Il ruolo delle leguminose nel contenimento dei consumi agricoli di energia fossile e dell’effetto serra

Nei vegetali non sempre l’invasione da parte di funghi e batteri dà luogo ad uno stato di malattia. Alcune tipologie di invasione, ad esempio quando i microrganismi irrompono nelle cellule radicali, sono al contrario benefiche. Attraverso un’essenziale rifornimento di nutrienti i microrganismi aiutano sia le piante ospiti che gli avvicendamenti colturali, se non addirittura degli interi sistemi agricoli. In certe interazioni simbiotiche, le radici sono infettate da funghi micorrizici che aiutano i vegetali superiori ad acquisire fosforo dal terreno. In altre simbiosi agricole, i rizobi alloggiano nelle radici delle leguminose, quali il pisello, la soia e l’erba medica (FOTO), dove producono la forma di azoto necessaria per l’accrescimento. Di recente alcuni biochimici ed agronomi hanno cominciato a conoscere a fondo i geni da cui dipende l’instaurarsi di queste reciproche interrelazioni. E’ stato accertato che sia i geni della pianta che quelli dei microrganismi contribuiscono alla simbiosi. I due partner sono infatti coinvolti in una complessa conversazione molecolare.

Le simbiosi “fungo-pianta” si sono instaurate ben prima delle associazioni “rizobio – leguminosa”. La presenza di funghi utili in piante fossili indica che le prime associazioni risalgono a circa 400 milioni di anni fa. Le leguminose invece datano circa 70 milioni di anni.
Nell’instaurarsi di questo dialogo, le piante “parlano” per prime, iniziando un discorso molecolare con il batterio specifico necessario per la loro interazione simbiotica. La condizione per la quale diverse leguminose producono differenti messaggi biochimici (flavonoidi) contribuisce a generare diversa specificità d’azione simbiotica. Lo stesso rizobio contribuisce a questa specificità. Pertanto, una volta che le specificità sono state rispettate, la simbiosi si può attivare e la “conversazione” può continuare. Trattasi di messaggi oscillanti che proseguono fino alla fine della reciproca discussione.
Questo tipo di piante presentano la particolare abilità di fissare l’azoto atmosferico, che rappresenta una risorsa rinnovabile, attraverso la formazione di noduli entro i quali vengono ospitati i microsimbionti radicali più o meno specifici (rizobi). La fissazione biologica dell’azoto è un processo efficiente e, su ampia scala, la produzione di ammonio da parte della simbiosi “Rhizobium – leguminosa” risulta più elevata della produzione industriale degli azotati di sintesi.
Impiegando i concimi azotati consumiamo dell’energia fossile: è richiesto l’equivalente di due tonnellate di petrolio (in energia) per produrre e spargere una tonnellata di concime azotato. L’impiego invece di azoto biologico, come quello fissato dalle Leguminose per produrre proteine vegetali, consente notevoli risparmi nei consumi di energia non rinnovabile e di conseguenza fa diminuire il contributo dell’agricoltura all’effetto serra. La coltivazione di una leguminosa porta ad economizzare circa 0,2 tonnellate di petrolio per ettaro che equivalgono alla produzione di 600 kg/ha di CO2. Le leguminose sono dunque uno dei pilastri su cui poggia lo sviluppo sostenibile dei sistemi agricoli. È stato stimato che il 20-30% dei costi energetici necessari alla coltivazione delle piante è assorbito dalla produzione e distribuzione in campo degli azotati.
Non va dimenticato infine che le leguminose promuovono diversità ed efficienza alle rotazioni agrarie e contribuiscono significativamente al sostegno della fertilità del terreno agrario. Le leguminose inoltre concorrono alla salubrità del cibo in generale e fanno parte integrante della cosiddetta “dieta mediterranea” anche se oggi risultano ancora sotto rappresentate nell’ambito dell’agricoltura europea e meritano invece, in rapporto agli innumerevoli vantaggi offerti, un ulteriore sviluppo.
Orto a Castiglioncello, Odoardo Borrani
Orto a Castiglioncello, Odoardo Borrani

Redazione Fidaf

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