Le alte professionalità in agricoltura motore per l’innovazione

Le alte professionalità in agricoltura motore per l’innovazione

Il caso del corso FIDAF, ARDAF e Ordine degli Agronomi di Roma sugli intermediari all’innovazione del PEI AGRI

L’intervento di oggi all’assemblea annuale della FIDAF ha l’intento di raccontare l’esperienza che è stata portata avanti dalla Federazione, dall’Associazione Romana dei Dottori in Agraria e Forestali (ARDAF) e dall’Ordine degli Agronomi di Roma per l’organizzazione del corso di formazione rivolto alle professionalità attive nel settore agricolo, per la qualifica di intermediario dell’innovazione, nota anche con il termine anglosassone di innovation broker (IB).

Si tratta di un’esperienza che è in corso di svolgimento. Le lezioni iniziano mercoledì 31 maggio e il programma si chiude il 14 luglio 2017 con un convegno, nel corso del quale saranno consegnati gli attestati di qualifica, oltre a illustrare ai diversi soggetti indirettamente e direttamente interessati il funzionamento del Partenariato Europeo per l’Innovazione in Agricoltura (PEI AGRI), così come è stato concepito dal Programma regionale di Sviluppo Rurale 2014-2020 (PSR) e nei successivi provvedimenti applicativi e bandi.

L’IB è una figura professionale nuova, concepita nell’ambito dell’originale e recente approccio dell’Unione europea all’innovazione, nel nostro caso specifico rivolto al sistema della conoscenza ed ai processi innovativi dedicati specificatamente al settore agricolo.

La politica di sviluppo rurale per il settennio 2014-2020 offre la possibilità di applicare su larga scala e con importanti agevolazioni finanziarie il singolare approccio del PEI AGRI, potendo contare su due specifiche sottomisure, incluse nell’ambito della misura Cooperazione.

Sotto tale profilo, il finanziamento del PEI AGRI è una delle principali e più promettenti novità del Psr in vigore. In realtà trattasi di una evoluzione, in senso virtuoso, della misura 124 del precedente periodo di programmazione 2007-2013.

Le Regioni finanziano attività finalizzate alla sperimentazione, ai progetti pilota, alle idee innovative, alla diffusione delle conoscenze con un approccio che presenta grosso modo le seguenti caratteristiche:

  • Le proposte partono dal basso, ovvero dal territorio, dalle imprese, dai ricercatori, dai  professionisti a servizio del settore. Esse sono ideate, dibattute ed elaborate attraverso la spontanea iniziativa di soggetti e di istituzioni che normalmente interagiscono tra di loro nell’ambito del sistema agroindustriale.
  • Il percorso parte dalla esistenza di un problema da risolvere, di una opportunità da cogliere per un determinato settore o una specifica area territoriale, da una intuizione dalla quale potrebbero scaturire vantaggi sociali ed individuali e su tali basi si aggregano gli interressi di diversi interlocutori e si valuta la possibilità di formulare ed attuare una specifica progettualità.
  • Tutte le fasi del processo innovativo, dalla individuazione dell’iniziale intuizione alla impostazione del programma, alla esecuzione, è condivisa tra i soggetti pubblici e privati coinvolti, i quali agiscono in un contesto di partenariato, formalizzato attraverso l’istituzione di un apposito organismo denominato Gruppo Operativo (GO).

I ventuno Psr 2014-2020 attivi in Italia hanno dedicato al sostegno a favore del nuovo approccio all’innovazione, uno stanziamento complessivo di 312 milioni di euro che dovrebbero finanziare il lavoro di 626 GO (165 nel Lazio, 116 in Emilia Romagna e così via a scendere). A metà maggio 2017, 14 tra Regioni e Provincie autonome italiane hanno avviato l’approccio PEI AGRI e risultano essere costituiti 62 GO.

L’Unione europea è convinta che per il buon funzionamento del nuovo approccio all’innovazione sia fondamentale l’apporto di professionalità in grado di svolgere le funzioni di animazione, coordinamento, progettazione, attuazione, monitoraggio, controllo, rendicontazione, ecc.

Tali compiti spettano alla figura dell’intermediario dell’innovazione.

Partendo da tale presupposto, FIDAF, ARDAF e Ordine degli Agronomi di Roma hanno pensato che fosse utile organizzare per i propri associati un corso per qualificare professionalmente la nuova figura che dovrebbe svolgere il fondamentale ruolo di facilitare, accompagnare, orientare, gestire i conflitti e risolvere i problemi dei soggetti presenti nell’ambito dei GO.

L’occasione è stata fornita dall’uscita del bando regionale FSE, alla fine della primavera del 2016 e dal contatto con un organismo riconosciuto attivo nell’ambito della formazione professionale nella Regione Lazio (IRS Europa).

