L’invasione degli alieni

L’invasione degli alieni

Uno degli argomenti maggiormente discussi durante questa estate riguarda l’invasione del granchio blu (Callinectes sapidus), che sta facendo stragi negli allevamenti di mitili e di altri bivalvi. Il granchio blu è originario delle coste atlantiche del continente americano ed è probabilmente arrivato nei nostri mari nella stiva di qualche nave transoceanica, nell’acqua marina usata come zavorra. Un’introduzione accidentale, quindi. Ma accidentali o volontarie che siano, le introduzioni di organismi alieni nei nostri ecosistemi sono sempre più frequenti, con effetti deleteri sia per gli equilibri ecologici che per la salute umana.

Lo scorso 4 settembre è stato pubblicato il riassunto per decisori politici del rapporto dell’Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (Ipbes)[1], rapporto approvato dai 141 Paesi membri, tra cui l’Italia. Secondo il rapporto, frutto di 4 anni di lavoro di un centinaio di scienziati, più di 37.000 specie aliene sono state introdotte negli ecosistemi di tutto il mondo. Il ritmo di introduzione di specie aliene, denuncia il rapporto, ha raggiunto il record di circa 200 specie all’anno. Alcune specie aliene, come le zanzare, i ratti, le termiti, hanno portato malattie distrutto le coltivazioni, e causato problemi ambientali di varia natura, con un danno economico stimato in 423 miliardi per anno. Gli agricoltori italiani hanno imparato a loro spese quanto siano dannose la cimice asiatica (Halyomorpha halys), la Drosophila suzuki, la Tuta absoluta, la Xylella e tutti gli altri patogeni e parassiti alieni che hanno infestato le nostre campagne negli ultimi anni.

Una quota notevole delle specie aliene, circa 3.500 specie, sono considerate invasive. Difatti, sempre secondo l’IPBES, le specie aliene invasive sono uno dei cinque più importanti fattori di perdita della biodiversità, insieme a distruzione e degradazione di habitat, inquinamento, prelievo di risorse biologiche e cambiamenti climatici.

Secondo la banca dati dell’ISPRA[2], in Italia sono state identificate oltre 3.500 specie aliene. Tra i casi più noti quello della zanzara tigre (Aedes albopictus), che importata dall’Asia in Europa, ha trovato in Italia un ambiente favorevole alla sua diffusione e provoca tanti fastidi.

I servizi di controllo alle frontiere e di quarantena sono praticamente inesistenti in Italia, anche se previsti dal D.L.230/2017, ma onestamente nutro seri dubbi che potrebbero offrire un efficace filtro anche se debitamente rafforzati. Gli scambi commerciali sempre più intensi, gli spostamenti di persone sempre più frequenti, i cambiamenti climatici che rendono i nostri ambienti ospitali anche per specie provenienti da aree subtropicali, rendono il fenomeno più complesso da governare e quindi più difficile da contrastare. In molti casi il rilascio nell’ambiente è stato deliberato, come per esempio nel caso della testuggine americana (Trachemys scripta) e del parrocchetto verde (Psitaccula krameri e Myiopsitta monachus). Una maggiore informazione della cittadinanza sui danni provocati da questi rilasci è quindi molto auspicabile. Il Decreto del 2017 stabilisce anche l’obbligo di eradicazione di specie aliene invasive da parte di Regioni, Province autonome e Enti Parco. Ma quanto è rispettato questo obbligo? Mi è giunta voce che sono state elevate contravvenzioni a pescatori dilettanti che pescavano il granchio blu in aree protette. Mi domando se non sia il caso, al contrario, di incentivare la raccolta, la caccia e la pesca degli organismi alieni invasivi, che sono tanto nocivi per gli ecosistemi.

[1] https://www.ipbes.net/IASmediarelease

[2] https://www.specieinvasive.it

 

Redazione Fidaf

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