La resistibile ascesa di Carlo Petrini
Carlo Petrini si fa da anni portatore di un’ideologia elitaria, reazionaria, antiscientifica e antitecnologica, in grado qualora applicata in modo esteso di trasformare lo sviluppo agricolo cui si sono avviate tante aree del mondo in arretratezza e carestia globale.
Come fare infatti a pretendere di sfamare una popolazione mondiale composta di oltre sette miliardi di abitanti rinunciando a gran parte delle tecnologie messe a punto in secoli di ricerca scientifica e ripiegando su prodotti di nicchia come il lardo di Colonnata, la lenticchia di Ustica, la fragola di Tortona, il peperone quadrato d’Asti o la tinca gobba dorata del Pianalto di Poirino?
L’ideologia di Petrini si basa su una lettura selettiva della storia dell’agricoltura volta ad evidenziarne solo i tratti positivi della tradizione ed escludendo quelli più negativi (scarsità di risorse, assenza di diritti per la larghe fasce della popolazione, fame, malattie). L’obiettivo di tutto ciò è una palingenesi dei nostri sistemi sociali che, come in un dozzinale libro di fantascienza, dovrebbero regredire a società arcaiche con i loro miti, i loro riti, le loro pratiche agricole e le loro comunità del cibo composte di pescatori, agricoltori, allevatori, cuochi e osti.
Accolto nei salotti buoni della sinistra progressista, vezzeggiato dalle destre, ispiratore dell’Enciclica Laudato Si, è stato ora chiamato dalla FAO, con una scelta che riteniamo profondamente errata, a testimone della campagna Fame Zero in Europa.
In questo articolo cerchiamo di indagare le ragioni di questa ascesa, ampiamente resistibile in quanto il pensiero di Petrini è da anni espresso in forma compiuta e sottoposto da più parti ad una critica serrata, senza che ciò abbia fin qui suscitato un moto di ripulsa da parte degli organismi nazionali e internazionali che sono oggi garanti della sicurezza alimentare globale…