Potrebbe essere rilanciata la produzione di zucchero in Italia?

Introduzione

“ Con la Riforma Comunitaria avviata del 2006, è stata “smantellata” buona parte della produzione dello zucchero in Europa per fare spazio ad importazioni agevolate in base ad accordi internazionali.  Per soddisfare la propria domanda l’Europa è passata con queste riduzioni da secondo esportatore a primo importatore mondiale, soprattutto dai Paesi in Via di Sviluppo. La ristrutturazione dell’industria europea dello zucchero e la liberalizzazione del mercato ha avuto un grande impatto anche in Italia. Il nostro paese ha dovuto rinunciare – con la drastica riduzione delle quote – alla produzione di un milione di tonnellate di quota zucchero, passando da 1,5 milioni pre-riforma alle attuali 508 mila. Contestualmente gli zuccherifici sono passati da 19 a 4, e di conseguenza le superfici a barbabietola sono scese da 250 a circa 50-60 mila ettari. In sostanza, la quota di produzione dell’Italia nell’Ue è passata dall’8,6 al 3,8%. Oggi l’Italia produce solo il 30% del suo fabbisogno di zucchero e ne importa il resto dall’estero . Potrà cambiare questa  situazione nel prossimo futuro?.

Lo zucchero è il nome comune di un prodotto dolcificante, il saccarosio, formato dalla fusione  di 2 monosaccaridi: il glucosio ed il fruttosio. Lo zucchero si ottiene oggi industrialmente da 3 specie: dalla Canna da zucchero, dalla Barbabietola zuccherina e dal Sorgo zuccherino.

La canna da zucchero (Saccharum sp.) è di origine asiatica: I due  centri di domesticazione individuati sono in Papua e Nuova Guinea  per il Saccharum officinarium ed in Taiwan e sud Cina  per Saccharum sinense.  Sembra che i primi ad usare vari tipi di canna (varie specie ed ibridi del genere Saccharum, per ottenere zucchero) siano stati i Polinesiani, oltre 3000 anni fa. Dalle isole polinesiane la canna e gli ibridi si diffusero (circa 1500 anni a.C.) verso il Nord in Cina meridionale ed ad Ovest verso l’ India. Circa alla fine del 6° secolo a.C. anche i Persiani coltivavano la canna. Alessandro Magno menziona appunto che in Persia veniva usato una specie di miele, ma non fatto dalle api. Furono poi gli Arabi a diffondere la canna da zucchero dal Medio oriente verso il Mediterraneo (Cipro, Nord Africa, Spagna e Sicilia). Dopo la scoperta dell’America. Dagli Spagnoli e dai Portoghesi la canna da zucchero fu introdotta in Centro e Sud America e l’area di coltivazione della canna in tale aree aumento rapidamente anche con l’impiego delle braccie umane per la raccolta degli schiavi bianchi e neri. I vantaggi della canna sono l’alta efficienza della sua fotosintesi (è specie C4), la sua ricrescita per diversi anni, dopo la raccolta annuale dei suoi fusti  (alti 3-4 metri), il contenuto dal 8-18 % di zucchero, la facile  moltiplicazione della pianta interrando frazioni di fusto e la non necessità di fertilizzanti azotati in quanto vive in simbiosi con un batterio azoto-fissatore.

  La seconda pianta la barbabietola da zucchero (Beta vulgaris) entra prepotentemente in produzione nel 1800 per la necessità dell’Europa di avere una sorgente di zucchero indipendentemente da quello della canna prodotta nei paesi sub tropicali e sotto il blocco del commercio navale della zucchero dalle Americhe all’ Europa, organizzato dalla flotta inglese. Le Indagini sulla potenzialità di produrre zucchero dalla barbabietola furono intraviste nel 1600 dall’agronomo francese De Serres e le prime estrazioni di zucchero furono fatte dal chimico tedesco A. Marggraf (1747). La continua selezione per l’accumulo di zucchero da questa pianta conduce ad individuare un  “capostipite” varietale e cioè la Bianca di Slesia da cui deriveranno poi nel tempo le successive varietà zuccherine. Il primo zuccherificio viene costruito a Cunern in Slesia (1796). Fu però grazie a Napoleone (1802) che viene promossa la coltivazione di questa pianta e con decreto (25 marzo 1811) autorizzò, la semina di 32.000 ettari di bietole in Francia  e la costruzione, con contributo statale,di numerose fabbriche. Successivamente lo sviluppo in Europa e nel mondo di questa pianta  fu inarrestabile.

La barbabietola è stata e viene coltivata con successo nella Europa Centrale (Germania, Francia, Danimarca, Olanda e Belgio). La produzione per ha di radici di barbabietola è molto elevata (47 ton/ha) ed anche la resa media in  saccarosio, glucosio, fruttosio è molto alta dal 8-22%. In Italia negli ultimi decenni però la coltivazione della barbabietola da zucchero è quasi completamente cessata a causa della concorrenza nel mercato globale dello zucchero di canna ed dovuto ai costi di produzione anche per lo zucchero di barbabietola.

