L’agricoltura biologica non ci può salvare. L’editing del genoma sì

Da “La Lettura”, supplemento del Corriere della Sera di domenica 29 maggio 2016, ripubblichiamo l’intervista di Anna Meldolesi a Sanjaya Rajaram. Nato in un villaggio agricolo dell’Uttar Pradesh in India da un’umilissima famiglia, Sanjaya Rajaram è stato incoraggiato a studiare risultando uno dei migliori studenti del suo distretto e arrivando a laurearsi in agronomia. Ha sviluppato circa 500 nuove qualità di grano coltivate in una cinquantina di paesi.

Non scrive pamphlet con facili ricette per un mondo migliore. Ha passato più tempo nei campi che a sedurre platee. Ma che siano in pochi a conoscere Sanjaya Rajaram – e in tanti Vandana Shiva – è il sintomo di una malattia culturale. Questo agronomo indiano, vincitore del World Food Prize 2014, ha raccolto il testimone di Norman Borlaug, Nobel per la pace e padre della Rivoluzione verde che, nella seconda metà del secolo scorso, ha raddoppiato la produzione di cereali in buona parte del globo, grazie a sementi migliori, irrigazione, fertilizzanti e pesticidi. Rajaram ha sviluppato 500 nuove varietà di grano coltivate in 51 Paesi. E’ venuto in Italia per il forum mondiale per la ricerca e l’innovazione promosso dalla regione Emilia Romagna.

Ci sono 795 milioni di persone che non mangiano abbastanza. Colpa della politica o di siccità, alluvioni, epidemie?
La maggior parte degli affamati è senza lavoro e senza terra. Vivono in aree remote prive di accesso al mercato e non hanno l’istruzione di base per sviluppare competenze. Anche se in molti Paesi avrebbero abbastanza cibo per nutrire tutti, mancano le politiche per distribuirlo. Nell’immediato servono accordi speciali per fornire gratuitamente beni di prima necessità e alleviare la fame croniaca ma sul lungo periodo sono essenziali i programmi di educazione…
Prudhoe Castle Northumberland, William Turner
Prudhoe Castle Northumberland, William Turner

Redazione Fidaf

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