La dimensione territoriale dell’agricoltura

La dimensione territoriale dell’agricoltura

 

L’agricoltura italiana deve fronteggiare contemporaneamente le sfide della competitività e quella della sostenibilità, che richiedono spesso misure in conflitto tra loro. Affrontare congiuntamente queste due sfide comporta quindi gradi crescenti di complessità, il cui governo esige l’adozione di nuovi modelli gestionali. È stato questo l’argomento su cui si è incentrato il convegno “Gestione aziendale e programmazione territoriale in agricoltura”, organizzato congiuntamente dalla Accademia dei Georgofili e della FIDAF, e tenutosi lo scorso 21 novembre a Firenze.  Ai problemi strutturali legati alla conformazione geografica del nostro Paese, e alla configurazione fondiaria del sistema agricolo, che rendono difficile la competizione internazionale, si aggiunge oggi la necessità di ridurre le problematiche ambientali generate dalle attività produttive, che impongono scelte gestionali innovative. In questa prospettiva emerge la tendenza ad un approccio integrato a livello territoriale e a forme aggregative tra aziende agricole e tra attori delle filiere produttive. L’applicazione dei principi e degli approcci dell’Agricoltura 4.0, a livello sia di campo che di stalla, richiede per esempio l’acquisizione e la gestione integrata di dati che travalicano i limiti aziendali. Similmente accade per la gestione degli effluenti degli allevamenti zootecnici e per la riduzione della connessa emissione in atmosfera di gas climalteranti e di particolati nocivi per la salute umana. La generazione e la distribuzione di energia da fonti rinnovabili possono trovare nella creazione di comunità energetiche la soluzione ai problemi di asimmetria dell’oscillazione temporale di produzione e di utilizzazione.

Durante il convegno sono state esaminati diversi esempi di soluzioni di integrazione a livello territoriale delle attività agricole e agroalimentari. Le aziende agricole hanno in molti casi adottato forme di aggregazione sia formale che informale. I modelli adottati sono flessibili e le forme utilizzate variano dalle reti di imprese, alle organizzazioni di produttori, dalle organizzazioni interprofessionali alle agriholding, dalle forme di esternalizzazione delle operazioni colturali a quelle di compartecipazione agraria. Scopo delle aggregazioni tra soggetti diversi, anche appartenenti a stadi diversi delle catene di valore, è quello di mettere in comune impianti, attrezzature, tecnologie, dati, consulenza tecnica, organizzazione colturale, senza perdere l’identità e la specializzazione di ogni singola azienda e mantenendo l’autonomia giuridica dei partecipanti. Le forme di gestione a livello sovraziendale hanno in molti casi permesso di raggiungere obiettivi di innovazione tecnologica, di ottimizzare l’utilizzazione dei fattori di produzione, di migliorare quali e quantitativamente le rese, di ridurre l’impatto ambientale delle produzioni agricole, di conseguire economie di scala.

È quindi importante che la politica agricola comunitaria e le politiche nazionali tengano conto dei nuovi contesti di gestione, e ne incentivi l’adozione. I nuovi modelli gestionali richiedono anche un salto di qualità della consulenza offerta dai tecnici agricoli, sia che pratichino la libera professione, sia che operino nelle organizzazioni dei produttori o nelle imprese delle filiere agroalimentari.

 

Redazione Fidaf

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