Nel primo mese di Expo 2015
E’ appena trascorso il primo mese di Expo 2015 e sono già emerse idee diverse sul tema “Nutrire il pianeta: energie per la vita”. Ne citerò solo alcune.
Nel corso del Caritas Day svoltosi con la partecipazione di 84 Paesi (prevalentemente africani, asiatici, sudamericani e mediorientali), sono emersi pareri non propensi a un incremento generale della produzione mondiale di cibo, suggerendo piuttosto di aiutare le piccole comunità locali dei Paesi poveri per metterli in grado di produrre autonomamente il cibo necessario, senza doverlo comprare. In effetti, alcuni Paesi poveri hanno già percorso questa strada e, superando fasi di emergenza, sono riusciti anche a diventare esportatori di commodities alimentari.
L’indiano prof. Amartya Sen, Premio Nobel per l’economia e docente di Economia e Filosofia ad Harward, ha espresso il parere che il vero problema da considerare è quello della povertà, dalla quale deriva sempre fame. Ha quindi ritenuto limitativo parlare di carenze di cibo, senza analizzare le cause della fame.
Ci attendiamo che da Expo 2015 emergano ancora tante idee, anche perché potrebbe essere utile e opportuno non seguire solo un’unica soluzione, uguale per tutti, se si tratta di Paesi in situazioni e condizioni diverse. Abbiamo il tempo per parlarne in termini chiari, concreti e costruttivi nei prossimi 5 mesi.
Intanto, credo sia opportuno verificare se il nostro pianeta produca già il cibo necessario per tutti e se basterebbe solo distribuirlo più equamente, evitando gli attuali sprechi. E’ doveroso però richiamare l’attenzione sui significativi dati, riportati nella tabella. Evidenziano come la popolazione mondiale sia raddoppiata e si preveda triplicata entro il 2050 (superando i 9 miliardi). La superficie coltivabile complessiva del nostro pianeta potrebbe riuscire a rimanere pressoché costante; ciò significa però che ogni persona potrà disporre di superficie coltivabile ridotta a meno di un terzo di quella attuale. Bisogna inoltre considerare non solo il crescente numero della popolazione, ma anche il continuo aumento delle esigenze alimentari dei singoli individui. Dunque, se l’agricoltura mondiale, non potrà espandersi su nuove superfici coltivabili, dovrà necessariamente incrementare le produzioni unitarie, ovunque possibile, soprattutto utilizzando razionalmente le innovazioni offerte dalla Scienza, così come si è già fatto nel passato con le “rivoluzioni verdi”, per soddisfare i maggiori fabbisogni e per rendere più accessibili i costi. .
La sicurezza alimentare mondiale di cui intendiamo evidentemente parlare va condivisa e perseguita a livello planetario, ma contestualmente anche da ogni singola Nazione. Ogni Paese dovrebbe tutelare le proprie preziose superfici coltivabili per garantire il proprio contributo alla complessiva produttività agricola alimentare, evitando di rendersi dipendente dal mercato globale, anche per consentire che quest’ultimo possa distribuire il cibo disponibile più equamente a chi ne avesse maggiore e immediato bisogno anche a causa di impreviste carestie e disastri ambientali.
Le responsabilità relative alla sicurezza alimentare nazionale ricadono sui rispettivi governi e certamente ne parleranno i Ministri dell’Agricoltura che si riuniranno a Expo il 4 e 5 giugno. Sono infatti già in atto, con la collaborazione della Fao, programmi nazionali e regionali.
Purtroppo, anche Paesi tra i più avanzati possono offrire esempi di miopi egoismi e politiche di fatto poco coerenti con il tema dell’Expo e la Carta di Milano. Se è vero, come è vero, che (nel quadro della politica agraria europea) il nostro stesso Paese:
– ha superfici coltivabili (SAU) che continuano a ridursi rapidamente;
– importa crescenti quantitativi di prodotti agricoli primari, (a prezzi molto più bassi rispetto ai propri costi di produzione), tanto da costringere gli agricoltori ad abbandonarne la coltivazione;
– e le industrie alimentari utilizzano sempre più commodities importate per incrementare le loro esportazioni, anche usando troppo liberamente il marchio Made in Italy, divenuto irreale.
In questa situazione, se per qualsiasi motivo, venisse oggi a mancare la possibilità di importare il nostro Paese si troverebbe a disporre solo della propria produzione agricola alimentare, sempre più lontana dall’autosufficienza. e forse considerare a “nutrire” metà della nostra popolazione.
I pericolosi rischi di rottura degli equilibri geopolitici dovrebbero indurre a riflettere che non è facile costruire e mantenere l’auspicata pace in un mondo nel quale vi siano ancora comunità e popoli che soffrono la fame, una causa di folli conflitti e guerre mondiali, che di fatto la diffondono e l’acuiscono.