La roadmap delle Smart Cities

Rendere “smart” le città significa sottoporle a un insieme coordinato di interventi che mirano a renderle più sostenibili dal punto di vista energetico-ambientale, per la qualità dei servizi assicurati ai cittadini, per la partecipazione sociale indotta, per i nuovi servizi offerti e le iniziative economiche innescate. I programmi europei e le iniziative nazionali, qui descritti, assicureranno una spinta propulsiva alla realizzazione di città sostenibili

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La definizione di Smart Cities

A partire dalle prime definizioni di smart cities [1](Giffinger ed al., 2007), e [2](Hollands ed al., 2008) si sono succedute molte definizioni del termine che, proprio per il carattere multidisciplinare che l’argomento riflette, risente di diversità di linguaggi ed obiettivi. Per questo non è possibile dire che esista ad oggi una definizione univoca universalmente riconosciuta.

In termini sintetici, le molte definizioni di smart cities sottintendono un insieme coordinato di interventi che mirano a rendere le città più sostenibili. Innanzitutto da un punto di vista energetico-ambientale, attraverso scelte e tecnologie che permettono di risparmiare energia, di utilizzare energia rinnovabile sia nelle nostre case quanto nelle strade; da un punto di vista funzionale, assicurando qualità dei servizi urbani nel rispondere alle richieste degli utenti e nello sviluppare capacità di adattamento. Ma la sostenibilità è intesa anche nella qualità stessa della vita a partire dallo sviluppo della partecipazione sociale, elemento fondante del “senso di comunità” (“smart communities”) e nell’indotto produttivo collegato ai nuovi servizi. Infine la sostenibilità è intesa anche nel senso di capacità della città di pianificare una crescita coordinata, preservare un corretto rapporto con il verde, reagire in modo coordinato e flessibile alle emergenze ambientali come a quelle dovute ad attività umane, garantire la sicurezza sotto tutti i punti di vista. Per realizzare questo “collante” tra tante tematiche si fa ampio utilizzo di tecnologie ICT (informazione e telecomunicazione) e soprattutto di “intelligenza” e di capacità di progettazione sistemica, da cui l’aggettivo “smart”. Tale integrazione poggia infine sulla capacità di costruire “modelli di business” che possono auto-sostenersi economicamente combinando risparmi energetici, offrendo nuovi servizi e condividendo infrastrutture ICT fra molte applicazioni.

Il contesto europeo di riferimento e le iniziative nazionali

Una delle spinte più forti allo sviluppo delle smart cities a livello europeo viene dallo Strategic Energy Technology Plan (SET Plan) che identifica le smart cities come una delle sette priorità di investimento assegnando una stima di investimento di 10-12 MLD di euro [3]( COM(2009) 519) alla Smart City Industrial Initiative. Tale contesto risente della finalizzazione energetica anche se il tema energetico è trattato in modo molto ampio (edifici, fonti rinnovabili, reti urbane di varia natura, trasporti ecc.). Un altro versante che sta producendo notevole movimento, in particolare sulla scena italiana, è l’Agenda Digitale (COM(2010) 245 del 26 agosto 2010) per cui il decreto del Ministro dello Sviluppo Economico del 1 marzo 2012, ai sensi del decreto-legge del 9 febbraio 2012, n. 5 art. 47, istituisce la Cabina di Regia della Agenda Digitale Italiana (ADI).

Nel 2010, sotto la spinta del Set Plan, si è formato il consorzio europeo European Energy Research Alliance (EERA, [4]) che ha lo scopo di accelerare lo sviluppo delle nuove tecnologie per l’energia attraverso la creazione e l’implementazione di Joint Research Programmes allo scopo di rafforzare, espandere ed ottimizzare le capacità di ricerca sui temi dell’energia. Il consorzio EERA, fondato inizialmente da dieci istituzioni nazionali, ha via via raccolto la rappresentanza di tutti i paesi dell’Unione Europea. Il consorzio si è articolato in un certo numero di gruppi di lavoro tematici. In novembre 2012 è stato approvato e lanciato ilJoint Programme Smart Cities. Il Joint Programme Smart Cities al momento è la rete di ricerca più importante in Europa su questa tematica, contando su circa 200 anni uomo per anno per i prossimi 4 anni a partire dal 1 gennaio 2012. Il Programma è stato articolato in quattro area di lavoro:

  • Energy in Cities (Coordinato da AIT, Austria);
  • Urban Energy Networks (Coordinato da ENEA, Italia);
  • Interactive Buildings (Coordinato da SINTEF, Norvegia);
  • Urban City Related Supply Technologies (Coordinato da TNO, Olanda).

In ambito italiano, sotto l’egida del Joint Programme Smart City, è stato creato un network di ricerca formato da 12 istituti di ricerca (tra cui ENEA, CNR e le principali università italiane) e quattro aziende (ENEL, Telecom, Ericsson, Loccioni). Questo network è coordinato da ENEA. Tali enti di ricerca si stanno integrando, come gruppo tematico operante sulle Smart Cities, nel contesto di una rete di ricerca italiana più ampia (AIREN) connessa alla rete europea EERA.

