La transizione ecologica del sistema agroalimentare non parte da zero

La transizione ecologica del sistema agroalimentare non parte da zero

Dopo l’istituzione dell’apposito Ministero, si discute molto di transizione ecologica in genere e di transizione ecologica del sistema agroalimentare in particolare (abbiamo sviluppato questo concetto nell’Editoriale di febbraio).  Ma è questo un processo da sviluppare ex novo? Proviamo a ragionare sugli elementi disponibili, a cominciare dal database FAOSTAT, che contiene dati sull’agricoltura mondiale – e su quella italiana – dal 1990 al 2018. Consideriamo questo lasso di tempo abbastanza lungo per avere un significato che va oltre le oscillazioni annuali. In questo periodo l’uso agricolo totale di fitofarmaci in Italia è diminuito del 46%, come risultato della diminuzione del 13% degli insetticidi, del 28% degli erbicidi e del 53% dei fungicidi e battericidi. Nell’intervallo temporale in esame abbiamo anche registrato una contrazione della superficie coltivata di oltre 4 milioni di ettari: è quindi più corretto considerare la quantità di presidi fitosanitari utilizzati per unità di superfice, per cui abbiamo registrato una diminuzione del 30%. Ovviamente la stima delle quantità di fitofarmaci utilizzati astrae dalla qualità dei prodotti impiegati. Negli ultimi anni la farmacopea utilizzabile si è molto ridotta, con il progressivo abbandono dei prodotti maggiormente nocivi per l’ambiente. In definitiva minore quantità di presidi fitosanitari meno impattanti.

Esaminiamo adesso l’uso agricolo di fertilizzanti: anche in questo caso possiamo osservare una accentuata diminuzione: -31% per i concimi azotati, -75% per quelli fosfatici -72% per i concimi a base di potassio, per una diminuzione cumulata del 55%. Rapportando la quantità di fertilizzanti usati agli ettari coltivati, otteniamo -10% per i concimi azotati, -68% per i concimi fosfatici, -64% per quelli potassici.

Nello stesso periodo il numero indice della produzione delle coltivazioni (Gross Production Index Number = PIN) ha subito un calo del 3%. Possiamo quindi concludere che nel periodo considerato il sistema agroalimentare italiano ha guadagnato in efficienza, migliorando la gestione delle risorse naturali e di quelle rinnovabili; ha in altre parole prodotto poco meno – soprattutto a causa della riduzione delle superfici coltivate – utilizzando proporzionalmente una quantità molto inferiore di mezzi di produzione.

Da un punto di vista ambientale, se è sicuramente preoccupante la perdita di terra coltivata a favore di impieghi non agricoli o di abbandono, possiamo ipotizzare una significativa riduzione della pressione esercitata dalle attività agricole. Per esempio, sempre nel periodo tra il 1990 ed il 2018, le emissioni di gas climalteranti imputabili all’agricoltura (ivi comprese le attività di allevamento di bestiame in produzione zootecnica) sono diminuite di oltre un quarto (-26%).

Consideriamo adesso il primo Rapporto AGRIcoltura100 – promosso da Reale Mutua in collaborazione con Confagricoltura e realizzato da Innovation Team – che ha indagato l’impegno delle aziende agricole italiane nei diversi ambiti della sostenibilità. Questo rapporto riferisce di un progetto pluriennale finalizzato a valutare il contributo dell’agricoltura alla crescita sostenibile dell’Italia. Il progetto ha elaborato i dati di 234 variabili relativi a 1.850 imprese agricole di tutti i comparti produttivi e le parti d’Italia. Per ogni azienda sono stati prodotti 17 indici per altrettanti ambiti di sostenibilità, raggruppati in 4 aree: E (Environment – Sostenibilità ambientale); S (Social – Sostenibilità sociale); G (Gestione – Gestione dei rischi e delle relazioni); D (Development – Qualità dello sviluppo).  I risultati emersi indicano che quasi la metà (48%) delle aziende del campione hanno mostrato un’attenzione alta o medio alta ai temi della sostenibilità. In particolare, le imprese agricole hanno mostrato un grande impegno per la sostenibilità ambientale: praticamente tutte le aziende interpellate (98%) hanno intrapreso iniziative per il miglioramento dell’efficienza nell’uso delle risorse, mentre molte sono attive nella garanzia della qualità dei prodotti e della salute alimentare (88%), nella gestione del rischio idrogeologico (57%) e nella riduzione delle emissioni di gas climalteranti (56%).

In conclusione, possiamo considerare che la transizione ecologica del sistema agroalimentare è stata avviata da tempo ed ha già conseguito notevoli progressi, anche se  questa espressione è da poco entrata nel vocabolario del ‘politicamente corretto’ (gli inglesi direbbero che è recentemente diventata un buzzword). E particolare rilievo riveste la crescente sensibilità per i temi ambientali degli imprenditori agricoli, rivelata dall’inchiesta Agricoltura100. Sicuramente la strada da percorrere per la sostenibilità è ancora molto lunga, ma non partiamo certo da zero.

Redazione Fidaf

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