Contro la siccità serve innovazione

Contro la siccità serve innovazione

“La siccità e le ondate di calore anomalo che hanno investito l’Europa nelle ultime settimane ci ricordano l’urgenza di affrontare con serietà la crisi climatica nel suo complesso. Penso anche agli interventi per migliorare la gestione delle risorse idriche, la cui manutenzione è stata spesso gravemente deficitaria. Il PNRR stanzia più di 4 miliardi per questi investimenti, a cui va affiancato un ‘piano acqua’ più urgente.” Così il Presidente Draghi ha incluso la questione idrica tra le emergenze da affrontare nel discorso pronunciato al Senato il 20 luglio scorso.

Queste parole hanno un grande rilievo per almeno tre ragioni: in primo luogo per il riconoscimento della gravità del problema siccità, alla pari di altre emergenze nazionali, nonché dell’urgenza di intervenire. In secondo luogo per il suo inquadramento come fenomeno legato alla crisi climatica nel suo complesso e non come problema episodico, da cui discende la necessità di operare per rimuoverne la causa prima, con interventi decisi a favore della mitigazione del cambiamento climatico nel suo complesso. La FIDAF pone grande enfasi su questo aspetto: il convegno “Mitigazione del cambiamento climatico: il contributo di agricoltura e foreste”, organizzato in collaborazione AISSA, CONAF, CREA, ENEA ed ISPRA per i prossimi 6 e 7 ottobre (locandina e programma), discuterà difatti di come ottimizzare il contributo offerto da agricoltura e foreste agendo su entrambi i membri dell’equazione, diminuendo cioè le emissioni di gas serra e aumentando contemporaneamente la cattura di anidride carbonica atmosferica operata dalle piante e dai suoli agricoli e forestali. In terzo luogo infine il Presidente Draghi ha segnalato come interventi urgenti quelli diretti a migliorare la gestione della risorsa acqua ed ha indicato gli strumenti finanziari per attuarli, proponendo di inquadrali programmaticamente in un piano integrato. Queste indicazioni sono ora lasciate come eredità per il governo che verrà dopo le elezioni del 25 settembre.

Certamente uno degli interventi prioritari consiste nell’evitare o almeno diminuire gli sprechi derivati dalla mancata manutenzione della rete idrica, sprechi che ammontano al 42% (tasso di dispersione, ossia differenza tra quantità di acqua immessa e quantità di acqua erogata). Ma veniamo all’acqua dedicata a scopi irrigui, pari in Italia a circa il 60% dei circa 56 miliardi di metri cubi annui di acqua dolce consumata.  Meno quindi della media mondiale, pari al 70%, anche se il nostro Paese può vantare una estesa superficie irrigua, la maggiore in Europa, pari a 4,5 milioni di ettari. Molto è stato già fatto per accrescere l’efficienza dell’utilizzo di acqua per irrigazione – tant’è l’uso di acqua è diminuito di quasi il 30% negli ultimi anni – ma molto di più può ancora essere fatto. Va ricordato inoltre che l’acqua impiegata per uso irriguo non è totalmente sottratta agli ecosistemi, ma torna in gran parte alle falde e quindi ai cicli naturali.

 In Italia le precipitazioni naturali ammontano a circa 300 miliardi di metri cubi d’acqua per anno, di cui solo l’11% è trattenuto, mentre il resto viene perso. Si sta quindi perseguendo la strategia di costruire laghetti artificiali, piccoli invasi costruiti senza uso di cemento, che possono raccogliere e conservare le acque piovane e renderle utilizzabili nei periodi seccagna, come previsto per esempio dal piano predisposto da ABI, Coldiretti e altri partners. La captazione delle precipitazioni atmosferiche è un primo provvedimento da adottare con urgenza. L’adozione di corrette pratiche agronomiche, come l’agricoltura di conservazione, permette comunque di migliorare di molto la capacità di ritenzione idrica dei terreni coltivati e aumentare così l’efficienza di uso dell’acqua, piovana o irrigua che sia.

I sistemi irrigui attualmente utilizzati in Italia sono poi molto variabili per funzionalità e razionalità. Esiste un gradiente ascendente di efficienza che parte dall’irrigazione per sommersione, passa per quella per scorrimento e per aspersione, per arrivare alla più efficiente, l’irrigazione a goccia. Già incoraggiare l’abbandono dei sistemi meno efficienti e l’adozione di sistemi più razionali può portare notevoli risparmi di risorsa idrica senza pregiudicare la produttività agricola. L’adozione di tecnologie di irrigazione di precisione consente poi di usare solo quanta acqua serve, solo quando serve e solo dove serve e aiuterebbe quindi a conseguire un più alto grado di efficienza.

Questo per quanto riguarda la quantità d’acqua usata a scopi irrigui, ma non dobbiamo dimenticare l’aspetto qualitativo. L’irrigazione non richiede necessariamente l’uso di acqua potabile, ma può essere effettuata con acqua inadatta per gli usi civili, come per esempio i reflui urbani e industriali, opportunamente trattati e depurati. Questa pratica interessa per il momento una superficie irrigua modesta (circa 15.000 Ha), anche a causa di manchevolezze della normativa in materia. La superficie interessata può quindi essere agevolmente accresciuta se si adottano gli opportuni provvedimenti.

Infine, l’innovazione può agire sulle piante coltivate, rendendole più parche nell’utilizzazione dell’acqua e più resilienti. Sappiamo oggi che esiste un’ampia variabilità nel pool genetico delle maggiori piante coltivate per efficienza dell’uso di acqua e per tolleranza ad insufficiente disponibilità idrica. Abbiamo informazioni abbastanza precise sui meccanismi fisiologici che regolano l’assorbimento dell’acqua da parte delle radici, la traslocazione all’interno dalla pianta, l’evapotraspirazione. In molti casi sono disponibili conoscenze sul controllo genetico di questi caratteri fisiologici. Il miglioramento genetico delle piante agrarie, reso più efficiente e rapido dalle tecniche genomiche e post-genomiche, sta sviluppando varietà ad alta efficienza dell’uso dell’acqua e tolleranti a scarsa disponibilità idrica. Canna da zucchero e mais che necessitano meno acqua sono già coltivati negli Stati Uniti ed in Indonesia[1], mentre un frumento OGM tollerante alla siccità (l’HaHB4) è stato recentemente approvato in Argentina ed in Brasile. Le procedure autorizzative europee, oggi ostacolo al rinnovamento varietale, necessitano di un profondo ripensamento.

Il problema della siccità va quindi inquadrato nel contesto generale, identificando e contrastando i fattori che lo generano e va al contempo fronteggiato anche con interventi specifici. La ricerca scientifica e tecnologica offre importanti opportunità, che vanno però tradotte in innovazione che permetta di captarne il valore ambientale, economico e sociale.


[1] https://www.fao.org/3/cb8375en/cb8375en.pdf

Autore : Andrea Sonnino – Presidente FIDAF

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