La legge propone, la giurisprudenza dispone
La prestazione professionale resa per la Pubblica Amministrazione può essere gratuita e deve garantire qualità, anche con l’equo compenso. Una recente sentenza del Consiglio di Stato riaccende il dibattito (e le polemiche) sul giusto corrispettivo dei professionisti.
Proprio quando il Parlamento approva in via definitiva la legge sull’equo compenso.
Il 12 aprile scorso l’Aula della Camera ha approvato in via definitiva la proposta di legge sull’equo compenso per le prestazioni dei liberi professionisti, coronando un travagliato iter legislativo durato oltre 10 anni. Ma non c’è stato neanche il tempo di alzare i calici che una sentenza del Consiglio di Stato ha mandato di traverso il brindisi ai professionisti.
Con la sentenza, n. 2084/2023 pubblicata il 28 febbraio 2023, infatti, i giudici di Palazzo Spada hanno chiarito, ancora una volta, che le prestazioni professionali a titolo gratuito possono sussistere per la Pubblica Amministrazione, anche in presenza della norma che tutela l’equo compenso.
Inoltre, la scelta del professionista non può basarsi solo ed esclusivamente sul prezzo offerto per la prestazione ma deve tenere in considerazione anche valutazioni qualitative e, naturalmente, la selezione dei professionisti deve rispettare delle procedure di imparzialità ben definite.
Semplificando: la prestazione professionale gratuita può convivere anche con l’equo compenso.
CHE COSA DICE LA SENTENZA
La sentenza afferma che il comma 3 dell’art. 13 bis della L.247/2012 (la disciplina dell’ordinamento della professione forense, in vigore dal
02 febbraio 2013) «esprime l’attenzione del legislatore ordinario per le libere professioni […] in relazione alla necessità della congruità del
compenso, qualora un compenso sia previsto, ferma rimanendo la possibilità che la prestazione sia resa anche gratuitamente.
Ciò in quanto la normativa sull’equo compenso sta a significare soltanto che, laddove il compenso sia previsto, lo stesso debba necessariamente essere equo, mentre non può ricavarsi dalla disposizione (l’ulteriore e assai diverso corollario) che lo stesso debba essere sempre previsto».
Nella sentenza citata si afferma che la prestazione a titolo gratuito può essere resa dal professionista (nel caso specifico un avvocato), ma l’amministrazione non può scegliere il professionista solo sulla base del preventivo.
Pertanto, oltre al prezzo offerto è necessario che vengano valutati anche gli aspetti qualitativi della prestazione professionale offerta dal professionista, e che le modalità di scelta devono essere ben esplicitate dall’Amministrazione nel bando e/o avviso di gara.
SELEZIONE IMPARZIALE
Il Consiglio di Stato evidenzia poi che la Pubblica Amministrazione, nell’individuare il professionista, deve, al fine di garantire l’imparzialità nella selezione per l’affidamento di un incarico professionale, valutare i concorrenti non solo in base al prezzo offerto per la prestazione, che può essere anche pari a zero, ma tenendo conto anche della qualità della prestazione offerta. La sentenza descrive poi le procedure da seguire nell’affidamento degli incarichi professionali.
Secondo i giudici di Palazzo Spada la Pubblica Amministrazione deve prevedere un meccanismo procedimentale che dia idonee garanzie
circa il fatto che la concreta azione amministrativa sia ispirata a criteri, canoni e regole di assoluta imparzialità nella selezione e nella scelta
dei professionisti, di modo che in questo “nuovo mercato” delle libere professioni nessuno abbia ad avvantaggiarsi a discapito di altri.