Accanto al Joint Program Smart City e sempre sotto l’ombrello del SET PLAN, si sta sviluppando la rete industriale europea. La Smart City Stakeholders Platform lanciata nel 2012, riunisce i principali attori industriali al fine di aggregare le richieste di finanziamento verso la comunità europea intorno a tematiche condivise. Tale iniziativa è molto importante dal punto di vista dello sviluppo delle filiere europee in quanto non è pensabile che la smart city possa essere “fornita chiavi in mano” da una azienda ma si tratta di definire standard e regole per la costruzione di mosaici molto complessi prodotti da vaste filiere industriali. In Italia si sta formando una rete industriale organizzata da Confindustria che ha costruito insieme ad ENEA ed RSE una Task Force sulle Smart Cities (avviata nel 2012) di cui più avanti viene illustrato il contenuto.

Il terzo versante che si sta sviluppando è quello degli Stati membri. La Smart City Member State Initiative avviata nel 2012, unisce i 27 Stati membri e si prefigge lo scopo di mettere in condivisione strategie di sviluppo della smart city e le esperienze effettuate nei vari paesi. È uno strumento di collegamento tra governi e realtà di ricerca e per questo si collega con il Joint Programme Smart City di EERA. Il lavoro della MS Initiative si sta concentrando nella analisi dei progetti principali in corso nei vari stati nella elaborazione di un sistema di valutazione dei progetti stessi.

Su uno spettro più ampio rispetto ai temi energetici si collocano una serie di iniziative di carattere sociale che vengono riferite ancora ai temi delle smart cities. Il Joint Programming Initiative Urban Europe, partecipato da stati membri ed associati, converge su iniziative di ricerca coordinata che siano in grado di contribuire allo sviluppo della forma urbana in tempi di cambiamento globale. L’approccio – integrativo ed interdisciplinare – è di tipo orizzontale sui temi (4 pilastri) della economia, della società, dei trasporti e dell’ecologia in modo da consentire la ricucitura dei temi attinenti alla città in una visione che promuova le interazioni tra ricercatori, policy-maker, imprese e società civile determinando un approccio innovativo eimpact-oriented. Urban Europe pone come prioritaria l’esplorazione dei 4 pilastri dello sviluppo urbano in un orizzonte temporale di ampio respiro (2020-2050), delineando un JPI il cui intento è quello di produrre risultati di ricerca in grado di sostenere la creazione di aree urbane europee dove l’elevata qualità degli standard rendano gradevoli i luoghi in cui vivere e lavorare al fine di consentire all’Europa di diventare una guida per lo sviluppo urbano.

Uno dei versanti più attivi in Europa è sicuramente quello delle città. Il Covenant of Mayors (Patto dei Sindaci) ha avuto in Italia un grande successo (2038 Comuni aderenti su un totale di 4043 in Europa) dimostrando una grande sensibilità delle amministrazioni locali verso i temi della efficienza energetica e delle fonti rinnovabili. Tale organizzazione, sostenuta in Italia da molte associazioni di comuni e provincie (tra cui ANCI ed UPI) sta avvicinandosi sempre più alle tematiche della smart city perché si intravede nell’approccio sistemico, la strategia più significativa di trasformazione coordinata della città nella direzione dello sviluppo sostenibile.

Nel panorama delle città di grandi dimensioni alcune stanno giocando un ruolo pioneristico molto importante tra cui va citata sicuramente Genova (che ha vinto diversi progetti europei sulle smart cities), Torino, Bari, Firenze e L’Aquila che hanno già avviato programmi di sviluppo smart city. Molte altre stanno avviando in questi mesi progetti significativi su cui cercare finanziamenti.

Infine va citata l’intensa azione governativa che ha visto in questi mesi porre al centro della azione di governo il tema della smart city dove è stato avviato un programma di ricerca di circa 1 miliardo di euro (MIUR, Bandi PON REC, Cluster Industriali). Si tratta di una poderosa spinta mobilizzatrice inspirata al principio dello stimolo della offerta sulla base di progetti di filiera di ampie dimensioni e mirati non tanto alla tecnologia ma alla applicazione urbana. Il bando PON REC appena concluso ha generato più di 100 idee progettuali. Si tratta di un portafoglio di idee che non potrà essere interamente finanziato, né manifesterà elevata qualità in tutti i progetti, ma nel suo insieme rappresenta una spinta alla costruzione progettuale anche in preparazione dei bandi europei previsti all’interno del contenitore di ricerca Horizon 2020 dove il tema smart cities sarà molto ben rappresentato e la competitività europea sarà molto elevata.

I paradigmi della Smart City

L’approccio olistico della smart city ha stimolato lo sviluppo di nuovi paradigmi che si sono affiancati a quelli più consolidati della efficienza energetica e dello sviluppo sostenibile. In particolare tali paradigmi tendono ad armonizzare lo sviluppo sostenibile con una crescita della partecipazione sociale (“smart communities”) e della sostenibilità dello stesso contesto urbano. Nella maggior parte dei casi tale opportunità viene colta attraverso un avanzato utilizzo delle tecnologie ICT e della connettività.

