Il pesce con il formaggio?
Di recente in Inghilterra un cuoco italiano si rifiuta di soddisfare un cliente che gli chiede di aggiungere del formaggio parmigiano a un piatto a base di pesce. Ne nasce una discussione, una recensione negativa su Trip Advisor e il tutto finisce sui tabloid londinesi. La notizia in Italia accende una controversia sulla liceità dell’uso del formaggio nei piatti di pesce o se sono un tradimento di una più o meno supposta o convalidata tradizione della cucina italiana, dimenticando che i gamberi farciti con formaggio sono una ricetta che il Maestro Martino da Como, il più importante cuoco europeo che nel secolo XV, scrive nel Libro de Arte Coquinaria, caposaldo della letteratura gastronomica italiana e testimone del passaggio dalla cucina medievale a quella rinascimentale. Senza discutere se il cuoco ha il dovere di soddisfare ogni gusto del cliente oppure salvaguardare una propria idea o ricetta, da un punto di vista antropologico è interessante considerare il rapporto che nella cucina vi è tra il formaggio e il pesce.
Mentre già nella grande gastronomia rinascimentale italiana vi è l’accostamento del pesce al formaggio, un’antinomia tra formaggi da una parte e pesci e prodotti ittici dall’altra è presente nelle cucine italiane del passato e si collega al diverso modo di vivere e di procurarsi il cibo tra le società dei pastori e quelle dei i pescatori. I pastori e i pescatori possono scambiarsi tra loro formaggi e pesci, ma in cucina non li mischiano nello stesso piatto o ricetta, soprattutto quando entrambi i cibi (formaggio o pesce) sostituiscono una carne scarsa o vietata da regole religiose. Anche per un’economia di risparmio proteico si tende a non mangiare assieme pesce e formaggio e da qui nasce l’abitudine se non la tradizione di non aggiungere formaggio ai piatti di pesce e al tempo stesso non si sviluppa un gusto del pesce al formaggio.
Attualmente sono cadute le barriere culturali tra pastori e pescatori, sono scomparse le restrizioni che portavano a sostituire la carne con il pesce da parte dei ricchi o con i formaggi da parte dei poveri. Con una maggiore disponibilità economica gli italiani ora viaggiano, conoscono altre cucine e in Italia si diffondono sperimentazioni alla ricerca di nuovi gusti e soprattutto di nuove combinazioni. Niente formaggio sui funghi si diceva una volta, ma oggi con certi funghi coltivati che non hanno un deciso sapore sono ammessi alcuni tipi di formaggio, soprattutto quelli ricchi di glutammato dal gusto umami. Lo stesso sta avvenendo per i piatti di pesce sui quali negli ultimi anni si stanno esercitando i cuochi che usano formaggi ricchi di gusto umami nella preparazione di piatti di pesci e altri prodotti ittici di non marcato sapore come seppie, calamari o i gamberi come già faceva oltre cinquecento anni fa Maestro Martino, con questo evitando la frittura o la gratinatura con la quale si nobilitavano pesci di limitato sapore o gusto (fish and chips degli inglesi). Formaggi di scarso sapore specifico o la ricotta sono ora usati per raccogliere ed esaltare il profumo, l’aroma e il gusto di pesci o prodotti ittici quali mitili, granchi e perfino ostriche.