In pratica, la Pubblica Amministrazione «deve prescegliere le modalità pratiche ed operative più opportune per attuare i principi sopra enunciati, le quali devono essere:
▪ efficaci, cioè produrre un effetto utile per i soggetti interessati;
▪ oggettive, cioè basate su criteri verificabili e attinenti ai dati curriculari;
▪ trasparenti, cioè basate su dati e documenti amministrativi accessibili;
▪ imparziali, cioè tali da consentire la valutazione equa ed imparziale dei concorrenti;
▪ procedimentalizzate, cioè idonee ad assicurare, anche mediante protocolli e modelli di comportamento, che non si verifichino favoritismi o,
all’inverso, discriminazioni, nella selezione e nella attribuzione degli incarichi;
▪ paritarie, cioè che le distinzioni di trattamento debbono rispondere a criteri di stretta necessità, proporzionalità ed adeguatezza del mezzo
rispetto allo scopo;
▪ proporzionali, cioè tali da assicurare la rispondenza relazionale tra il profilo professionale scelto e l’oggetto dell’incarico, anche sulla base del dato curriculare e di esperienza;
▪ pubbliche, cioè prevedibili e conoscibili;
▪ Rotative, compatibilmente con la necessità di rendere efficace ed effettiva l’azione amministrativa».
UNA STORIA INFINITA
La sentenza 2084/2023 è solo l’ultimo capitolo della giurisprudenza in materia di prestazioni professionali rese alla Pubblica Amministrazione. Per comprendere come si è pervenuti a tale risultato, è necessario ripercorrere la genesi della prestazione gratuita a favore
della pubblica Amministrazione, che, negli anni, si è evoluta, consolidata e diffusa. solidata e diffusa. In origine fu un bando della Giunta del Comune di Catanzaro, in cui era previsto l’affidamento di un incarico professionale a titolo gratuito.
Numerosi ordini professionali impugnarono il bando dinanzi al Tar Calabria, contestando la gratuità della prestazione. Dopo che i giudici amministrativi della Calabria, sez. 1^, con sentenza n. 2435/2016, accolsero il ricorso presentato dagli ordini professionali, il Comune di Catanzaro propose appello al Consiglio di Stato, sostenendo che l’ordinamento legislativo vigente non vietava una prestazione d’opera professionale a titolo gratuito a vantaggio di una Pubblica Amministrazione.
ANCORA IL CONSIGLIO DI STATO
Con la sentenza n° 4614 del 03 ottobre 2017 il Consiglio di Stato, accogliendo l’appello proposto dal Comune di Catanzaro, ha aperto nuovi
orizzonti per i liberi professionisti italiani: lavorare a titolo gratuito per la Pubblica Amministrazione.
In quell’occasione il Consiglio di Stato affermò che il professionista che partecipa ad un bando che prevede offerte gratuite (nessuna utilità finanziaria) può trovare nella partecipazione altri vantaggi che non siano quelli esclusivamente finanziari, evidenziando l’importanza dell’economia dell’immateriale. La sentenza del Consiglio di Stato n° 4614/2017 ha rappresentato uno spartiacque, aprendo la strada ai bandi della P.A. in cui non era previsto alcun onorario per la prestazione professionale.
L’ULTIMO BANDO DEL 2023
Un’evoluzione del sistema della prestazione professionale gratuita a favore della Pubblica Amministrazione si è avuta con la pubblicazione dei bandi pubblici in cui si ricercavano figure professionali altamente specializzate, disposte a fornire, come volontari, prestazioni professionali a titolo gratuito.
A titolo d’esempio, il bando pubblicato sul sito del Comune di Genova, nei primi mesi del 2023 cercava un “volontario” altamente specializzato, che avesse una “Buona conoscenza dei temi legati alla migrazione italiana dal sec. XIX al sec. XXI, capacità di ricerca
relativamente alle fonti sul ruolo di Genova e del suo porto nei percorsi migratori dei secc. XIX – XX; conoscenza della videoscrittura,
del programma Excel e strumenti per la comunicazione via mail e la condivisione di materiali online; capacità di sintesi ed elaborazione contenuti per social media; buone capacità comunicative e relazionali; ottima conoscenza della lingua inglese (preferibilmente madrelingua o comunque perfettamente bilingue)».
A fronte di tale prestazione lavorativa, il compenso per il “volontario” era pari a zero.
Vedi articolo a pag. 68 de il Libero Professionista reloaded #13: Ultima goccia