Ciò che differenzia l’approccio “smart city” rispetto al passato è quello di vedere in una unica cornice tanti aspetti che fino ad oggi sono stati affrontati separatamente. Si pensa alla città come ad un insieme di reti interconnesse, quali la rete dei trasporti, la rete elettrica, la rete degli edifici, la rete della illuminazione, la rete delle relazioni sociali, la rete della pubblica illuminazione, dell’acqua e dei rifiuti e così via. L’integrazione di tali reti in un disegno coordinato è quella che rende possibile nuovi servizi impensabili fino al decennio scorso ed apre possibilità di trasformazione progressiva della città.

Uno degli aspetti centrali si focalizza sulla idea che il cittadino possa partecipare attivamente alla modellazione progressiva della città sui propri bisogni (“user produced city”). Questa idea si basa evidentemente su una accezione dinamica, elastica ed evolutiva della città in cui la pressione evolutiva sia fondata sulla continua interazione dei cittadini. La realizzazione di questo concetto è tutt’altro che semplice poiché richiede alcuni passi fondamentali: 1) che il cittadino possa avere la possibilità di una facile interazione; 2) che esista una infrastruttura sensoristica, ICT e modellistica in grado di raccogliere in tempo reale il bisogno e predire la richiesta del cittadino; 3) che esista la possibilità di riarticolare i servizi in modo dinamico per far fronte alla richiesta. Quest’ultimo punto è forse il più impegnativo perché implica servizi flessibili ma è la chiave di volta per mettere in moto il meccanismo della “resource on demand” ossia fornire il servizio esattamente nel luogo, nel tempo e nella intensità richiesta. È questo il punto di contatto fra tematiche energetiche e tematiche sociali perché indubbiamente l’ascolto del cittadino ne stimola la partecipazione; la accuratezza nello spendere le risorse è la via per l’efficienza energetica (si pensi alle applicazioni di “energy on demand”, “mobility on demand”, “lighting on demand”). È inoltre il punto di convergenza di aspetti legati alla replicabilità dei progetti in quanto uno degli elementi base che insieme alla vendita dei nuovi servizi, ne permettono il ritorno economico e quindi rendono realisticamente definibile l’intervento come “modello” per la trasformazione della città.

Questo insieme di aspetti tecnologici potrebbero essere definiti come le tecnologie “abilitanti” per lo sviluppo della “City 2.0”. Questo termine, mutuato dal “web 2.0”, sta ad identificare un valore collettivo che si crea sulla base della interazione di tante persone. Questo necessita di una capacità di creare il contesto urbano e sociale adatto a favorire l’evoluzione della città e richiede pertanto una vera e propria capacità di “urban designer” inteso non soltanto dal punto di vista infrastrutturale ma anche funzionale. Si tratta di una figura professionale che si sta sviluppando in questi anni ma ancora non è stata codificata dal punto di vista teorico.

Il tema delle nuove tecnologie e dei nuovi servizi non può essere trattato in modo neutro ma va affrontato in una prospettiva diversa da quanto successo finora con le tecnologie ICT. Dal punto di vista sociale, l’impatto di tali tecnologie è stato controverso e la grande promessa del miglioramento della qualità della vita grazie alla grande disponibilità di informazione è stata parzialmente attenuata da una tendenza all’isolamento che è andata di pari passo con l’allentamento della relazione tra uomo ed ambiente e la crescita della complessità della vita di tutti i giorni. Questo aspetto può essere ascritto ad un atteggiamento individuo-centrico dove le relazioni persona-società, persona-persona e persona-Sé sono alterate dalla dinamica del possesso di beni materiali, potere ed immagine sociale. Paradossalmente in un’era dominata dalla nuova connettività, l’uomo sembra più isolato di prima e più confinato all’interno di stereotipi consumistici.

Molte delle tecnologie ICT, di cui abbiamo assistito all’avvento, hanno grandi potenzialità nel rinforzare la coesione sociale (il telefono, la radio, la televisione, le automobili, i cellulari, i giochi elettronici, internet, l’amministrazione digitale), eppure l’uso o meglio l’ab-uso che ne viene fatto oggi ha in molti casi deviato dalla potenzialità originaria. Tutto sembra rispondere ad una richiesta sociale di “tecnologia per l’assenza” ossia di tecnologie che spingono la persona ad “assentarsi” dalla realtà che li circonda attraendone desiderio e tempo aldilà di ogni ragionevole aspettativa. Passare molte ore davanti ai programmi spazzatura o ai videogiochi con molti utenti web o nelle chat non ha più il senso dell’intrattenimento o dello scambio ma semmai produce distacco fisico dalle altre persone e da se stessi scivolando in una sorta di realtà virtualizzata con una sempre più profonda assimilazione degli stereotipi consumistici e globalizzati uguali in buona parte del mondo.

