La sua abbondanza ne sancisce la crisi. Il Petrolio è Finito
Questo articolo, apparso recentemente su “Industria Energia” esamina i fattori che stanno dietro l’inarrestabile discesa del prezzo del petrolio, per concludere che questa volta non si tratta del tradizionale andamento ciclico del suo mercato, ma di una crisi irreversibile, che lo porterà ad essere sostituito dal gas naturale, così come a sua volta ha sostituito il carbone. Un destino ineluttabile, che, secondo Gavagnin, non potrà essere contrastato neppure dai prezzi bassi, peraltro ormai necessariamente contenuti entro il tetto massimo oltre il quale torna ad essere economicamente conveniente lo shale oil americano. Si tratterà dunque di gestire questa transizione, ad evitare che avvenga nel panico dei mercati e causi fallimenti a catena.
Il petrolio è finito, ma non sono ovviamente finite le molecole di petrolio. Anzi, il problema del petrolio è proprio che ce n’è troppo. Talmente tanto che scotta tra le dita, i produttori non lo stanno vendendo, se ne stanno liberando. Come i pacchetti azionari nella Wall Street del 1929!
Cederlo a qualunque prezzo per continuare a dare comunque un valore ai giacimenti, quelli che giustificano i finanziamenti e il possesso da parte delle banche delle azioni delle compagnie petrolifere. E che finanziano i bilanci degli Stati produttori. Un brivido corre lungo la schiena dei banchieri: e se i giacimenti di petrolio fossero ormai investimenti stranded? Costi irrecuperabili?
Molti analisti ci ricordano che è sempre stato così, che il mercato del petrolio è ciclico, che a una fase di abbondanza con prezzi bassi e pochi investimenti è sempre seguita una fase di scarsità con prezzi alti e ritorno degli investimenti. Finanziati dalle banche, sicure del rialzo dei prezzi, magari basati su contratti di acquisto con prezzi definiti per 20-30 anni, oggi improponibili…