L’impatto dell’agricoltura sulla genetica dei cani

L’impatto dell’agricoltura sulla genetica dei cani

Lo sviluppo dell’agricoltura non ha rivoluzionato solamente la società umana, ma ha alterato anche il patrimonio genetico del cane. A stabilirlo è uno studio condotto da ricercatori delle Università di Rennes e di Grenoble, del CNRS di Lione, in Francia, e dell’Università di Uppsala, in Svezia, che hanno ricostruito l’evoluzione della capacità dei cani moderni di digerire gli amidi. Lo studio è pubblicato su “Open Science” della Royal Society di Londra.

Studi precedenti avevano mostrato che  mentre quasi tutti i lupi, sciacalli e coyote hanno solo due copie del gene che codifica per l’amilasi pancreatica (Amy2B) – il principale enzima che in questi animali presiede alla digestione degli amidi – la maggior parte dei cani ne ha fino a 40 copie. L’epoca in cui è avvenuta questa significativa moltiplicazione del gene (propriamente detta amplificazione genica) non era però nota e le ipotesi spaziavano dalla preistoria all’antichità classica fino all’epoca delle grandi selezioni delle razze canine, avvenuta nel XIX secolo.
Morgane Ollivier e colleghi hanno ora estratto il DNA antico da campioni di ossa e denti dei resti di 13 antichi lupi e cani provenienti da siti archeologici sparsi in tutta l’Eurasia e risalenti a epoche diverse. Il risultato delle analisi ha mostrato un quadro apparentemente complesso: i campioni attribuibili a cani risalenti a oltre 8000 anni fa avevano solo due copie del gene, quelli di 5000 anni fa o meno ne avevano tutti come minimo 7 o 8, mentre quelli del periodo intermedio spaziavano dai 2 ai 7 a seconda dei siti di provenienza dei campioni, senza una chiara progressione cronologica…
Vegetable Gardens in Montmartre - Vincent Van Gogh
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Redazione Fidaf

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