Covid-19 e sicurezza alimentare: necessità dell’approccio One Health
La pandemia di Covid-19 domina ovviamente la scena sui mezzi di comunicazione di massa, dai giornali ai talk show televisivi, e permea anche le conversazioni familiari, le discussioni tra amici, le chiacchiere tra gente comune. Né potrebbe essere altrimenti, considerato l’enorme impatto che essa ha avuto sulla nostra salute, con un pesante pedaggio di vite umane, sulle nostre attività economiche, sulla nostra cultura, in definitiva su tutti gli aspetti della nostra vita quotidiana. Un aspetto rimane però trascurato, nonostante la sua enorme importanza, quello cioè della connessione tra pandemia e sicurezza degli approvvigionamenti alimentari. Avevamo notato in un editoriale pubblicato all’inizio della pandemia, nell’aprile 2020, come il sistema agroalimentare avesse retto allo stress dell’emergenza sanitaria, assicurando comunque il costante rifornimento di mercati, negozi e supermercati. Il sistema agroalimentare ha poi dovuto fronteggiare il problema dell’assenza di manodopera stagionale per le operazioni di raccolta dei prodotti agricoli e altre difficoltà di varia natura. I successi fin qui conseguiti non debbono però farci dimenticare la stretta interconnessione tra sanità pubblica e produzione, trasformazione e distribuzione di alimenti.
Dobbiamo infatti ricordare che le epidemie che hanno funestato la storia umana sono spesso state zoonosi, sono state cioè “malattie e infezioni naturalmente trasmesse tra animali vertebrati e l’uomo”, secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Esiste infatti ragionevole evidenza che il morbillo, il vaiolo, l’influenza, la difterite, la peste bubbonica, la salmonellosi, la febbre bottonosa delle montagne rocciose e la malattia di Lyme siano state originariamente trasmesse all’uomo da animali, ed il fondato sospetto che lo stesso sia avvenuto per l’HIV, il raffreddore e la tubercolosi. Secondo l’EFSA circa il 75% delle nuove malattie che hanno colpito l’uomo negli ultimi 10 anni (come la malattia del Nilo occidentale) è stato trasmesso da animali o da prodotti di origine animale. Le zoonosi hanno giocato un ruolo di primo piano nella storia del genere umano, modificandone il corso e favorendo l’estinzione di intere popolazioni e la prevalenza di altre.
Anche le malattie infettive degli animali in produzione zootecnica che non si trasmettono all’uomo possono ugualmente avere pesanti ripercussioni sulla nostra vita e sulla nostra salute: basti ricordare l’epidemia di peste bovina del 1889 in Etiopia. Si stima che l’infezione uccise milioni di vacche e generò una gravissima carestia, che causò la morte per fame di un terzo della popolazione (circa 2 milioni di persone). Epidemie di peste bovina, con le relative conseguenze, hanno preceduto la caduta dell’Impero romano, la conquista dell’Europa cristiana da parte di Carlo Magno e la Rivoluzione francese. Giova ricordare a questo proposito che la peste bovina è stata completamente eradicata a livello globale grazie ad una intensa campagna di vaccinazioni e di monitoraggio condotta dalla FAO nel primo decennio di questo secolo.
D’altronde anche le epidemie causate da patogeni e parassiti delle piante agrarie hanno causato e continuano a causare gravi problemi di sicurezza alimentare, come già annotato nella Bibbia. Per esempio, l’epidemia di peronospora (Phytophtora infestans) che colpì l’Irlanda tra il 1845 e il 1849 ha causato la morte per fame di circa un milione di persone e l’emigrazione all’estero di un ulteriore milione, determinando una riduzione di circa un terzo della popolazione irlandese.
Se mai ce ne fosse stato bisogno, la pandemia di Covid-19, ci ha quindi fornito un’ulteriore, inequivocabile evidenza della validità del concetto One Health e della urgenza di incorporarlo nelle strategie e nelle politiche internazionali, nazionali e locali. La salute ed il benessere umani dipendono sì strettamente dalla prevenzione di malattie infettive, ma discendono in egual misura dalla sicurezza degli approvvigionamenti alimentari e, di conseguenza, dalla salute degli animali sia domestici che selvatici e dalla salute delle piante coltivate. L’approccio One Health riconosce con forza anche l’intima interconnessione della salute umana ed animale con la gestione delle risorse naturali e degli ecosistemi, con lo stato dell’ambiente e della biodiversità, con le pratiche di produzione degli alimenti, con la progettazione urbana e la pianificazione territoriale e dei trasporti, con l’avanzamento delle conoscenze scientifiche ed il progresso tecnologico. L’approccio One Health è oggi indicato come la strada per prevenire la pandemia prossima ventura, che gli epidemiologi prevedono con certezza che si verificherà, anche se non sanno indicare quando.