A questo si contrappone il “modello glocal” ossia una corretta armonizzazione dei modelli globali con la rivalutazione delle specificità, identità e ricchezza dei modelli locali [4]( Zygmunt Bauman, 2005). In questo senso il termine “smart communities” è in grado di evocare il recupero e valorizzazione della identità locale senza porla in conflitto con i modelli globali. Le tecnologie ICT sono state ancora poco valorizzate al livello locale eppure è a questo livello che potrebbero giocare un ruolo molto importante per aumentare la partecipazione sociale ed il “senso di comunità”. A questo livello la connettività assume un valore fondamentale, quello di avvicinare la relazione virtuale a quella fisica, facendo in modo che anziché surrogare il contatto fisico ne rappresenti un ampliamento. È questo il concetto della “città ibrida” (“Hybrid City” [5](Streitz, 2010)) in cui la dimensione virtuale e quella reale sono molto più interconnesse da un punto di vista spaziale e relazionale.

Da queste premesse risulta evidente come l’opportunità che si sta creando è quello di un insieme di tecnologie ICT espressamente orientate alla soddisfazione di reali bisogni dell’uomo ed al miglioramento della qualità della vita nello spazio urbano. Per questo, tali tecnologie vengono indicate come “human oriented technologies” dirette verso lo sviluppo della espressione, comprensione e soddisfazione del bisogno immediato e della partecipazione ed inclusione sociale.

Nello spazio urbano è possibile creare nuovi modelli di interazione persona-ambiente che potrebbero avere la specifica finalità di creare scambio, coesione, informazione in contesti ibridi tra incontro fisico ed incontro nella rete virtuale. Molti oggetti urbani attualmente mono-funzione possono divenire multifunzionali. I lampioni della illuminazione pubblica possono diventare intelligenti ed ospitare sistemi multisensoriali (traffico, qualità dell’aria, sicurezza, attività) così come chioschi, fermate e paline dell’autobus o panchine (“interactive city”).

Perfino gli edifici pubblici possono essere dotati di una “pelle interattiva” per permettere comunicazione a distanza, dare informazioni, creare punti di incontro o di supporto sociale o di creazione collettiva. Il sistema della mobilità sembra avere nelle corde automobili e mezzi pubblici non inquinanti che dialogano tra loro e con le strutture stradali.

Nello spazio domestico le “smart homes” promettono “smart appliances” (efficienti e con capacità di interazione coordinata nella abitazione), supporto per la conduzione energetica della abitazione, supporto per la sanità della persona (e-health) e per le fasce di popolazione più deboli (anziani, malati) mentre negli uffici i temi energetici si fondono con un livello di comfort garantito.

A livello di città sistemi di supporto alle decisioni poggiati su reti di monitoraggio possono garantire molto più efficacemente la sicurezza e la funzionalità delle reti urbane, una migliore capacità di pianificazione, mentre servizi flessibili (illuminazione pubblica, trasporto, smart grids, acqua, rifiuti, rete del gas) potranno generare risparmi energetici ed utilizzo di fonti rinnovabili secondo il principio della “resource on demand”. Infine le infrastrutture per la connettività potranno giuocare ruoli significativi sia a livello di maggiore partecipazione del cittadino alle scelte della città attraverso l’evoluzione del rapporto tra cittadino e Pubblica Amministrazione (i.e. l’e-government) e sia a livello locale sviluppare le comunità smart a livello di quartiere e di condominio stesso creando il contesto di scambio per il recupero della identità storica e l’emersione dei nuovi movimenti culturali.

In generale il paradigma dello sviluppo sostenibile può essere la chiave di volta perché, per sua natura, mira a ricostruire attenzione e cura nel rapporto tra – persona ed ambiente -. Aggregare a questo paradigma forme di attenzione e cura per il rapporto tra – persona e città – e – persona e comunità – è quindi una logica adiacenza come lo stesso rapporto tra – persona e persona -. Si tratta di forme di relazione da ascrivere alla attenzione verso un “patrimonio comune”.

Tale percorso non è immune da pericoli e per cui occorre fare molta attenzione e sviluppare un senso critico rispetto alle tecnologie utilizzate, poggiando sempre tali analisi sulla base di una reale accettazione sociale. Tra i pericoli più importanti c’è sicuramente il grande tema della gestione dei dati. Una gestione poco attenta e lasciata senza regole normative di garanzia, liberamente in mano ad aziende private ovvero con tecnologie insufficienti di protezione, può generare invasione dello spazio privato, profilazione dell’utente a scopi commerciali non esplicitati e violazione del diritto alla privacy. Un secondo tipo di pericoli è implicito nel fatto che l’integrazione tra reti urbane di diversa natura, se realizzata con tecnologie insufficienti rischia di introdurre criticità della infrastruttura ossia guasti e malfunzionamenti che si propagano da una rete all’altra bloccando la città. Infine un terzo tipo di pericolo è insito nella scarsa replicabilità dei progetti su scala cittadina, sia per motivazione di ordine tecnico (i.e. per scarsa interoperabilità), di accettazione sociale o del mercato e sia per impossibilità di avere un bilancio economico corretto tra investimenti e ritorni economici. Tratteremo più estesamente tale pericolo nel successivo paragrafo. La esplicitazione di tali pericoli dovrebbe comunque indurre a comprendere che il mestiere dello “smart city designer” sarà piuttosto articolato e multidisciplinare dovendo cogliere opportunità di sviluppo ma anche dovendo evitare le molte trappole di cui tale cammino è cosparso.

