L’agricoltura attende i giovani

L’agricoltura attende i giovani

Il diffuso processo di industrializzazione ha certamente trasformato la nostra società, soprattutto nell’ultimo secolo, creando un benessere che le generazioni precedenti non avrebbero potuto immaginare; e ha stimolato la convinzione che la situazione non poteva che migliorare, creando altro benessere, altre ricchezze, in modo infinito e indefinito.

Poi, al progresso industriale si è aggiunto quello tecnologico-informatico.

Abbiamo vissuto e stiamo vivendo questa esperienza, incontestabile, di cui dobbiamo riconoscere gli effetti benefici, ma della quale bisogna saper valutare anche limiti e rischi. C’è sempre un rovescio della medaglia. L’agricoltura – settore già definito “primario” – ha risentito, inevitabilmente, di tali mutamenti e ha conseguentemente inciso sempre meno sulla economia del Paese e sui livelli occupazionali.

Siamo sicuri che continuare a sostenere incondizionatamente questo processo sia conveniente ai paesi cosiddetti “sviluppati”, che hanno puntato i loro obiettivi e le loro risorse su fabbriche e tecnologie informatiche? Qualche valido motivo di dubbio c’è.

Proviamo a riflettere. La prima considerazione riguarda l’aspetto demografico. Si deve parlare di popolazione non più a livello di singoli Stati, bensì mondiale. La crescita demografica ha registrato – e continua ad avere – uno sviluppo esponenziale, con progressive accelerazioni. I demografi prevedono che entro il 2040 saranno superati i 9 miliardi, con un incremento del 30% rispetto ad oggi.

La parte dell’umanità afflitta da fame è ancora notevole. Cosa sarà quando le bocche saranno così considerevolmente cresciute?

Non è certo lo sviluppo industriale o tecnologico che può sfamare la gente. E’ compito dell’agricoltura affrontare e risolvere il problema. Come? Sviluppando ulteriormente le sue potenzialità, mediante il rafforzamento di tutte le opportunità.

La seconda considerazione riguarda il cambiamento climatico, di crescente rilievo, accompagnato da un degrado ambientale, che peggiora di stagione in stagione. Sono diffuse le convinzioni che attribuiscono all’inquinamento prodotto dall’uomo le cause del surriscaldamento del pianeta.

Una considerazione più specifica va fatta per l’indipendenza alimentare del nostro Paese, che va realizzata inevitabilmente anche mediante importazioni. Il parallelo della nostra dipendenza energetica dà una convincente dimostrazione di quanto sarebbe pericolosa una eccessiva dipendenza in campo alimentare, di fronte a scossoni che non è facile prevedere, ma che sicuramente non sono da escludere, dato il crescente “nervosismo internazionale”. Produrre di più “in casa” offre una migliore tranquillità alimentare, che non va trascurata.

Una considerazione conclusiva si ispira ad un principio di sicura attualità. La stabilità economico-sociale di un paese è condizionata da un’equa ripartizione tra i settori agricolo, industriale/tecnologico, servizi.

Il nostro Paese, pertanto, si salverà meglio se sarà in grado di aiutare l’Agricoltura a sviluppare ulteriormente le sue funzioni economiche e sociali, valorizzando soprattutto quelle più significative, riferite a nutrizione, ambiente, energia e salute. Per raggiungere tale obiettivo sono importanti due linee operative strategiche. La prima è una politica di sostegno e di garanzia a livello sia nazionale, sia comunitario. La PAC deve concretizzarsi in azioni coordinate, progressive ed efficienti, per valorizzare e non condizionare le risorse dei paesi interessati.

La seconda linea operativa e strategica dipende dalla volontà e dalla capacità della politica di dare stimolo e impulso ai giovani, affinché riscoprano il fascino dell’ambiente naturale in cui operano le aziende agricole; e ricordando che l’Agricoltura può offrire loro opportunità concrete, nei settori tutti – innanzi ricordati – nei quali essa si articola.

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Redazione Fidaf

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