La FIDAF piange la scomparsa di Ervedo Giordano

La FIDAF piange la scomparsa di Ervedo Giordano

La FIDAF si unisce al dolore della famiglia per la scomparsa di Ervedo Giordano, eminente figura di scienziato e di accademico. Oltre al grande apporto alle scienze forestali offerto nella sua lunga e prestigiosa carriera di docente universitario e di professionista, sia a livello nazionale che a quello internazionale, Ervedo ha costantemente contribuito alle attività della FIDAF con idee, analisi e proposte, sia partecipando attivamente agli organi direttivi della Federazione, sia con scritti e articoli pubblicati sulla sua rivista. Ci piace ricordare Ervedo ripubblicando il testo di un suo intervento sull’evoluzione della figura del Dottore Forestale, presentato al Convegno 40 ANNI DI PROFESSIONE IERI, OGGI E DOMANI, organizzato da CONAF e FIDAF nel 2016.

L’evoluzione della figura del Dottore Forestale: ieri ed oggi.

Ervedo Giordano, Emerito dell’Ordine Nazionale Dottori Agronomi e Forestali.

Un cordiale saluto ai colleghi ed un particolare ringraziamento al Dott. Edoardo Corbucci, organizzatore di questa importante giornata, per avermi dato la possibilità di percorrere con voi un tema di grande attualità e cioè “L’evoluzione della figura del Dottore forestale ieri ed oggi”. Non vi nascondo che quando il Presidente Corbucci, sorvolando audacemente il rischio del buon esito dell’incontro, affidando un tema così impegnativo ad un vecchio forestale, mi sono trovato di fronte al problema di quando si è affermata in Europa ed, in particolare nel nostro Paese, la figura del Dottore Forestale ed i motivi che hanno portato al riconoscimento di questa nuova attività professionale, ho avuto una grande sorpresa, poiché risale a circa tre secoli orsono. Bisogna risalire, infatti, al 1713 quando, Hanns Carl von Carlowitz pubblicava il volume “Silvicultura economica” in cui esponeva la necessità che lo Stato provvedesse a creare specialisti dotati di solide conoscenze biologiche sulla cultura dei boschi e di basi tecniche ed economiche per la loro gestione, al fine di sviluppare la produzione legnosa in maniera permanente. Infatti, dopo i disastri provocati dalla guerra dei “Trent’anni”, la Germania ed il resto d’Europa si sarebbero trovate prive di approvvigionamento di legname in futuro, se non si fosse provveduto al rimboschimento sistematico delle zone disboscate, per la sopravvivenza delle popolazioni o per le esigenze degli arsenali. Carl von Carlowitz crea ed applica per la prima volta al mondo, il concetto di “sostenibilità” che è ormai largamente accettato e diffuso in quasi tutti i Paesi. E’ quindi interessante mettere a confronto la definizione di sostenibilità, espressa da Von Carlowitz, nel 1713 e quella proposta dalla Conferenza ministeriale sulla protezione delle foreste in Europa nel 1993 e, successivamente, adottata dalla FAO e dal Forum internazionale sulle Foreste (ECOSOC) nel 2004. La definizione di Von Carlowitz, avviene in un’epoca dominata dal mercantilismo e recita: LA SOSTENIBILITA’ della gestione forestale è la base della conservazione dei boschi.

Nel 1993, la definizione di gestione sostenibile delle foreste, viene proposta alla Conferenza ministeriale sulla protezione delle foreste e, successivamente, il testo viene approvato dalla FAO come segue: per sostenibilità forestale s’intende “la gestione e l’utilizzazione delle foreste e dei territori boscati in maniera e con un intensità tale che possano mantenere la loro diversità biologica, la loro produttività, la loro capacità di rinnovazione e la loro capacità di soddisfare attualmente e per il futuro le funzioni ecologiche, economiche e sociali pertinenti a livello locale, nazionale e mondiale e che non causino dei pregiudizi ad altri ecosistemi”.

