La Toscana per l’abolizione della pena di morte
l 30 novembre di ogni anno, la Toscana si festeggia, e a buon diritto.
Questa data infatti costituisce nella storia già aulica di questo splendido territorio, una espressione ulteriore di civiltà il cui merito è da ascriversi all’illuminato Granduca Pietro Leopoldo che nel 1786, il 30 novembre appunto, dichiarò, primo al mondo, abolita la pena di morte.
Ai più è senz’altro noto tutto ciò; forse però meno noto è ciò che l’Accademia dei Georgofili, 80 anni dopo ad Italia unita, perorò calorosamente e appassionatamente in questo contesto.
Il 12 maggio 1861 infatti, in occasione di una pubblica ordinaria adunanza il Georgofilo, giurista ed archivista Francesco Bonaini presentava una lunga memoria dal titolo Della pena di morte, e come, nella nuova ricostituzione dell’Italia, convenga chiedere al Parlamento Nazionale che non sia scritta nel futuro Codice, perché contraria ai principii della giustizia ed alla civiltà nella quale ripercorrendo le tappe storiche che avevano visto l’alternanza fra abolizione e ripristino della pena capitale, riscontrava nell’atto emanato dal Granduca sul finire del secolo XVIII, l’esemplificazione più palese dei “costumi civilissimi” della Toscana.
Una vera e propria “lezione” questa del Bonaini che si apriva ricordando l’amico Vincenzo Salvagnoli, compagno di studi nell’università pisana, appassionato difensore delle dottrine del Beccaria, fautore dell’indipendenza dell’Italia che appena poté vedere perché pochi giorni dopo la proclamazione dell’avvenuta unità nazionale, Vincenzo Salvagnoli non era più…