Migrazioni: l’utile, l’etico, il politico
Di fronte al fenomeno migratorio l’Italia pare dilaniata da un conflitto insolubile fra una scelta “utile” – limitare gli arrivi e redistribuire il “peso” dell’accoglienza – e una “etica”, ovvero far prevalere comunque il soccorso di chi è in condizioni di disagio. Tuttavia, questa contrapposizione è fuorviante: se si inquadrano le migrazioni entro un più vasto esame di tutti i pro e contro, valutati in termini fattuali e scientifici, si scopre che la scelta più etica è anche quella che meglio soddisfa i nostri interessi nazionali, europei e globali, per l’Italia e per tutti. La falsa contrapposizione fra utilità ed etica si insinua più facilmente quando si affrontano i fenomeni con uno sguardo contingente, focalizzato su una successione di emergenze da affrontare. Ma in generale rappresenta un innato prisma di valutazione, e spesso noi italiani ci sentiamo poco capaci di gestire la scelta: alla fine, siamo diversi da altri che sono più inclini ad applicare una ragionata, sistematica e cinica logica di interesse e ci lasciamo prendere la mano dal nostro innato senso d’umanità che poi ci fa sentire meno “furbi”. Ma quando lo facciamo – come abbiamo finora fatto coi barconi – anche solo in termini di meri vantaggi materiali, ci perdiamo davvero?
Guardando al sistema terra che ci accoglie, nella sua interezza, è facile scorgere che la regola etica è spesso una regola di buon senso pragmatico, quella che ci salvaguarda dalla catena di conseguenze che si innescano a cascata nel sistema e fatalmente si ritorcono prima o poi contro chi persegue il proprio interesse creando squilibri, ingiustizia o conflitto attorno a sé: nel momento in cui, invece, vediamo quanto è più remunerativa la soluzione giusta che tutela la dignità di tutti, creiamo un meccanismo che oggi si definirebbe “sostenibile”: che genera equilibrio e si autoalimenta perché tutti si adoperano per ottenerne i vantaggi…