La roadmap della Smart City e la metrica progettuale

Errori che spesso vengono fatti in tema di smart city è quello di collocare la realizzazione delle smart citiessu tempi molto lunghi (30 anni) ovvero su tempi molto brevi (3-5 anni) assumendo di fatto le attuali innovazioni settoriali come esempi di interventi di smart city. Occorre abbandonare tale idea ed immaginare che la smart city sia piuttosto una roadmapcon obiettivi e progetti diversi realizzabili ogni 2-3 anni. Ognuno di questi “progetti tipo” sarà caratterizzato da soluzioni tecnologiche che dovranno essere sviluppate, dimostrate su piccola scala ed infine estese all’intera scala urbana quando (e se) avranno raggiunto la maturità tecnica sociale ed economica verificata dal dimostrativo. Trattandosi di una stratificazione temporale di interventi è necessario che il piano complessivo sia ben definito almeno sulle “regole di ingaggio” di nuovi progetti. Occorre cioè fissare delle regole di interoperabilità tra i progetti, dell’accesso, proprietà e protezione dei dati, di parametri di valutazione dei risultati.

In questa prima fase di sviluppo delle smart cities la progettazione è stata invece piuttosto convulsa generando una fioritura di molti progetti di natura diversa e con soluzioni tecnico-economiche alternative.

Nella maggior parte delle volte si tratta di progetti settoriali, operanti cioè soltanto su una specifica applicazione verticale e con tecnologie “chiuse”. Generalmente si assiste ad una progettazione iniziale molto ambiziosa che va via via riducendo i propri obiettivi nella fase realizzativa fino a diventare una lieve variante rispetto all’approccio tradizionale per mancanza di fondi o tecnologie. In altri casi si assiste allo sviluppo di dimostratori molto interessanti ma con costi tali da rendere impossibile qualsiasi replicazione a meno di ingenti finanziamenti da fondi di ricerca.

È quindi di fondamentale importanza sviluppare una capacità di “lettura” a priori dei progetti e dei loro risultati. Sviluppare tale capacità di lettura implica la definizione di una metodologia di valutazione, ossia una vera propria metrica del progetto. Su questo tema ENEA, in una task force con Confindustria e RSE, cui partecipano anche componenti del mondo finanziario e delle municipalità, sta sviluppando una metodologia formale di seguito brevemente descritta.

“Prendere le misure” ad un progetto di smart city significa innanzitutto rappresentare un insieme di punti di vista che corrispondono ai diversi attori coinvolti nel progetto. In prima approssimazione possiamo identificare questi attori principali:

  • l’end userche in generale sono la municipalità ed il cittadino ma possono anche includere attori privati (utilities urbane, aziende, …)
  • le aziende che implementano il progetto e gestiscono la infrastruttura realizzata
  • il sistema di finanziatori del progetto
  • l’amministrazione centrale e locale che realizza una policy.

Ognuno di questi attori inserisce “interessi” che è necessario formalizzare in indicatori o “descrittori” (“key performance index”) che possono essere qualitativi o quantitativi. In sintesi tali indicatori possono essere raggruppati nei seguenti insiemi:

  1. descrizione delle finalità, delle scale territoriali e degli stakeholderdel progetto
  2. descrizione delle tecnologie di riferimento utilizzate
  3. descrizione del “valore energetico ed ambientale”
  4. descrizione del “valore sociale”
  5. descrizione degli aspetti economico-finanziari (inclusi costi, tempi di ritorno degli investimenti, flussi di cassa ed analisi di rischio)
  6. descrizione delle prospettive di mercato.

Tale approccio può essere utilizzato a tutti i livelli, sia dalle municipalità nella pianificazione degli interventi in relazione alle proprie specificità, sia dalle aziende per comprendere la competitività ed attrattività della loro offerta, sia dal sistema finanziario per dirigere i propri finanziamenti, sia dal sistema della ricerca per collocare nel percorso di innovazione i propri risultati ed infine dall’amministrazione centrale e regionale. In questo ultimo caso un sistema di valutazione formale è essenziale per perseguire una strategia basata non più sul componente ma sul “progetto” e che quindi richiede una nuova capacità di selezione del progetto più efficace ed una capacità di creare un “osservatorio” per il monitoraggio dei progetti in corso e dei risultati che si vanno producendo.