In pratica, le regole descritte da Von Carlowitz per la conservazione duratura delle foreste costituiranno l’obiettivo principale della professione del dottore forestale, la cui formazione avviene in Germania e nel resto d’Europa per tradizione familiare o presso scuole private, tra le quali assume particolare rilevanza quella fondata da Einrich Cotta a Tharandt nel 1811 in Sassonia, destinata a diventare sotto la sua guida, la principale Accademia Forestale in Europa,fin quasi ai nostri giorni.

Basti pensare che tra il 1816 ed il 1844 gli studenti forestali furono 1032 ed erano costituiti per il 10% da stranieri provenienti da altri paesi e merita ricordare che agli inizi del 900, anche Aldo Pavari, fondatore dell’ecologia forestale in Italia, seguì il curriculum degli studi.

Alla poderosa opera di Einrich Cotta si deve l’impiego, per la prima volta dei concetti di “selvicoltura moderna, di diradamento, di scienze forestali” ed il merito di aver ottenuto il riconoscimento del titolo accademico al dottore forestale, poiché nell’Accademia Reale di Tharandt veniva impartito uno dei tre corsi di matematica superiore esistenti all’epoca nelle Università della Sassonia a Dresda.

Il promettente inizio dell’attività del dottore forestale viene però bruscamente interrotto dagli avvenimenti provocati dalla Rivoluzione francese a partire dal 1789, con l’approvazione della costituzione, che abolì i diritti feudali e con la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e dei cittadini, che portò all’attacco della Francia da parte dell’Austria e della Prussia.

Per circa 80 anni, il succedersi dei movimenti insurrezionali dei Realisti e dei Giacobini, delle guerre promosse dalla coalizione, a cui avevano aderito il Piemonte, la Toscana e Napoli, il nuovo assetto geopolitico, imposto da Napoleone, danno luogo in tutta l’Europa ad estesi disboscamenti.

Bisogna attendere, la metà dell’800 prima che la figura del dottore forestale, torni ad acquisire una sua nuova autonomia professionale, anche grazie all’istituzione della Scuola des Eaux et Forets a Nancy, nel 1820.

Durante il secondo Impero, si verifica una forte ripresa nell’economia europea e lo sviluppo simultaneo del carbone, delle macchine a vapore, l’estensione della rete ferroviaria, la rivoluzione industriale, ampliano notevolmente la funzionalità delle foreste e pongono il dottore forestale di fronte a nuove responsabilità.

Se ne ha conferma in occasione della Fiera Universale di Parigi del 1867, quando vengono presentati i successi conseguiti per la fissazione delle dune che provocavano il sorrenamento dei villaggi lungo la costa atlantica, l’estensione del verde di Parigi, curata dall’Imperatore Napoleone Terzo, con la collaborazione del Barone Haussman, artefice dei noti Bulevards e dei parchi urbani, i risultati ottenuti dalla Società forestale, a cui aderiscono, nel 1855 i proprietari forestali privati, mediante l’assestamento, la difesa del suolo e la correzione dei torrenti avviate, dopo la ricostituzione forestale dell’Amministrazione forestale. Milioni di visitatori rimangono ammirati dal padiglione completamente in legno costruito dalla Scuola di Nancy e dalla presentazione di una quercia, il cui tronco misura 2 metri di diametro e di un pino marittimo, di oltre 1 metro di diametro, proveniente dalla Corsica.

Quasi tutti i paesi del mondo, dalla Spagna al Brasile, dalla Russia all’Australia, presentano in maniera esemplare i prodotti della fauna, della flora e del bosco.

Non si era ancora spento l’eco dell’Esposizione Universale e dopo due anni, nel 1869, viene creato a Vallombrosa, a poca distanza da Firenze, il Regio Istituto Forestale destinato a formare i quadri tecnici superiori dell’Amministrazione Forestale, a cui possono accedere i giovani in possesso del diploma di una scuola superiore di matematica, di ingegneria, di agricoltura, che avevano superato l’esame per diventare ispettori (allievi ordinari) ed i giovani di età compresa tra 18 e 22 anni, muniti di licenza liceale od equipollente, (allievi straordinari), che volevano svolgere la professione di perito forestale. Il numero di posti disponibili per gli allievi ordinari era di 40, di 20 per gli allievi straordinari.

