Incontro tecnico a Faenza – Associazione dei Dottori in Agraria e Forestali di Ravenna, Forlì – Cesena e Rimini
EFFETTI DELLE VARIAZIONI CLIMATICHE SULLA QUALITA’ DELL’UVA
Il cambiamento climatico conseguente all’emissione dei gas serra (tra cui l’anidride carbonica), ha contribuito ad aumentare la temperatura dell’aria con l’effetto di un surriscaldamento dell’intero pianeta.
In agricoltura, le principali ricadute del cambio climatico riguardano i seguenti fenomeni:
- Modificazione dei ritmi di crescita stagionali.
- Aumento delle necessità irrigue.
- Abbandono di coltivi irrigui in favore di quelli seccagni.
- Distruzione di vaste aree verdi percorse da incendi.
- Anticipo di semine, raccolte e dello sviluppo fenologico in generale.
- Effetti negativi qualitativi e quantitativi dello stress da caldo.
- Diminuzione della sostanza organica dei terreni e aumento dei nitrati in falda.
- Cicli di patogeni alterati e/o comparsa o di nuovi patogeni.
Tale effetti, anche in viticoltura, determinano una sequela di conseguenze, ormai note nei processi della biochimica della pianta e sulla fisiologia della stessa. Gli effetti del cambiamento climatico comportano condizioni ambientali alterate rispetto al passato e una maggiore frequenza di stress termici, idrici e radiativi, meglio conosciuti come stress multipli estivi.
Il relatore ha individuato le soluzioni “accettabili”, finalizzate a contenere gli effetti delle alte temperature sul vigneto.
Prima di trattare tali tecniche ricordiamo che già le attuali conoscenze di fisiologia, indirizzano verso un migliore equilibrio vegeto/produttivo atto ad ottimizzare il rapporto tra la cosiddetta maturità tecnologica e quella fenolica, ricorrendo ad alcuni specifici interventi colturali; tra questi ricordiamo:
- LA DEFOGLIAZIONE
- IL DIRADAMENTO DEI GRAPPOLI
DEFOGLIAZIONE
Si tratta di un’operazione che viene effettuata, normalmente, nel periodo fra l’allegagione e l’invaiatura, al fine di arieggiare e migliorare l’illuminazione dei grappoli durante la maturazione; prevede la rimozione di una parte o di tutte le foglie presenti a livello della zona basale dei tralci che, nei sistemi a potatura corta, corrisponde alla fascia di prevalente localizzazione dei grappoli. È bene che tale pratica venga eseguita quando la fogliosità è talmente elevata da schermare quasi completamente i grappoli, dall’allegagione in poi; ne derivano indubbi benefici sia per la composizione delle uve, sia una minor suscettibilità ai marciumi, legata ad un miglioramento del contesto microclimatico. Uno degli effetti più macroscopici di una defogliazione eseguita su viti con chioma molto densa è quello di un sensibile incremento degli antociani e di altri flavonoidi.
DIRADAMENTO DEI GRAPPOLI
Il diradamento dei grappoli su viti adulte viene eseguito per i seguenti scopi:
- a) riportare in equilibrio viti che presentano un eccesso di carica di uva, in rapporto alla propria capacità vegetativa;
- b) indurre, in viti che presentano già un soddisfacente equilibrio vegeto/produttivo, caratteristiche compositive particolari (gradazione zuccherina, intensità di colori ed aromi ecc.).
Il periodo utile di intervento è, normalmente, quello compreso fra l’allegagione e l’invaiatura, ossia un arco di tempo che precede la fase di crescita per distensione dell’acino e l’inizio del processo di rapido accumulo di zuccheri nella bacca. Il quantitativo di uva asportata con il diradamento varia, di solito, fra il 20 ed il 60% di quella pendente. È bene evidenziare che diradamenti effettuati in condizioni di effettivo squilibrio per eccesso di uva, in rapporto alla superficie fogliare disponibile, determinano variazioni piuttosto costanti e consistenti della qualità finale delle uve, così come un cospicuo incremento della concentrazione in solidi solubili e del contenuto in polifenoli totali. Diradamenti effettuati in condizioni di equilibrio vegeto-produttivo invece attenuano, o anche annullano, gli effetti positivi citati. Va, infine, posto l’accento sul fatto che il diradamento dei grappoli dovrebbe assumere il carattere di assoluta occasionalità: se così non fosse, sarebbe bene andare ad indagare le cause che concorrono alla determinazione di un quadro fisiologico non armonico.
La fisiologia della pianta di vite in prima analisi, con un aumento di concentrazione in anidride carbonica nell’aria, viene stimolata alla produzione di biomassa, anche se l’aumento della respirazione dovrebbe potersi contenere in un ordine di grandezza del 15-20%. L’efficienza dell’uso dell’acqua sarà migliorata come conseguenza dell’aumento della resistenza stomatica. Uno dei fenomeni più rimarcati, in quanto anche uno dei più evidenti, riguarda la variazione del ciclo fenologico della vite, che si traduce in crescita più accelerata e anticipazione temporale delle tappe di fioritura prima e di vendemmia poi.
Come è noto, i fattori che sono a monte degli effetti sgradevoli provocati da questo cambio di clima, ricadono nella sfera del controllo della temperatura dell’aria, o comunque della chioma di vite e in quella relativa alla sfera suolo e all’approvvigionamento idrico della pianta. Lo studio del Dott. Bernizzoni ha pertanto ipotizzato due filoni d’indagine e di prove che hanno visto coinvolta la pianta di vite nella sfera “suolo” e nella sfera “chioma”.
SFERA CHIOMA
Nell’ambito della “Sfera Chioma” possiamo considerare varie azioni (interventi colturali), finalizzate ad aumentare lo spessore della bacca, incrementando la resistenza alle scottature (adattamento del grappolo) quali la defogliazione precoce pre-fiorale, l’ombreggiamento della chioma (scelta di determinate forme di allevamento – es. cordone libero oppure uso delle reti scure[1]) e l’uso di anti-traspiranti (modulazione della maturazione).
SFERA SUOLO
Si considera il Bilancio Idrico (Input/Output – metodo a “serbatoio”), nell’ambito dei rapporti ed equilibri terreno, clima, età delle viti, forma di allevamento e carica dell’uva, con l’obiettivo di mantenere l’umidità del suolo all’interno di un range (soglia massima e minima) rispetto all’acqua disponibile[2], compreso tra il 10 ed il 40%.
Da sempre, lo stile di un vino di una determinata regione è funzione del clima, all’interno del quale la possibile variabilità riscontrabile negli anni condiziona le differenti “vendemmie”. I cambiamenti di clima hanno il potere di far mutare lo stile, la personalità, e non per ultimo l’importanza di un vino. È evidente che l’impatto del cambiamento climatico sulla distribuzione geografica dei vitigni non è in alcun modo generalizzabile, ma questo riscaldamento indurrà un probabile cambiamento di “vocazionalità” per alcuni vitigni a scapito di altri.
Andrea Fabbri
[1] Le reti scure provocano tuttavia una riduzione di fotosintesi e una diminuzione dell’accumulo zuccherino.
[2] Acqua Disponibile: %le di umidità del suolo determinata per differenza tra la Capacità Idrica di Campo e il Punto di Appassimento.
Vedi circolare: Incontro tecnico a Faenza _ Bernizzoni 1