L’utilità di tale approccio è insito nel metodo di valutazione dei “dimostratori”. Il dimostratore è generalmente considerato un passo essenziale nella roadmap affinché il progetto possa dimostrare la sua maturità in condizioni reali. Al momento esistono esempi interessanti di città che si stanno avviando a diventare “smart” (Amsterdam, Malaga, Londra, Seoul, Mazdar, Boulder Colorado, Kochi, Santander, Malta, Saragozza, Parades e diverse altre), ma non è ancora possibile dire che esista, in Italia o all’estero, un esempio integrato di città smart, per la quale occorrerà attendere molti anni ancora dati gli investimenti in gioco e le ambizioni tecnologiche infrastrutturali. Si possono, tuttavia, identificare realizzazioni dimostrative che a) realizzano alcune funzioni smart su una specifica rete a scala cittadina o b) realizzano ed integrano un gruppo di progetti “hot spot” su porzioni limitate della città. Tali azioni dimostrative risultano spesso frammentarie in quanto sviluppano soluzioni parziali non esportabili sul mercato se in uno specifico dominio ristretto. È quindi di fondamentale importanza che l’analisi degli indicatori di valutazione possa essere fatta ex-ante e confrontata con il calcolo più realistico fatto ex-post. Occorre valutare cioè la maturità del progetto a compiere il passaggio successivo, ossia quello di adottare la soluzione sviluppata quale modello per una replicazione di massa, cosa assai più difficile ed il rischio ricorrente è che il dimostratore rimanga un oggetto isolato.

Nella analisi di scenario progettuale che ENEA sta sviluppando, tali descrittori vengono utilizzati per descrivere i principali “archetipi progettuali” ossia tipologie di progetti ricorrenti definiti come “business case”. Per ognuno dei quali vengono definiti un certo numero di “archetipi progettuali”. Dall’analisi dei dati quantitativi degli indicatori calcolati per i vari progetti emerge un quadro complessivo che permette di “collocare” il tipo progettuale nello spazio degli indicatori. In relazione delle priorità assegnate ai vari indicatori (che dipendono dall’attore che promuove o finanzia o realizza o commissiona il progetto) è possibile articolare delle scelte progettuali su una base metodologica più solida.

Conclusioni

L’entusiasmo con cui il tema delle smart cities è stato accolto dalle città, dal mondo della ricerca e della pianificazione europea, cui ha fatto seguito la risposta delle aziende e delle amministrazioni centrali è forse il trend tecnico-sociale più interessante degli ultimi anni. Ma la direzione di sviluppo è ancora convulsa e non esente da rischi, le soluzioni integrate ancora indefinite, i modelli di business innovativi ancora soltanto sul piano delle possibilità senza un reale aggancio al mondo economico-finanziario.

Per rendere l’idea di quello che si sta verificando potremmo fare ricorso alla metafora biologica: stiamo assistendo ad una sorta di esplosione cambriana della biodiversità (della smart city) cui seguirà necessariamente una fase di selezione naturale (dei progetti), dove la pressione evolutiva è nel valore che tali progetti sviluppano e nei costi e rischi associati. Tale processo è molto dispendioso ed il rischio concreto è che ci sia un abbandono dopo i molti fallimenti che verranno. La migliore strategia in questo caso è quella di sviluppare, accanto ai progetti tecnologici ed industriali, una capacità di lettura del progetto ex-ante, da un valido sistema di osservazione durante lo sviluppo del progetto e di una capacità di lettura dei risultati ex-post al fine di guidare il processo evolutivo per ottenere la massima efficacia col minor numero di errori.

Tali valutazioni non possono essere fatte da un insieme omogeneo di stakeholder ma devono basarsi su tavoli condivisi in cui i punti di vista delle città e del cittadino, della ricerca, dell’industria, degli operatori finanziari e della amministrazione centrale siano presi in considerazione con uno sforzo sinergico nel creare un linguaggio ed un sistema di parametri condivisi. È questo ancora un aspetto molto interessante della “smart society” che si va creando, e forse il primo passo necessario della smart city: quello di una “connettività” molto più intensa tra i vari segmenti della società.

Bibliografia

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Lo schema della Smart City

La maggior parte dei progetti e delle discussioni emerse sulla scena internazionale possono essere ricondotti ad uno schema della città composto di tre livelli. Al primo livello troviamo la tematica del “City Government” dove risiede tutto il sistema di governo e di decisioni sulla città. Coinvolge la tematica della sicurezza, del monitoraggio dei rischi (cibo, ambiente), dei servizi al cittadino (e-Government), della pianificazione dello sviluppo urbanistico e trasportistico della città. Le metodologie più significative a questo livello sono i sistemi di supporto alle decisione. Ciò implica la capacità di monitorare ed elaborare tutte le variabili in gioco e disporre di una ampia serie di modelli tra loro collegati (energia, ambiente, trasporti, alimentazione) che permettono di avere una “fotografia” aggiornata di ciò che sta succedendo, predire gli effetti immediati (per la gestione delle emergenze) e quelli a lungo termine, dare orientamenti sulle possibili scelte. Attualmente si usa un termine per definire questo insieme di sensoristica e modellistica che va sotto il nome di “Living Labs”. L’importanza di tale approccio è quello di tenere insieme l’intero corpo di dati e modelli per travasarli da una tematica all’altra data la notevole intercorrelazione tra i vari aspetti della città.

