L’agricoltura come interesse nazionale
La caduta del governo presieduto dal prof. Draghi e la susseguente fine anticipata della legislatura hanno suscitato impressioni e commenti di vario genere tra gli osservatori nazionali e stranieri e nell’opinione pubblica.
Non compete a chi scrive entrare nel merito di valutazioni specifiche sulla situazione politica, anche perché la Società Agraria di Lombardia -per una radicata tradizione di cui siamo legittimamente orgogliosi- si è sempre mantenuta estranea ad ogni contesa di parte.
Corre tuttavia l’obbligo di fare alcune preoccupate osservazioni, tanto più doverose per una istituzione culturale ed accademica come la nostra. Come osserva in un editoriale l’amico Alberto Mingardi, direttore dell’Istituto “Bruno Leoni”, compete anche ad accademie e centri studi il dovere di cercare di mettere al centro del dibattito politico temi concreti e progettualità realistiche, da cui la propaganda partitica spesso rifugge per inseguire slogan tanto facili quanto vuoti.
Ciò vale anche e soprattutto per i temi legati all’agricoltura. La caduta del governo ed il conseguente “vuoto” elettorale pongono l’Italia in condizioni di particolare debolezza nella decisiva fase negoziale della nuova PAC e nella definizione del relativo PSN. A questo passaggio il nostro Paese e la nostra agricoltura rischiano di presentarsi con un ministro politicamente ancor più debole che in passato, a prescindere da ogni considerazione sul non eccelso spessore di molti tra i più recenti titolari del dicastero di via XX Settembre.
D’altro canto le situazioni emergenziali attualmente concomitanti -l’emergenza sanitaria, ancora non del tutto superata, quella determinata dagli eventi bellici, e quella derivante dall’avverso andamento climatico- fanno ad un tempo risaltare i rischi per la nostra sicurezza alimentare (oltre che energetica) e la fondamentale importanza strategica di una agricoltura produttiva forte, moderna ed efficiente.
Sarebbe grave se tali temi non fossero al centro dell’agenda delle forze e delle personalità politiche che si candideranno a governare il Paese.
Ancor più grave sarebbe se -in nome di quel “malinteso ambientalismo” magistralmente stigmatizzato dall’amico prof. Dario Casati in un suo scritto per l’Accademia dei Georgofili che costituisce ormai una “pietra miliare” nel pensiero agrario attuale- temi così importanti e decisivi venissero trascurati o peggio sviliti ed osteggiati per inseguire ondate demagogiche e derive antiscientifiche venate di “ecologismo” pauperista ed ideologico, ma con un forte e fuorviante appeal su larghi settori dell’elettorato.
Lo Statuto della nostra Società Agraria ci ricorda che “…Essa si propone altresì di studiare e discutere i problemi generali di politica agraria della Nazione”. I problemi da affrontare e su cui discutere sono numerosi ed evidenti. Si potrebbe iniziare a discutere di un diverso inquadramento della Politica Agricola Comune -la cui riforma, incentrata sulla discutibile strategia “Farm to Fork”, appare fallimentare ancor prima di essere partita- e che necessiterà probabilmente di una rapida revisione che riporti all’attenzione di tutti concetti come produttività, innovazione e sicurezza degli approvvigionamenti. Si dovrebbe più in generale discutere di libertà di impresa, di libertà di ricerca e di investimento per affrontare le sfide tecnologiche, alimentari e climatico-ambientali che non semplicemente si prospettano, ma che stiamo già vivendo. Si dovrebbe discutere e decidere con razionalità e pragmatismo su temi concreti per i quali i nostri imprenditori agricoli ed agroalimentari più aperti, i nostri ricercatori più brillanti, i nostri tecnici più attenti, sono già al lavoro, spesso frenati, disillusi e disanimati da una politica evanescente quando non avversa.
La Società Agraria di Lombardia -ben consapevole dei propri limiti per così dire “dimensionali” e “quantitativi”, ma forte delle sue gloriose tradizioni e di un non comune patrimonio di professionalità e competenze- si mette a disposizione (aperta ad azioni sinergiche con l’UNASA e le altre istituzioni che perseguono il progresso dell’agricoltura), per affrontare e discutere i temi che riguardano un futuro realmente “sostenibile” (tanto sul piano economico e sociale che sul fondamentale piano ambientale) per la nostra agricoltura, il nostro sistema agroalimentare ed in ultima analisi per la nostra collettività.
Chi a livello politico vorrà affrontare questi temi troverà nella Società Agraria un interlocutore aperto al confronto concreto, improntato ad un approccio sistemico, alieno da pregiudizi e posizioni apodittiche. Ma soprattutto attento all’agricoltura produttiva, quella vera, non quella “da cartone animato” con cui forse si fa propaganda ma…non si mangia.