C’è stata una intensa fase di progettazione e impostazione del percorso formativo, fino a sfociare nella presentazione della domanda di finanziamento, la quale è stata selezionata dalla Regione Lazio. Sono stati approvati e finanziati 27 progetti, tra i quali quello ideato da FIDAF, ARDAF e Ordine degli agronomi di Roma; altri 85 sono stati ammessi e non finanziati; mentre il numero complessivo di domande presentate è stato di 274

Il corso sugli IB è risultato l’unico progetto agricolo ad ottenere il finanziamento pubblico. Nell’ambito del sistema agroalimentare c’è stata una sola altra proposta ammessa a contribuzione ed è quella della Fondazione Agnelli incentrata sugli alimenti senza glutine.

C’è stata un’intensa collaborazione con la società di formazione partner, alla quale è stato assicurato un contributo tecnico-scientifico fondamentale, in termini di progettazione, coordinamento e organizzazione generale.

La Rete Rurale Nazionale (RRN) ha fornito un supporto notevole ed ha messo a disposizione la maggior parte dei docenti. Il progetto FIDAF, ARDAF ed Ordine degli Agronomi di Roma è considerato dalla RRN come una buona pratica da proporre e ripetere anche in altre regioni italiane.

Dopo aver raccontato l’esperienza che si sta portando avanti, vorrei proporre all’attenzione qualche considerazione personale a chiusura dell’intervento.

Sono persuaso che la nostra “ragione sociale”, come Agronomi e Dottori in scienze agrarie e forestali e, in generale, come alte professionalità attive in campo agricolo, sia quella di favorire l’innovazione e fare in modo che il flusso delle novità – materiali e immateriali – arrivi fino all’agricoltore nei tempi e con le modalità tali da generare vantaggi alla società, all’impresa e a chi lavora nel settore primario.

Leggevo nei giorni scorsi alcuni risultati scaturiti dal rapporto annuale 2017 sul mercato mondiale delle materie prime preparato dal “pensatoio” francese Cyclope. Mi hanno colpito in modo particolare due dati: nel 1985 (31 anni fa) la produzione mondiale di granella (cereali, riso ed oleaginose) è stata di 1,4 miliardi di tonnellate; nel 2016 è aumentata a 3,1 miliardi di tonnellate.

Vorrei proporre a questo punto la seguente amara riflessione. Quale percentuale di tecnici agricoli, con tanti anni alle spalle di studi e di impegno professionale, può ragionevolmente affermare di aver fornito un contributo seppur minimo (anche solo infinitesimale) a tale progresso?

Rispondo a titolo personale, per non rischiare di offendere colleghi che effettivamente hanno o pensano di aver dato un contributo al progresso innovativo in agricoltura. Quando rifletto sulla mia personale storia professionale, iniziata peraltro attorno al 1985, traggo la conclusione di aver lavorato forse esclusivamente a servizio della burocrazia agricola e non per l’innovazione che è il formidabile motore per il progresso e la prosperità del settore.

Il progetto FIDAF, ARDAF e Ordine degli Agronomi di Roma, al quale in particolare Luigi Rossi ha creduto dal primo momento, è stato per me una occasione di riscatto e – in un certo senso – di risveglio dell’orgoglio di appartenere alla ampia categoria delle professionalità in agricoltura.

Con il corso IB nell’ambito dell’approccio del PEI AGRI diamo la possibilità a diversi colleghi di contribuire in modo virtuoso al progresso del settore e della società in generale.

In conclusione, vorrei attirare l’attenzione sulla necessità che le alte professionalità impegnate in agricoltura e i loro organi di rappresentanza lavorino ancora più intensamente sul filone dell’innovazione, con altri progetti, magari più ambiziosi rispetto al contributo che è stato dato con l’iniziativa degli IB. Ecco di seguito alcune suggestioni, ancora allo stato embrionale sulle quali credo si possa lavorare.

In primo luogo c’è da affrontare la difficilissima sfida di migliorare l’accettazione sociale dell’innovazione tecnologica in campo agricolo, anche combattendo in maniera coraggiosa ed aperta, senza indietreggiare di fronte ai tanti che manifestano pregiudizi su tale aspetto. In Italia purtroppo c’è una vasta gamma di specialisti manipolatori dell’opinione pubblica, nei confronti dei quali c’è arrendevolezza e scarseggia la voglia di opporre resistenza.

Inoltre è necessario che individualmente e con le associazioni di rappresentanza si proceda con l’ideare, il progettare ed il partecipare ad iniziative per la circolazione delle innovazioni e per la loro applicazione nella pratica. Un’idea sulla quale per esempio ci si potrebbe esercitare è quella di impegnarsi a costituire, a livello nazionale, una banca dati sull’innovazione tecnologica in agricoltura e nell’agroalimentare.

L’ultimo suggerimento lo prendo in prestito dalla recente edizione del Forum Globale per l’Innovazione in Agricoltura che si è svolto all’inizio di maggio ad Utrecth. È nostro dovere “promuovere un modello visionario e collaborativo per l’innovazione in agricoltura”. Chi meglio e più opportunamente di noi può svolgere tale missione?

Roma, 24 maggio 2017

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Mirbeau's Garden the Terrace - Camille Pissarro
Mirbeau’s Garden the Terrace – Camille Pissarro

Redazione Fidaf

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