Il primo Direttore Adolfo di Berenger, proveniva dall’Amministrazione austriaca, in qualità di Capo del Servizio forestale del Lombardo Veneto, con sede a Conegliano.

Il corso aveva la durata di tre anni e comprendeva discipline di base, quali aritmetica, algebra, geometria descrittiva, geometria pura e trigonometria, lingua inglese, principi di lingua tedesca e discipline specialistiche: selvicoltura naturale ed artificiale, conservazione boschiva e azienda, geodesia ed architettura civile, stradale ed idraulica in rapporto all’arte forestale, dendrometria, climatologia e dendrologia, chimica e tecnologia forestale, entomologia, fisiologia, patologia forestale, elementi di agricoltura, legislazione, giurisprudenza ed ordinamento amministrativo forestale: Le lezioni in aula erano accompagnate da esercitazioni e gli allievi erano obbligati a partecipare direttamente alle attività che si svolgevano nella Foresta demaniale di Vallombrosa ed alla realizzazione degli annessi Arboreti .

Questo schema formativo rimane invariato per oltre 40 anni, quando, con l’istituzione dell’Azienda per il Demanio forestale dello Stato, il Senatore Luigi Luzzatti, in qualità di Presidente del Consiglio, riesce ad avviare una moderna politica forestale, che con la legge n 277 del 1910, fa obbligo ai Comuni, alle Provincie, alle istituzioni pubbliche, alle Società Anonime di effettuare le utilizzazioni dei boschi, secondo un piano economico, approvato e prescritto dall’Autorità forestale e dal Comitato forestale locale, che rappresenta secondo il modello austriaco, il punto d’incontro degli interessi dello Stato per la difesa idrogeologica e la gestione del territorio e dei boschi.

La legge amplia il Demanio forestale, migliora la tutela dei boschi Comunali, incoraggia il rimboschimento con incentivi finanziari ai privati, sostiene l’istituzione delle condotte forestali e dei consorzi.

Altri provvedimenti che interessano la professione del dottore forestale riguardano l’attenzione particolare riservata ai castagneti e la presenza nel nuovo ordinamento didattico, dell’insegnamento obbligatorio delle discipline forestali in tutte le Scuole del Regno.

I provvedimenti per l’istruzione forestale comprendevano tre livelli, l’istruzione superiore forestale, l’insegnamento ambulante forestale, l’insegnamento per il personale di custodia.

L’Italia doveva disporre di autonome conoscenze per la gestione dei boschi e per la difesa del territorio, aderenti all’enorme variabilità dei nostri ambienti, dalle montagne al mare, ed a questo scopo viene fondato a Firenze, nel 1914, l’Istituto Superiore Nazionale Forestale per la formazione dei dottori forestali.

L’inizio delle attività dell’Istituto sono molto difficili a causa della partecipazione dell’Italia al primo conflitto mondiale, che nonostante la vittoria, provoca il peggioramento delle condizioni di vita nelle campagne e soprattutto nei territori montani.

La professione forestale perde d’importanza, ma nonostante la scarsa presenza di giovani, tra il 1914 ed il 1924, l’avanzamento delle conoscenze sulle discipline forestali prosegue e le ricerche sui vari aspetti dell’economia montana formeranno la linea direttiva della legislazione forestale successiva.

Il problema dei territori poveri ad economia depressa, che costringe all’emigrazione centinaia di migliaia di italiani ed ad abbandonare le loro terre per sopravvivere, può venire risolto soltanto attraverso la radicale trasformazione fondiaria ed agraria, IN PIANURA ED IN MONTAGNA.

Come scriveva Arrigo Serpieri, Direttore dell’Istituto di Firenze “la bonifica, come oggi l’intendiamo, deve salire dalla pianura paludosa, alla collina ed al monte”.

Entrato a far parte del Governo, quale Sotto Segretario all’Agricoltura Serpieri predispose il Decreto legge, 30 Dicembre 3267 che riformò l’intera normativa in materia di boschi e di terreni montani.

