Nel caso di occupazione illegittima di un terreno, lo Stato paga dazio

Nel caso di occupazione illegittima di un terreno, lo Stato paga dazio

Le norme contemplate nel Testo Unico (T.U.) sugli espropri, il D.P.R. 327/2001, sono state, fin dall’origine, soggette a diverse interpretazioni legislative e pertanto la Corte Costituzionale, il Consiglio di Stato e la Corte di Cassazione sono intervenute con numerose sentenze per chiarire la corretta applicazione degli articoli in esso contenuti.
Una tematica particolarmente dibattuta è sempre stata quella inerente “l’utilizzazione di un bene per scopi di interesse pubblico, in assenza del valido provvedimento ablatorio”, normata inizialmente dall’art. 43 del D.P.R. 321/2001, successivamente dichiarato incostituzionale per eccesso di delega dalla Corte Costituzionale con la sentenza n° 293 del 2010, ed oggi sostituito dall’art. 42 bis – Utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico – introdotto nel T.U. dall’art. 34, comma 1, del D.L. 6 luglio 2011, n° 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1 comma 1, della L 15 luglio 2011 n° 111.

L’introduzione dell’art. 42 bis nel T.U. consentiva all’Italia di adempiere ai principi enunciati dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in materia di espropriazioni.

Ma sulla sua legittimità costituzionale sorsero, immediatamente, numerosi dubbi e differenti interpretazioni legislative.

La sentenza della Corte Costituzionale n° 71 del 30/04/2015, pose fine ai numerosi dubbi sorti sulla legittimità costituzionale dell’art. 42 bis e, contestualmente, sulla sua interpretazione ed applicazione.

L’importanza che riveste l’art. 42 bis in campo espropriativo è enorme, perché la sua applicazione consente alle autorità esproprianti di trasformare un atto illegittimo, quale è l’occupazione senza titolo, in un atto legittimo e contestualmente di ripristinare la legalità amministrativa con l’acquisizione da parte dell’amministrazione espropriante del bene illegittimamente acquisito.

Infatti, il secondo comma dell’art. 42 bis dispone: “Il provvedimento di acquisizione può essere adottato anche quando sia stato annullato l’atto da cui sia sorto il vincolo preordinato all’esproprio, l’atto che abbia dichiarato la pubblica utilità di un’opera o il decreto di esproprio. Il provvedimento di acquisizione può essere adottato anche durante la pendenza di un giudizio per l’annullamento degli atti di cui al primo periodo del presente comma, se l’amministrazione che ha adottato l’atto impugnato lo ritira. In tali casi, le somme eventualmente già erogate al proprietario a titolo di indennizzo, maggiorate dell’interesse legale, sono detratte da quelle dovute ai sensi del presente articolo.”

Altro aspetto innovativo introdotto dall’art. 42 bis è costituito dal fatto che esso individua il momento esatto in cui calcolare l’indennizzo per i pregiudizi subiti ed il suo ammontare. Recita, infatti, il primo comma dell’art. 42 bis: “Valutati gli interessi in conflitto, l’autorità che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità, può disporre che esso sia acquisito, non retroattivamente, al suo patrimonio indisponibile e che al proprietario sia corrisposto un indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale, quest’ultimo forfetariamente liquidato nella misura del dieci per cento del valore venale del bene”.

Infine, il terzo comma sancisce sia le modalità per determinare l’indennizzo per il pregiudizio patrimoniale subito, sia le modalità per effettuare il calcolo per il periodo di occupazione senza titolo. Riporta il terzo comma dell’art. 42 bis: “Salvi i casi in cui la legge disponga altrimenti, l’indennizzo per il pregiudizio patrimoniale di cui al comma 1 è determinato in misura corrispondente al valore venale del bene utilizzato per scopi di pubblica utilità e, se l’occupazione riguarda un terreno edificabile, sulla base delle disposizioni dell’articolo 37, commi 3, 4, 5, 6 e 7. Per il periodo di occupazione senza titolo è computato a titolo risarcitorio, se dagli atti del procedimento non risulta la prova di una diversa entità del danno, l’interesse del cinque per cento annuo sul valore determinato ai sensi del presente comma”.

