Intervista a Cosimo Lacirignola
Secondo stime demografiche, saranno, al 2050, 9 miliardi le persone che dovranno mangiare in modo sano e sostenibile. Noti gli impatti dell’agricoltura e della filiera alimentare sull’ambiente e sulle emissioni climalteranti, parlare di sostenibilità comporta oltre che una nuova governance del settore, una revisione dei modelli del consumo alimentare e delle diete, al fine di contrastare recenti ma dannosi stili di vita in rapida diffusione in vaste aree del mondo e gli impatti che ne derivano sulle risorse naturali a livello globale. Ne parliamo con Cosimo Lacirignola*, Segretario Generale del Centro Internazionale di Alti Studi Agronomici Mediterranei.
In un recente Symposium sul cambiamento climatico tenutosi a Roma, è stato sottolineato come elemento problematico l’affermarsi di una classe media estremamente numerosa nei paesi BRICS (Russia Brasile India Cina Sud-Africa) con la naturale aspirazione a modelli di consumo più ricchi che caratterizza sempre l’aumento del reddito disponibile. In termini di alimentazione cosa comporta? Con quali effetti?
Come per ogni altro settore produttivo, le scelte del consumatore giocano un ruolo fondamentale nell’orientare la produzione. Si consideri ad esempio il consumatore che preferisce alcuni prodotti provenienti da un luogo preciso (come ad esempio le DOP, DOC ecc.), o alcuni processi di trasformazione o di produzione (prodotti biologici) piuttosto che altri. I consumatori inoltre esercitano una forte influenza attraverso il modo di comprare, trasportare, conservare, cuocere e consumare il loro cibo. Il consumo di alimenti è influenzato da una vasta gamma di fattori che includono la disponibilità, l’accessibilità e la scelta del cibo che possono, a loro volta, essere influenzati da geografia, demografia, reddito disponibile, status socio-economico, urbanizzazione, globalizzazione, religione, cultura, marketing e atteggiamento del consumatore…
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