Il sorgo zuccherino (Sorghum vulgare var Saccharatum) è la terza pianta di potenziale impiego nella produzione di zucchero (pianta di interesse da essere riguardata nel futuri   orizzonti strategici dovuti ai cambiamenti climatici). Il Sorgo è una graminacea annuale a ciclo estivo, tollerante all’aridità, con una fotosintesi a C4, normalmente riprodotta col seme. Questo cereale è di origine africana dove cresce nelle aree subtropicali ed anche  largamente diffusa in Asia, in Australia e nelle Americhe.  La pianta  ha diversi usi: per scope e saggina, da foraggio, da granella specialmente i tipi da granella utilizzati come alimento  umano (tra l’altro non presenta glutine)  e dagli animali domestici ed infine per produrre zuccheri. I sorghi zuccherini sono piante generalmente alte con fusti succosi che accumulano notevoli quantità di saccarosio (15-20%). Dai sorghi zuccherini le prove condotte finora hanno riguardato principalmente la produzione di bioetanolo e la resa media è di 3,9 ton/ha rispetto alla barbabietola che è di 4,5 ton/ha. Sporadiche in Italia sono state le coltivazioni dei sorghi per la produzione di zucchero per la mancanza di studi rivolti a risolvere i diversi aspetti della filiera che vanno dalla produzione fino al prodotto finale. In particolare gli aspetti ancora da risolvere lungo la filiera sono: i.individuazione delle varietà più idonee alla coltivazione nelle condizioni ambientali italiane, ii produzione di macchine semplici e poco costose per una efficiente raccolta degli steli, iii.studiare macchine (mobili) per l’estrazione dello zucchero dal sorgo direttamente in campo od in impianti fissi prossimi all’azienda, iv. utilizzazione dei sottoprodotti dopo l’estrazione dello zucchero. Altro aspetto da considerare che il saccarosio del sorgo e accompagnato da una discreta quantità di zucchero invertito.

Alcune indagini preliminari condotte in Italia sul sorgo.

Gli Autori di questa nota, da oltre un quinquennio a partire dal 2013, hanno allevato in una Azienda del litorale laziale tra Ladispoli e Cerveteri oltre un centinaio di tipi diversi di sorgo provenienti dall’Africa, dalla Cina, dall’India e dalle Americhe. Le prove condotte avevano come obiettivi: l’adattabilità, la resistenza alle malattie, la produttività e l’attitudine al ricaccio (pluriannualità). Dopo la raccolta dei semi venivano tagliati gli steli a circa 20 cm dal suolo ed a primavera venivano fatte le osservazioni sui “ricacci” nelle annate successive 2014,15,16. Sono state rilevate le temperature invernali locali che per queste annate  non sono scese sotto lo zero e sono state registrate le linee di sorgo che hanno ri-vegetato. Nell’inverno 2016-2017 le temperature sono scese invece nell’azienda sotto lo zero (ripetute per alcuni giorni) raggiungendo anche i -5°C. Le osservazioni effettuate nella primavera del 2017, hanno evidenziato che una dozzina di linee ivi allevate hanno ripreso la vegetazione, confermando la loro resistenza al freddo e la loro pluriannualità.   Tra queste linee ha “ri-vegetato” anche una linea di sorgo zuccherino ottenuta 2 anni prima dalla collezione di germoplasma di Sorgo dell’USDA e probabilmente venuta dal Nord della Cina. Siamo quindi portati a pensare che un programma di ricerca per l’identificazione di linee di sorgo zuccherino ad abito “pluriennale” e più resistenti al freddo potrebbe portare alla identificazione di linee di sorgo zuccherino coltivabili per più anni nelle aree del Centro Italia e Meridione, con notevoli vantaggi rispetto alla barbabietola.

Infatti il Sorgo è specie C4 (come la canna), per la cui coltivazione basterebbero 20-30 Kg di seme per ettaro ogni 3-4 anni; l’ eventuale bisogno idrico estivo potrebbe essere inferiore a quello richiesto per la barbabietola ma anche del pomodoro da industria. Potrebbero essere anche realizzati tipi ibridi maschio-sterili e quindi privi di seme, con conseguente maggiore contenuto zuccherino nei fusti. L’estrazione dello zucchero dai fusti potrebbe essere fatta in campo con tipi di macchine già esistenti negli USA per i sorghi zuccherini ivi coltivati, del resto simili a quelli usati per la canna da zucchero. Successivamente potrebbe essere usata l’essicazione solare in campo dei fusti spremuti ed il loro imballaggio, trasporto ed uso nell’azienda come foraggio o per la produzione di biogas ecc. Inoltre lo zucchero potrebbe essere trasformato in alcool come additivo della benzina, come avviene in Brasile, USA ecc. Crediamo che varrebbe la pena di finanziare  un programma di ricerca sul sorgo zuccherino con questi obbiettivi, con risultati che potrebbero essere utilizzati, oltre che in Italia, anche in vari altri Paesi del Mediterraneo !

27/4/2019

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Redazione Fidaf

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