Nell’anno successivo, venne redatto il nuovo statuto dell’Istituto Superiore Nazionale Forestale e, dal 1924, per il conseguimento della laurea in Scienze Agrarie o della laurea in Scienze forestali era necessario superare un primo biennio propedeutico, comune ai due indirizzi ed un secondo biennio di materie specifiche del ramo agrario e del ramo forestale.

Questo schema è rimasto invariato fin quasi ai nostri giorni ed il modesto numero di studenti ha reso possibile un rapporto favorevole con i docenti delle varie discipline, ed un proficuo scambio di informazioni anche dopo la laurea e l’ingresso nella vita professionale.

Un esempio interessante che dimostra la capacità partecipativa del dottore forestale all’avanzamento delle ricerche per la valorizzazione dei boschi, è fornita dalla sperimentazione dell’impiego della biomassa legnosa per energia, in sostituzione del petrolio.

Il successo dell’iniziativa, presentata nel 1932 a Milano, durante il Congresso sul “Carbonio carburante” supera i confini nazionali ed il Prof. Carlo Francesco Palazzo, titolare dell’insegnamento di chimica forestale, riceve il più alto riconoscimento al Convegno internazionale su “Carbonio carburante e selvicoltura”, tenutosi a Bruxelles nel luglio del 1935.

L’anno successivo, l’Istituto Forestale cessa la sua attività ed il Prof Palazzo viene nominato Preside della prima Facoltà di Agraria e Forestale che viene istituita con Regio Decreto 26 marzo 1936 n 100.

Il curriculum degli studi per la formazione del dottore forestale non subisce modifiche sostanziali e la sua partecipazione all’applicazione della legge per la bonifica integrale, che nel piano generale non prevede soltanto le opere idrauliche pubbliche e private, ne accresce i campi di attività attraverso la creazione di Consorzi obbligatori tra i proprietari, al fine di raggiungere la colonizzazione del territorio, mediante la trasformazione dell’agricoltura da estensiva ad intensiva. Sono anni di grande impegno per la ricerca agronomica al fine di assicurare le risorse agro-alimentari per il Paese e per quella forestale per limitare le importazione di legname dall’estero, necessario alle industrie di trasformazione, in particolare per quelle della carta, anche facendo ricorso alla pioppicoltura ed ad altre specie a rapido accrescimento.

Al Prof. Arrigo Serpieri si deve, come è noto, l’ampliamento della politica e dell’economia forestale, nel più vasto quadro della bonifica integrale per accrescere le risorse della montagna e per cercare di ridurre la pressione sul bosco da parte delle popolazioni.

Questa vasta opera che muterà il volto del nostro Paese, vedrà in primo piano il dottore agronomo ed il dottore forestale impegnati nel miglioramento della coltura del grano e nella diffusione dell’albero fuori foresta.

L’inizio del secondo conflitto mondiale, nel 1939 interrompe il completamento dei piani di bonifica e l’Italia viene travolta dagli avvenimenti bellici che causano morti e distruzioni nelle città e nelle campagne.

La ripresa della vita avviene con molte difficoltà ma nei cinquanta anni che seguono fino alla fine del 900 il nostro Paese assisterà ad un susseguirsi di avvenimenti che lo porteranno tra quelli più industrializzati nel mondo.

Il dottore forestale che dispone, come l’agronomo, di una vasta preparazione interdisciplinare riesce a captare più rapidamente rispetto ad altre professioni le nuove esigenze della società.

La necessità di un profondo cambiamento nelle attività professionali appare evidente nelle prolusioni svolte a partire dagli anni 50, in occasione dell’Inaugurazione degli anni accademici dell’Accademia di Scienze forestali fondata a Firenze nel 1954.

In particolare acquistano rilevanza quella tenuta nel 1965 da Mario Salmi, storico dell’arte, dal titolo “Arte, Paesaggio e Foresta”, in difesa dei valori estetici e sociali del paesaggio, che precede di due anni l’istituzione nella Facoltà di Agraria di Padova del corso di laurea in Scienze forestali, il secondo in Italia.

