La buona buccia della pesca
A l’amigo pèlighe ‘l figo, al nemigo ‘l persego è un proverbio veneto che tradotto in italiano recita: “all’amico pela il fico e al nemico la pesca”. Secondo la tradizione popolare di una regione nella quale vi era una buona produzione di questi frutti, la buccia del fico era ritenuta dannosa mentre quella della pesca salutare. Una semplice supposizione o un’antica e a noi nascosta verità? Inoltre di certi frutti bisogna mangiare la buccia, ricordando che un tempo le mamme raccomandavano di mangiarla perché dicevano che conteneva le vitamine?
Indubbio è che la buccia del fico non è gradevole e con un lattice che scola dal peduncolo molto irritante, senza dimenticare che nelle foglie sono presenti fu-rocumarine, sostanze fotodinamiche, ma cosa sappiamo delle pesche e soprattutto della loro buccia? Le pesche hanno una polpa carnosa, succosa e zuccherina, con la buccia di colore giallo-rossastra ma anche bruna, che può essere sottile e vellutata o liscia (nettarine), così gradevole da somigliare alla pelle delle gote di un bambino, ma oltre a questo gradevole aspetto non vi è altro?
L’estate è stagione delle pesche, anche se questo frutto conservato si trova in ogni stagione, e che sotto diverse forme (frutto fresco, conservato in scatola, essiccato, trasformato in succhi ecc.) gli italiani consumano in una quantità che secondo diverse fonti varia da quattro a quasi sette chilogrammi per anno e che tra la frutta si pone al sesto posto dopo mele, arance, banane, angurie, pere.
Le pesche contengono molta acqua (88,8 %), carboidrati (9,54 %) nei quali sono compresi molti zuccheri (8,39 %) e acidi organici, limitate quantità di fibra (1,5 %), proteine (0,91 %) e grassi (0,25 %) oltre a minerali (soprattutto potas-sio) e vitamine (soprattutto A, C, E). A cento grammi di polpa corrispondono circa quaranta chilocalorie. Diverse ricerche dimostrano che le pesche contengono molecole dotate di interessanti attività nutraceutiche, in particolare antiossidanti (tra i quali l’acido caffeico) polifenoli e molecole con azioni anti-ipertensive.
Da diverso tempo si sa che il potere antiossidante delle pesche è più elevato in quelle a polpa bianca e gialla e che nelle cultivar povere di antiossidanti vi so-no anche valori poco elevati di polifenoli. In particolare la P. persica var. platycarpa mostra una buona attività antiossidante e il suo consumo dovrebbe essere promosso (Prunus persica var. platycarpa – Tabacchiera Peach): Bioactive Com-pounds and Antioxidant Activity of Pulp, Peel and Seed Ethanolic Extracts. – Loizzo M, R. e coll. – Plant Foods Hum Nutr. 2015 Sep;70(3):331-7).
Più recenti sono le indagini di ricercatori e tra questi di Kono R. e coll. (Peach (Prunus persica) extract inhibits angiotensin II-induced signal transduction in vascular smooth muscle cells – Food Chem. 2013 Aug 15;139(1-4):371-6) che nelle pesche e soprattutto nella loro buccia hanno individuato molecole che inibiscono l’angiotensina II, un ormone octapeptidico che nell’uomo è deputato alla regolazione della pressione arteriosa e di altre funzioni quali il controllo idroelet-trolitico a livello renale. L’angiotensina II agisce a livello cardiovascolare come attivante cardiaco aumentando la forza della contrazione e la frequenza dei battiti e che aumenta le resistenze periferiche aumentando la pressione arteriosa. A livello della corteccia surrenale stimola la produzione di aldosterone e di adrenalina a livello della midollare e sul sistema nervoso ha due effetti: a livello centrale, stimola i centri della sete, a livello periferico favorisce la liberazione di noradrenalina da parte delle terminazioni simpatiche. Induce inoltre la secrezione da parte dell’ipofisi posteriore o neuroipofisi di ADH (antidiuretic hormone) o vasopressina un peptide con funzioni di ormone, neurotrasmettitore e modulatore della trasmissione nervosa.
In conclusione oggi possiamo ritenere che della buccia di pesca ha livelli significativamente più alti di minerali, capacità antiossidante e fenolici rispetto a quelli della polpa. Per questo l’assunzione di pesca non sbucciata, ma lavata, può essere utile come una valida fonte di antiossidanti naturali per alimenti funzionali e applicazioni nutraceutiche in particolare negli anziani nei quali è diffusa un au-mento della pressione arteriosa che può essere in parte mitigato dalle molecole contenute nella buccia della pesca e che inibiscono l’angiotensina II. Una conclusione che rientra nella generale costatazione che nella buccia dei frutti sono contenuti principi attivi (polifenoli ecc.) che la selezione naturale ha sviluppato per la protezione del frutto stesso dall’ossidazione e dagli attacchi parassitari e radiazioni solari.
All’amico pela il fico e al nemico la pesca è un proverbio che ora trova una sua spiegazione scientifica, soprattutto in una popolazione umana nella quale gli anziani sono sempre più presenti con i loro disturbi connessi ad un anomalo aumento della pressione arteriosa. Ora abbiamo anche una conferma che le mamme avevano un poco di ragione a consigliare di mangiare la buccia (ben lavata!) di gran parte della frutta e non tanto per le vitamine, quanto per altre molecole nutraceutiche.