Il secondo livello può essere definito come “City Operation” ed include tutti gli aspetti per la gestionereal time delle reti e servizi urbani. Include quindi le reti per la distribuzione della energia elettrica e gas, la rete degli edifici, la rete viaria e trasportistica, la rete della illuminazione pubblica, dell’acqua e dei rifiuti, la rete per la comunicazione digitale e telefonica, la rete per la sicurezza. Per ognuna di queste reti esistono attori (city utilities) che operano per la corretta gestione delle rete e delle loro funzionalità. L’approccio della smart city è quello di predisporre una infrastruttura urbana che sovraintende a tutte le reti. Tale infrastruttura è composta da sensor networks nella scena urbana 8ma anche negli edifici e veicoli), sistemi di trasmissione dei dati, un insieme di server per la raccolta, elaborazione e redistribuzione dei dati (open data, cloud computing) verso le applicazioni verticali delle varie utilities di gestione delle reti. Con questa architettura le utilities sono in grado, differentemente dal passato, di operare sulla base di dati relativi alla domanda della risorsa (“resource on demand”) collegandosi a domini adiacenti che influiscono sulla domanda del bene (i.e. illuminazione pubblica e traffico) condividendo tra tutti i costi della infrastruttura.

Il terzo livello è quello che può essere definito “City Life”. È l’insieme di servizi che utilizza il cittadino nella vita di tutti i giorni e coinvolge la sfera della vita sociale. È qui che viene giocata maggiormente la tematica delle smart communities. Parliamo di accessibilità alla informazione, trasparenza e coinvolgimento nelle decisioni di sviluppo della città, partecipazione, integrazione ed inclusione sociale. Alcuni temi sono di particolare importanza quali sanità, educazione, cultura, sicurezza, privacy. Le tecnologie coinvolte sono spesso sistemi di connettività evoluti tra cittadino e città, tra cittadino e strutture, tra cittadino e cittadino. Tale comunicazione può avvenire nel contesto urbano (smart phone, tablet pc, urban interaction) o nel contesto di edifici (smart homes, smart appliances, scuola digitale, e-health, ..)

Domanda e offerta nazionale sulle Smart Cities

La domanda più significativa viene oggi dalle municipalità, stimolate da un nuovo approccio alla trasformazione urbana che vede dialogare l’ente locale direttamente con la comunità europea come è il caso significativo del “Covenant of Mayors”. La domanda si differenzia in relazione alla dimensione ed alla vocazione cittadina. Nel caso delle grandi città, l’interesse verso queste tematiche e la realizzazione di progetti pilota “Smart City” è in rapida crescita. L’obiettivo è lo sviluppo di un modello di città innovativa, sostenibile e capace di attrarre investimenti. La domanda è quindi orientata sia alla realizzazione di infrastrutture urbane che di nuovi servizi ed è fortemente “innovation driven”.

Vi sono già ambiti ben riconoscibili di questa nuova tendenza delle grandi municipalità: progettare e realizzare vere e proprie “centrali di controllo digitale della città” (es: il “cruscotto urbano”), reti elettriche innovative e rinnovabili, funzionalizzazione delle reti energetiche urbane al servizio della mobilità (es. lo “smart lighting” per l’integrazione di illuminazione pubblica e mobilità), nuovi edifici pubblici ad alta efficienza fino alla dimensione di interi quartieri sostenibili. Anche il turismo, che è una delle linee economiche principali nel nostro paese, è al centro di idee e di innovazione, sia sul versante della mobilità urbana, dei centri storici, sia sulla definizione di nuovi servizi per la fruizione e la salvaguardia delle opere d’arte.

Nel caso delle medie e piccole città l’attenzione è rivolta alla riduzione delle principali fonti di spesa in particolare verso sistemi efficienti ed innovativi per la gestione dell’illuminazione pubblica, all’efficientamento del patrimonio pubblico edificato, all’integrazione di sorgenti di energia rinnovabili, ma anche al miglioramento della partecipazione del cittadino. In tutti gli approcci si sottolinea la necessità di coniugare innovazione e competitività. In questi casi, i limiti di spesa imposti dal Patto di Stabilità richiedono ai Comuni il ricorso a forme di finanziamento; gli investimenti e dunque le innovazioni devono conseguentemente avere tempi di ritorno dell’investimento limitati, a differenza delle grandi città per le quali è possibile promuovere progetti a medio termine con tempi di ritorno più lunghi. Queste diversità possono essere un vantaggio sul piano della metodologia di approccio al problema; le piccole città prediligono quindi una progettualità legata ad aspetti più concreti e competitivi (infrastrutture abilitanti, efficienza energetica, solido business model) mentre in combinazione con grandi centri urbani è possibile formulare progetti di sviluppo più ambiziosi, che integrino le tecnologie esistenti ma che siano anche proiettati verso orizzonti più innovativi necessari alla gestione di scenari più complessi.

L’offerta nazionale si sta articolando sotto la spinta di grandi player che, di fatto, integrano sistemi di PMI per l’erogazione di nuovi servizi; tra queste grandi imprese spiccano le aziende di utilities del settore elettrico e delle reti ICT. Tra le più attive sono quelle del mondo delle reti elettriche, quelle provenienti dal mondo delle reti di comunicazione e quelle provenienti dal mondo della informatica econsulting. Ad oggi solo alcuni grandi player (Telecom, IBM, ENEL) presentano una offerta “smart city” più consolidata ad un livello interessante di integrazione nel tessuto urbano energetico e nel settore dell’e-government. Molte le aziende produttrici di “sistemi verticali” e di componenti: i settori più coinvolti sono quelli della illuminazione pubblica, della automazione, della domotica, degli elettrodomestici smart, dell’automotive e mobilità (tra cui pubblica ed elettrica), della elettronica e sensoristica, degli impianti di climatizzazione ed infine del mondo delle costruzioni sostenibili. Infine un ruolo importante giocano le ESCO, le multi-utilities, le aziende di global service ed i gestori di servizi urbani. Molte di queste aziende stanno integrando smart services all’interno della loro offerta e fungono da veicolo delle tecnologie smart prodotte dalle aziende di cui si è accennato sopra.