Quindi, in tutti i casi in cui l’autorità espropriante acquisisce un immobile mediante l’utilizzo dell’art. 42 bis, le modalità di calcolo sono di fatto già predeterminate dal T.U sugli espropri.

Ciò nonostante, i dubbi e le interpretazioni sul calcolo dell’indennizzo in generale e dell’indennità di occupazione in particolare, sono proseguiti anche successivamente alla sentenza della Corte Costituzionale n. 71 del 2015.

Una recente pronuncia della Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, la n. 17581, del 21 agosto 2020, ha chiarito ulteriormente le modalità di calcolo dell’indennità di occupazione nei casi di applicazione dell’acquisizione sanante mediante l’utilizzo dell’art. 42 bis.

La sentenza citata evidenzia la differenza che intercorre tra il periodo di occupazioni legittima, cioè quello in cui il terreno è stato occupato in base ad un atto legittimo emesso dall’autorità espropriante e, viceversa, l’occupazione senza titolo.

In particolar modo, la sentenza evidenzia che: “L’occupazione e la manipolazione del bene immobile di un privato da parte della P.A., allorché il decreto di esproprio non sia stato emesso o sia stato annullato, integra, invero, un illecito di natura permanente che dà’ luogo ad una pretesa risarcitoria avente sempre ad oggetto i danni per il periodo, non coperto dall’eventuale occupazione legittima, durante il quale il privato ha subito la perdita delle utilità ricavabili dal bene sino al momento della restituzione, ovvero della domanda di risarcimento per equivalente che egli può’ esperire, in alternativa, abdicando alla proprietà’ del bene stesso (Cass. Sez. U., 19/01/2015, n. 735; conf. Cass., 29/09/2017, n. 22929)”.

La sentenza continua affermando che: “La piena risarcibilità del danno per il periodo di illecita occupazione del bene non esclude, peraltro, secondo l’orientamento summenzionato, l’indennizzabilità del pregiudizio arrecato, sia pure in modo legittimo, dall’Amministrazione per l’intervallo di tempo coperto dal provvedimento di occupazione, al quale non abbia fatto seguito il definitivo provvedimento ablatorio”.

Da quanto esposto è evidente che, nel calcolo complessivo dell’indennizzo, occorrerà tener conto anche del periodo di occupazione legittima, che andrà calcolato ai sensi del comma 1 dell’art 50 del T.U. il quale così dispone: “Nel caso di occupazione di un’area, è dovuta al proprietario una indennità’ per ogni anno pari ad un dodicesimo di quanto sarebbe dovuto nel caso di esproprio dell’area e, per ogni mese o frazione di mese, una indennità pari ad un dodicesimo di quella annua”.

La sentenza n. 17581/2020 afferma che: “L’articolo 42 bis fa esclusivo riferimento, invero, al ristoro per il periodo di occupazione illegittima dei fondi, mentre non fa riferimento alcuno al periodo di occupazione legittima ed alla relativa indennità, prevista, invece, dalle disposizioni legislative succitate. E’ certo, pertanto, che – non contenendo l’articolo 42 bis alcuna previsione modificativa o abrogativa di tali disposizioni (Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articoli 22 bis e 50) – resta salvo, anche in caso di emissione del provvedimento di acquisizione sanante, il diritto dell’espropriato di percepire, in aggiunta all’indennizzo per il periodo di occupazione illegittima, anche quello per il periodo di occupazione legittima.

Pertanto, ai fini del calcolo dell’indennizzo complessivo da corrispondere al proprietario del bene oggetto del provvedimento di acquisizione sanante, ai sensi dell’art. 42 bis, occorrerà considerare:
1. il valore venale del bene al momento dell’emissione del decreto di acquisizione sanante;
2. un indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale pari al 10% del valore venale del bene;
3. l’indennità di occupazione per il periodo di occupazione senza titolo (illegittima), pari ad un interesse del cinque per cento annuo sul valore venale individuato;
4. l’indennità di occupazione legittima ai sensi dell’art. 50 del T.U.

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 Accossu

Redazione Fidaf

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