L’uomo e la tecnologia: il distruttivo pessimismo di Umberto Galimberti
In un post sulla centralità del sapersi porre le domande giuste, dopo aver ricordato il decisivo contributo che dà alla questione il filosofo Umberto Galimberti nel suo libro il Segreto della domanda criticavo la valutazione da lui espressa sulla tecnologia avendo in mente l’ormai classico suo ponderoso libro Psiche e techne. L’uomo nell’età della tecnica (1999).
Torno sull’argomento perché sono profondamente convinto, al contrario di quel che pensa Galimberti, che è possibile un uso saggio della tecnica e che questa sia la strada obbligata per un percorso che tenda a risolvere le grandi sfide dell’umanità ormai ricomprese nell’espressione sintetica sviluppo sostenibile (ma che vanno declinate in componenti intrecciate come la fame nel mondo, le migrazioni, i cambiamenti climatici, l’energia).
Per dare un’idea imparziale (ammesso che esista l’imparzialità) della posizione di Galimberti riporto brani dal risvolto di copertina e da due recensioni, una sintonica e una critica.
Dal risvolto di copertina
Questo libro si propone di evidenziare la trasformazione che l’uomo subisce nell’età della tecnica. Noi continuiamo a pensare la tecnica come uno ‘strumento’ a nostra disposizione, mentre la tecnica è diventata l”ambiente’ che ci circonda e ci costituisce secondo quelle regole di razionalità che, misurandosi sui soli criteri della funzionalità e dell’efficienza, non esitano a subordinare le esigenze dell’uomo alle esigenze dell’apparato tecnico…
Vedi allegato: L’uomo e la tecnologia