L’offerta dell’ ENEA sulle Smart Cities

L’ENEA è particolarmente attiva nel contesto della ricerca delle smart cities, su cui da alcuni anni ha lanciato progetti di ricerca e progetti applicativi. ENEA è inserita nelle principali reti europee e nazionali della ricerca sulle smart cities in alcuni casi con ruoli molto significativi (coordinamento del Programma “Urban Energy Networks” del Joint Programme Europeo sulle Smart Cities). Di seguito viene delineata brevemente la mappa delle competenze ENEA sul tema delle smart cities.

Modellazione e Pianificazione della città. Nell’area del city modelling l’ENEA può mettere in campo soluzioni avanzate ICT per la modellazione e simulazione delle reti energetiche, delle relazioni tra clima ed energia, della rete di trasporto ed in generale dello sviluppo della città. Il modelling assolve sia alla funzione previsionale che a quella di design per lo sviluppo e la crescita e quindi tali metodi, unitamente alle metodologie di gestione ambientale ed alle analisi di scenario sono importanti ai fini del supporto decisionale necessario alle attività di pianificazione.

Reti Urbane. Questo settore, più applicativo, ha a che fare con lo sviluppo di tecnologie verticali sui differenti network, vitali alla città ed alla loro integrazione. Qui si concentra la gran parte delle competenze ENEA che presidia sia le infrastrutture urbane necessarie ad abilitare i servizi smart (reti di sensori, infrastrutture di comunicazione, piattaforme ICT, computation intelligence) e sia nelle applicazioni verticali più importanti che vanno dalle reti elettriche (generazione diffusa, distribuzione, gestione intelligente delle utenze elettriche come la illuminazione pubblica o la mobilità elettrica) alla rete della mobilità, alle reti termiche, alle reti di edifici ed infine alla gestione delle risorse ambientali (acqua, sottosuolo, qualità dell’aria, rifiuti). In questo contesto l’approccio è misto, da un lato sistemico per la capacità di sviluppare tecnologie per modellare, progettare e gestire le singole reti e, dall’altro, componentistico per la capacità di sviluppare quei componenti strategici che abilitano i singoli sistemi alle funzioni smart o in generale alla integrazione a livelli superiori o con altre reti.

Edifici intelligenti. Nel settore degli edifici intelligenti concorrono tutte le tecnologie per la costruzione efficiente ed eco-sostenibile degli edifici, la gestione efficiente dell’utilizzo dell’energia, le tecnologie domotiche avanzate per il risparmio abitativo e l’interazione del singolo nucleo con la comunità. In questa area l’ENEA è presente con le capacità di progettare, simulare dinamicamente e gestire in modo ottimizzato edifici di nuova generazione (ecobuildings, smart buildings) o riconfigurare edifici esistenti anche affrontando le complesse tematiche degli edifici storici. In questo settore l’approccio è in parte sistemico ma ad un livello inferiore (sottosistema) rispetto ai due casi sopra citati ed in parte concentrata sullo sviluppo di componenti.

Tecnologie di produzione energetica per il tessuto urbano. Il settore delle Tecnologie di produzione energetica per il tessuto urbano (Supply Technologies) è principalmente rivolto alla componentistica per le varie tecnologie per la produzione di energia da fonti rinnovabili utilizzabili nel contesto urbano. L’ENEA in questo settore è presente con capacità di sviluppo, modellazione e qualificazione di prototipi, tra cui pompe di calore, solare termico e termodinamico, fotovoltaico intelligente, celle a combustibile, modellazione di sistemi di poligenerazione.

Società intelligente. Nel settore Smart Society rientrano le nuove tecnologie per la realizzazione dei nuovi spazi di relazione sociale, culturale, i servizi per la governance e la Pubblica Amministrazione, nuovi servizi per la salute (e-health), il turismo e per i Beni Culturali. La presenza dell’ENEA in questo settore è più rarefatta e concentrata piuttosto nei Beni Culturali e nella gestione dei rischi ambientali ed alimentari, mentre poco ancora è presente in alcuni settori significativi delle smart cities quali i temi della e-governance e della interazione cittadino-città.

http://www.enea.it/it/pubblicazioni/EAI/anno-2012/n.-4-5-luglio-ottobre-parte-I/la-roadmap-delle-smart-cities

Per informazioni e contatti: infoEAI@enea.it

Passeggiata Sotto la Pioggia, Cristiano Banti
Passeggiata Sotto la Pioggia, Cristiano Banti

Redazione Fidaf

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