Interferenti endocrini e alimentazione vegetariana
Cinquant’anni fa gli allevatori australiani si trovano di fronte al crollo del 70% nella riproduzione dei loro greggi di pecore e si scopre che la causa è il trifoglio di cui gli animali si nutrono e che contiene un composto femminilizzante responsabile della compromissione delle prestazioni sessuali nei montoni. Questo composto è il primo degli interferenti endocrini, una vasta categoria di molecole e o miscele di sostanze che alterano la normale funzionalità ormonale dell’apparato endocrino, causando effetti avversi sulla salute di un organismo, della sua progenie o di una popolazione. Fra queste sostanze oggi sono citati gli idrocarburi policiclici aromatici, il benzene, la diossina, gli ftalati, il perfluorato, il bisfenolo A e altri composti di sintesi, ma si dimentica la larghissima presenza degli interferenti endocrini nei vegetali che usano questi composti come arma di guerra intelligente contro gli animali erbivori.
Nella lunghissima storia dell’evoluzione, i vegetali hanno elaborato strategie di collaborazione con gli animali usati per la propagazione delle loro specie con fiori e soprattutto frutti dai colori, aromi e sapori accattivanti, ma hanno anche sviluppato molte difese contro gli animali erbivori: dure cortecce, spine, aro-mi repellenti e sapori amari, principi attivi tossici ecc. Tra le loro difese i vegetali hanno creato molecole capaci di contenere l’eccessivo sviluppo dei loro competi-tori animali modificandone la riproduzione: gli interferenti endocrini che disturbano la sintesi, la secrezione, il trasporto, l’associazione, l’azione o l’eliminazione degli ormoni naturali degli animali responsabili dello sviluppo, del comportamento, della fertilità, e del mantenimento dell’omeostasi cellulare. A volte indicati anche come agenti ad azione ormonale o composti alteranti il sistema endocrino, nella letteratura scientifica prevalgono i termini inglesi di endocrine disruptor, hormonally active agents, endocrine disrupting chemicals, endocrine disrupting compounds (EDCs),
Negli ultimi cinquanta anni e con l’avvento di tecniche di studio sempre più precise e sensibili (negli ultimi tre anni, ogni anno sull’argomento compaiono dalle ottocento alle novecento pubblicazioni scientifiche) le conoscenze sui interferenti endocrini presenti nei vegetali si ampliano e secondo alcune ricerche almeno il sessanta per cento dei vegetali elaborano e contengono molecole che possono agire sugli animali con effetti spesso non immediatamente percepibili perché le loro dosi minime non provocano tossicità acuta, ma che nel caso di prolungate esposizioni producono effetti a livello di popolazione e con ripercussioni a livello ecologico. Alcuni interferenti endocrini dei vegetali sono identici o molto simili agli steroidi sessuali dei vertebrati, mentre altri interagiscono con i recettori steroidei dei vertebrati come agonisti o antagonisti o si legano ad enzimi coinvolti nel metabolismo degli ormoni steroidei e probabilmente derivano da geni ance-strali che sono omologhi in piante e animali. Gli interferenti endocrini sono un rischio alimentare (Ballarini G. – Interferenti endocrini nell’alimentazione: pericolo e rischio – Georgofili INFO, 07 dicembre 2016 ) oggetto anche di una più ampia valutazione evoluzionista e antropologica.
La nostra specie ha una sia pur lontana origine da specie prevalentemente erbivore che può giustificare che i composti secondari vegetali influenzino la riproduzione umana e le culture umane ancestrali probabilmente subiscono l’azione di alcune piante in grado di stimolare l’ovulazione nelle donne mentre interferiscono con la fertilità maschile e da qui, forse, anche un’origine delle culture matriarcali. Inoltre i vegetali che entrano nella odierna alimentazione umana sono il risultato di una lunga selezione artificiale e secondo alcuni ricercatori le piante scelte dall’agricoltura possono avere maggiori probabilità di contenere fitoestrogeni rispetto ad altre piante in quanto alimenti ancestrali che, a piccole dosi, hanno aumentato la ciclicità ovulatoria nelle donne.
Nell’uomo si è notato un aumento di disturbi riproduttivi e di alcuni tipi di cancro, ma se i risultati appaiono coerenti con la tesi che accusa i perturbatori endocrini, nei fatti non è stato possibile documentare una stretta relazione causale tra l’esposizione a una sostanza con attività endocrina e l’effetto sull’organismo umano. Più recente è la ricerca di potenziali benefici per la salute dei fitoestrogeni nelle donne e un entusiasmo del pubblico per i rimedi naturali a base di erbe in alternativa agli estrogeni durante e dopo la menopausa e come protezione contro il cancro della mammella.
Con l’arrivo dell’agricoltura e l’allevamento degli animali le cose cambiano, le pecore australiane brucano su pascoli di una sola specie vegetale e lo stesso avviene per l’uomo che non si nutre più soltanto di frutta ma anche di poche specie vegetali che producono interferenti endocrini, come molte leguminose, prima di tutte la soia. Gli esseri umani cucinano e lavorano gli alimenti per ridur-re la tossicità, ma la cucina non risolve tutti i problemi perché la cottura e la lavorazione dei vegetali ha scarso effetto sull’attività biologica della gran parte de-gli interferenti endocrini.
Nel passato la nostra specie si è sempre nutrita di piccole quantità di numerosissime specie vegetali diverse e è noto che è la quantità che fa il veleno: sola dosis facit venenum. Come le culture umane ancestrali erano consapevoli della necessità di mantenere una dieta diversificata poiché l’abbondanza di cibo variava stagionalmente, mai come oggi è indispensabile ricorrere a un’alimentazione con una grande diversità di vegetali, ognuno dei quali assunto in piccole quantità, seguendo anche i ritmi stagionali.