La tracciabilità genetica della filiera enologica. Prevenire le frodi è possibile?

La tracciabilità genetica della filiera enologica. Prevenire le frodi è possibile?

Il vino rimane una delle bevande alcoliche più complesse e nel suo codice genetico si nascondono ancora alcuni segreti. Uno, in particolare: l’identità delle uve utilizzate per produrlo. E’ quanto emerge da un recente studio condotto dalla Fondazione Edmund Mach sui vini Brunello di Montalcino, Lambruschi Modenesi e Trentodoc, una delle più complete indagini sulla tracciabilità genetica dell’intera filiera enologica. Questa ricerca rappresenta un passo in avanti per la verifica del rispetto dei disciplinari di produzione che prevedono la purezza varietale o l’impiego di vitigni in proporzioni definite, aspetti questi che hanno delle implicazioni sia per la tutela della tipicità che per l’identificazione delle frodi.

Ottenere il profilo del DNA da foglie, tralci, uva o radici è una pratica consolidata per l’identificazione delle varietà di vite, mentre il riconoscimento delle varietà nel vino reale è ancora controverso. Prelevando campioni da numerose fasi di lavorazione dell’uva e dei mosti, fino ai vini commerciali, i ricercatori hanno dimostrato che durante il processo di fermentazione il DNA dell’uva diminuisce e alla fine subisce dei cambiamenti che ne ostacolano la lettura.
La sperimentazione è stata descritta nel Journal of Agricultural and Food Chemistry, una rivista dell’American Chemical Society, che riporta i risultati di due importanti ricerche finanziate dal Consorzio del Vino Brunello di Montalcino per la filiera produttiva del vino Brunello di Montalcino, e da AGER – Fondazioni in rete per la ricerca agroalimentare- per le filiere dei Lambruschi Modenesi e del Trentodoc…
Autoritratto come Bacco (Bacchino malato) - Caravaggio
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Redazione Fidaf

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