Le foreste sono indispensabili per proteggere il clima, nonostante il mondo sia lontano dal raggiungere i suoi obiettivi

Le foreste sono indispensabili per proteggere il clima, nonostante il mondo sia lontano dal raggiungere i suoi obiettivi
TRATTO DA THE CONVERSATION

Secondo i dati pubblicati dalla Forest Declaration Assessment, il mondo sta rimanendo indietro per quanto riguarda l’impegno a proteggere e ripristinare le foreste. Non è affrontare i cambiamenti climatici se la perdita di foreste continua inesorabile, perché gli obiettivi climatici globali, gli obiettivi di sviluppo sostenibile e gli impegni in materia di foreste dipendono gli uni dagli altri.

Ma non è troppo tardi. I dati sono stati pubblicati insieme al report Forest Pathways curato dal WWF, che definisce un piano concreto per reagire al fallimento forestale globale e mettersi sulla buona strada per proteggere, ripristinare e gestire in modo sostenibile le foreste.

Circa 1.6 miliardi di persone vivono abbastanza vicino alle foreste da dipendere da esse per la propria sussistenza. Le foreste assorbono circa un terzo delle nostre emissioni di CO ₂ prodotte dai combustibili fossili.

Secondo le stime delle Nazioni Unite, le foreste generano direttamente 231 miliardi di euro in attività economiche ogni anno. Ma loro valore indiretto potrebbe arrivare fino a 140 000 miliardi di euro, il doppio del valore degli stock finanziari mondiali, in gran parte grazie alla loro capacità di immagazzinare carbonio. Nonostante ciò, la trasformazione di foreste in campi agricoli viene ancora sussidiata in diverse parti del mondo.

Mancate promesse

Ci sono stati numerosi impegni globali a favore delle foreste, con centinaia di governi e imprese che hanno sottoscritto documenti intitolati alle città in cui sono stati sottoscritti: Bonn nel 2011, New York nel 2014, Glasgow nel 2021. Tuttavia, questi impegni non sono stati concretizzati e gli obiettivi di riduzione della deforestazione si allontanano ogni anno.

Deforestazione globale tra il 2010 e il 2022, in milioni di ettari. Valutazione della dichiarazione forestale 2023, CC BY-SA

 

La perdita globale di foreste nel 2022 è stata di 6.6 milioni di ettari, più di metà della superficie forestale italiana. Si tratta del 21 % in più di quanto previsto da una traiettoria compatibile con l’obiettivo di deforestazione zero entro il 2030, concordato a Glasgow. La perdita di foreste pluviali tropicali è ancora più pronunciata: +33 % rispetto al massimo consentito. Nel complesso, la deforestazione nel 2022 ha segnato un passo indietro (+4%) rispetto ai progressi del 2021.

 

Perché non proteggiamo le foreste

Non c’è una sola spiegazione al perché le foreste stiano ancora scomparendo. Tra i fattori responsabili della deforestazione figurano il mancato riconoscimento dei diritti dei popoli indigeni nei loro territori, i sistemi finanziari e le filiere commerciali coinvolte nella produzione di beni a rischio di deforestazione e gli effetti biofisici dei cambiamenti climatici e degli incendi.

La mancanza di diritti di proprietà fondiaria coerenti e sicuri per i popoli indigeni e le comunità locali minaccia le foreste e le persone che da loro dipendenti. In tutta la zona tropicale, dove le foreste sono gestite dalle nazioni native, le prove sono chiare: la deforestazione e il degrado diminuiscono.

La deforestazione inoltre viene sovenzionata con contributi economici diretti e indiretti compresi tra 353 e 930 miliardi di euro all’anno. Si tratta di misure come la cessione di terreni pubblici a nuovi coloni, la costruzione di strade o infrastrutture per consentire l’agricoltura su scala industriale, la riduzione del carico fiscale  sui prodotti agricoli o le sovvenzioni per la produzione di colture specifiche su terreni precedentemente boscati.

Esistono anche attività illegali. Secondo una stima recente, il 69 % della foresta tropicale disboscata per l’agricoltura tra il 2013 e il 2019 violava le leggi e i regolamenti nazionali. Si stima che il commercio illegale di legname ammonti a 150 miliardi di dollari all’anno a livello mondiale.

Un mondo più caldo significa più incendi boschivi. Ringo Chiu / Shutterstock

Non si può dire quindi che i fondi per sostenere le foreste non esistano. Eppure, i finanziamenti pubblici per le foreste sono inferiori al 1 % dell’importo investito in attività dannose per l’ambiente o che incentivano la deforestazione. In tutto il mondo le foreste sono danneggiate anche dai cambiamenti climatici e dall’alterazione del regime degli incendi boschivi, che a causa dell’aumento di temperature e siccità colpiscono con maggiore intensità e provocano danni a lungo termine, anche nelle foreste prima resistenti al fuoco. Insieme agli stress causati da siccità più gravi e prolungate nel tempo, il fuoco determina una combinazione di stress legati al clima e fa sì che gli alberi delle foreste tropicalitemperate e boreali subiscano l’aumento dei tassi mortalità e fenomeni di deperimento di massa.

Se gli effetti degli incendi e delle siccità continuano a verificarsi  è probabile che le foreste tropicali perdano superficie e biodiversità, restando confinate nelle zone più remote in cui l’agricoltura è meno praticabile.

Le simulazioni informatiche del clima futuro mostrano risultati molto diversi per le foreste a seconda che riusciamo o meno a limitare il riscaldamento globale. Se si limitassero le emissioni e l’espansione agricola, favorendo il ripristino delle foreste in alcune aree tropicali oggi coltivate, potremmo contare su 350 milioni di ettari di foreste in più entro il 2100: un’area delle dimensioni dell’India. Ma se le emissioni rimangono elevate e l’uso del suolo non cambia, i modelli prevedono una perdita di altri 500 milioni di ettari di foreste entro il 2100.

 

Tornare sulla buona strada

Il nuovo Report sui Forest Pathways definisce un piano d’azione per tornare sulla buona strada. Chiede ai leader mondiali e alle imprese di:

  • Accelerare il riconoscimento dei diritti delle popolazioni indigene e delle comunità locali di possedere e gestire i loro territori e le proprie risorse.
  • Mettere a disposizione maggiori fondi, sia pubblici che privati, per sostenere economie forestali sostenibili.
  • Riformare le norme del commercio mondiale e le filiere che danneggiano le foreste, eliminando i prodotti che deforestazione dalle catene di approvvigionamento globali e promuovendo la distribuzione di beni rispettosi delle foreste.
  • Promuovere una bioeconomi basata sulla natura.

In occasione del vertice sul clima COP28 a Dubai, sono stati annunciati nuovi accordi bilaterali tra paesi donatori e paesi che ospitano foreste tropicali, nel quadro della Partnership dei leader su foreste e clima firmata a Glasgow due anni fa. Questi accordi potrebbero favorire la transizione verso una gestione sostenibile delle foreste e catene di approvvigionamento a deforestazione zero in tutto il mondo.

Si tratterebbe di un successo, ma è al tempo stesso necessaria una leadership su altre questioni, come l’eliminazione dei sussidi ambientalmente dannosi e la fine della deforestazione illegale, entrambi responsabili di flussi economici che fanno impallidire l’entità dei finanziamenti attualmente destinati alla protezione delle foreste.

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Redazione Fidaf

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