Non a caso la prolusione svolta dal Prof Lucio Susmel il 5 febbraio 1968 ha per titolo “La terza dimensione della foresta” cioè quella igienico ricreativa.

L’espansione industriale che ha contribuito alla diffusione del benessere è avvenuta con scarso rispetto dell’ambiente ed ha determinato, in seguito all’estesa urbanizzazione una diffusione degli inquinamenti, nell’aria, nel suolo e nelle acque.

La crescente preoccupazione spinge le nuove generazioni ad elaborare e ad attuare politiche e programmi di protezione ambientale che portano alla creazione di nuovi enti ed organizzazioni in difesa degli ecosistemi terrestri.

L’uso dei fertilizzanti chimici in agricoltura impone per la difesa ambientale, un salto di qualità in selvicoltura e vengono richiesti una molteplicità di servizi al dottore forestale, con una graduatoria che varia da bosco a bosco.

Come scriveva iI DG delle foreste Alfonso Alessandrini, prima si chiedeva al bosco più legno e più pascolo, ora si chiedono più servizi ed i primi ad avanzare proposte unificanti dovranno essere i dottori forestali.

Nello stesso tempo, come notavano Alessandra Zanzi Sulli, Remo Tomasetti e Vittorio Leone in un contributo dal Titolo Formazione, divulgazione e contributo della professionalità forestale presentato a Venezia nel giugno del 1998, durante il Secondo Congresso Nazionale di Selvicoltura per il miglioramento e la conservazione dei boschi italiani, gli studi ecologici e naturalistici avevano messo a disposizione del dottore forestale metodi e strumenti per interpretare in modo nuovo il bosco e la propria funzione, nell’organizzazione dei flussi di energia all’interno dell’ecosistema ed il proprio ruolo nella società, come gestore di una risorsa rinnovabile.

Il dottore forestale oggi, è frastornato dagli avvenimenti che si sono rapidamente succeduti in questi ultimi anni e che hanno portato dopo la soppressione del Corpo Forestale dello Stato, alla sua assimilazione ad un operatore di polizia, inquadrato nella benemerita Arma dei Carabinieri, alle dipendenze del Ministero della Difesa.

Si tratta di un cambiamento non trascurabile, ma come si è verificato in passato, la nuova Direzione Generale delle foreste del MIPAF, dovrà dotarsi prima o poi di una struttura esecutiva sul territorio.

Lo stato di disagio più preoccupante per il dottore forestale, è quello emerso nel recente Forum nazionale per la “Tutela e valorizzazione del patrimonio forestale italiano” tenutosi a Roma il 29 Novembre 2016.

La multifunzionalità del bosco è stata interpretata dai vari Ministeri interessati in funzione delle rispettive esigenze ed affidata alle professionalità del personale di cui dispongono. E’ così risultato che ogni Ministero ha titolo nel regolare la gestione forestale attraverso leggi, decreti autonomi, alla cui formulazione provvedono, in ordine alfabetico: architetti, biologi, chimici, ecologi, economisti, giuristi, informatici, ingegneri, linguisti, medici, naturalisti, paesaggisti, statistici, storici, tecnologi, urbanisti, vigili del fuoco.

Il dottore forestale, la cui professionalità è rivolta alla gestione sostenibile del bosco ed alla valorizzazione della sua multifunzionalità, rischia di essere ignorato a livello nazionale, regionale, internazionale.

L’Ordine non mancherà di difendere e rivalutare questa figura professionale, che è l’unica in grado di affrontare su solide basi scientifiche. la realizzazione di progetti, che per loro natura, richiedono tempi lunghi, a volte superiori al secolo.

Nonostante le difficoltà attuali, le prospettive per la professione del dottore forestale appaiono favorevoli, in seguito all’approvazione da parte del Senato italiano, il 22 ottobre 2016, dell’Accordo di Parigi, sottoscritto dai governi di 197 Paesi che riconoscono il ruolo delle foreste per il contenimento del riscaldamento della terra e si impegnano a ridurre la deforestazione, ed il degrado dei boschi mediante la conservazione, la gestione forestale sostenibile e l’aumento dei serbatoi di carbonio.

Redazione Fidaf

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