniziativa PEI AGRI essendo convinta che il corretto approccio all’Innovazione debba passare attraverso un nuovo ruolo che potrà essere svolto soltanto da professionalità idonee, in grado di animare, coordinare, monitorare e rendicontare il progetto innovativo.

Funzioni che spettano alla figura dell’Innovation Broker, l’intermediario dell’innovazione che, in campo agricolo, non potrà che essere il Dottore Agronomo o il Dottore Forestale.

Nel corso del Seminario sono stati presentati alcuni progetti innovativi realizzati nella Regione Lazio che ha visto all’opera 165 GO (Gruppi Operativi), parte significativa dei 626 GO sostenuti in tutta Italia dai ventuno Piani di Sviluppo Rurale regionali 2014/2020.

L’impressione è che sia stata imboccata la strada giusta perché il settore agricolo possa svolgere nell’immediato futuro un ruolo chiave nelle strategie di mitigazione ed adattamento a basse emissioni, attraverso il miglioramento delle tecniche di coltivazione, l’agricoltura conservativa e l’agricolura di precisione, utilizzando le nuove varietà proposte dal miglioramento genetico, in grado di fronteggiare siccità, salinizzazione e le possibili modifiche nei cicli produttivi delle colture determinate dai cambiamenti climatici.

Ed è l’agricolura stessa, con la deforestazione, che rientra tra le cause principali dei cambiamenti climatici, essendo valutate responsabili di 1/3 delle emissioni globali di gas serra così come produrre 1 kg di carne bovina causa l’emissione di 36 Kg di CO2 e la produzione di 1 kg di pomodori rilascia 0,05 kg di CO2.

In questa situazione andrà assumendo un ruolo sempre più importante la pianificazione in agricoltura, i miglioramenti fondiari per una migliore governance del territorio, per la sua sicurezza idraulica e per una maggior efficienza irrigua, mediante l’ammodernamento degli impianti di distribuzione e l’affinamento di tecniche irrigue in grado di ottimizzare il consumo della risorsa acqua nella produzione agricola e nella vivificazione del paesaggio campestre.

In questo ambito un ruolo sempre più determinante sarà rappresentato dalla moderna genetica delle piante, da quel miglioramento genetico la cui evoluzione ha rappresentato la storia stessa dell’agricoltura e non solo e che continuerà ad essere l’unica tecnologia agricola in grado di adattare le piante all’ambiente, opzione questa irrinunciabile in vista dei condizionamenti che i cambiamenti climatici stanno esercitando nelle diverse zone agrarie.

Nella missione dell’agronomo innovation broker, dovranno inoltre trovare adeguata valorizzazione la promozione di un’agricoltura sostenibile per la salvaguardia della biodiversità, l’introduzione di nuove coltivazioni idonee ai cambiamenti determinatisi nel clima, l’elaborazione di nuovi progetti di agrometeorologia per la prevenzione dei rischi nei territori di produzione.

La nuova rivoluzione verde si potrà anche realizzare attraverso la promozione di tanti altri spazi progettuali, quali lo sviluppo di biomasse rinnovabili per finalità energetiche con pratiche che favoriscano il sequestro di carbonio nella biomassa vivente e nel suolo, come la definizione di modelli di consumo alimentare attenti al risparmio energetico ed all’ ambiente.

Appare evidente come il ruolo dell’innovation broker che l’agronomo è in grado di svolgere negli ambiti interdisciplinari di sua competenza, ne fanno necessariamente un protagonista insostituibile della nuova rivoluzione verde di cui la popolazione mondiale avrà bisogno per sopravvivere alle sfide che attendono il Pianeta.

Nella rivoluzione verde della seconda metà del Novecento, il 50% dell’aumento della produttività agricola fu determinato dal miglioramento genetico con le nuove varietà di sementi, mentre l’irrigazione ed i fertilizzanti hanno consentito di conseguire l’altro 50%.

Sono dati riportati nel secondo rapporto della FAO sulla Biodiversità agricola che ha evidenziato come tra il 1900 ed il 2000 sia andata perduta il 75% della diversità delle colture.

Uno studio recente riportato nello stesso rapporto prevede che, a causa del cambiamento climatico, al 2055 potranno scomparire tra il 16 ed il 22% dei parenti selvatici di colture importanti come arachidi, patate e fagioli.

La conservazione delle diversità genetiche nelle colture alimentari in particolare, rappresenta il caposaldo di ogni possibile sviluppo della produzione agricola mondiale ed è una posizione condivisa da un numero crescente di Nazioni: sono 125 quelle che hanno aderito al Trattato Internazionale previsto dalla FAO per le risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura.   Stanno aumentando le banche genetiche, sia in numero che in dimensioni.

Nel mondo esistono oggi oltre 1750 banche genetiche. Nel 2008 è stata aperta in Norvegia la Global Seed Vault che ospita duplicati di varietà uniche delle colture mondiali più importanti.

Si tratta di un bunker nel ghiaccio, a mille km dal Polo Nord, dove sono conservati a -18°C circa 400 milioni di semi, per 860.000 varietà (500 esemplari per ognuna), provenienti da ogni parte del mondo. Il deposito è gestito da un Fondo mondiale per la diversità delle colture.

Il tesoro della biodiversità terrestre è qui custodita, rappresentando per la popolazione mondiale la garanzia che l’agricoltura potrà continuare, nonostante i cambiamenti climatici e le catastrofi provocate dalla natura o dalla guerra.

Proprio la martoriata Siria, desertificata dai bombardamenti e da anni di inattività, ha effettuato in questi mesi un “prelievo” di semi, tramite il Centro Internazionale per la Ricerca agricola in aree asciutte di Aleppo: è la vita che, nonostante tutto, può continuare.

Allegato: rapporto Convegno Deltamed del 22 settembre 2017

a cura del Consorzio di Bonifica  del Veneto Orientale

Fondazione Ca’ Vendramin, Porto Tolle (Rovigo)

 

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Adorazione dei Magi  - Pieter Brueghel Il Giovane
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Redazione Fidaf

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