Il gioco quale elemento di partecipazione e relazioni
“giocare seriamente significa riconoscere un obbiettivo chiaro, ed il gioco diventa un contesto nel quale i rischi possono essere presi senza conseguenze e nel quale l’inimmaginabile può realizzarsi senza alcuna esitazione, ma, per immaginare proficuamente, dobbiamo avere la possibilità di compiere delle scelte che appaiano insignificanti”. (Frase trovata casualmente in una ludoteca)
La ricerca di una soluzione di continuità tra gioco e sport ha avuto sempre la finalità di definire razionalmente una delle attività umane che ha, come molte altre, coinvolto maggiormente la sfera emozionale rispetto a quella strettamente razionale della persona.
L’esigenza di muoversi in libertà nello spazio, esprimendo i propri talenti e “mettendo in campo” i propri carismi, ha avuto nel tempo, sia per necessità e sia per piacere, un ruolo importante afferente la crescita stessa della persona accompagnandola dalla tenera età, sino al mantenimento delle proprie capacità di movimento, anche se parziali.
Le gioie ed il coinvolgimento che danno il gioco e lo sport sono frequentemente viste come distinte anche se, a ben vedere, molte si sovrappongono e sono indistinguibili sul piano emozionale per chi le vive; basta pensare alla carica passionale vissuta nell’impegno che c’è a preparare una gara sportiva, parimenti a quella che alimenta dispute sull’esito di un gioco spontaneo o popolare, dove spesso non ci sono nemmeno premi in palio.
Altro spunto di riflessione è certamente quello che ha sempre stereotipato il gioco legandolo alla fascia dell’infanzia e poi dell’adolescenza lasciando che lo sport, riconoscendone il valore ludico, vi si sovrapponesse per poi proseguire, come ha sempre fatto, per tutta l’età giovanile e per un tratto di quella adulta. E dopo? Per il resto della vita adulta e poi quella “da senior” ? Laddove indubbiamente calano progressivamente le capacità motorie ma, cala anche la voglia di divertirsi e stare bene attraverso il gioco e lo sport?
Un ultimo punto di analisi, trasversale alle precedenti considerazioni, è vedere un’altro bisogno primario della persona che viene soddisfatto nel giocare e fare sport : la socialità. Se è vero, come è vero, che noi ci riconosciamo nell’incontro con l’altro, è vero altresì che sia il gioco che lo sport assolvono degnamente a questa missione di aiuto alla crescita personale.
Possiamo, a questo punto, certamente individuare delle caratteristiche comuni che assumono sia il gioco che lo sport : l’incontro e confronto con gli altri, la gioia della partecipazione, quella di ricercare e poi applicare, anche se poi in altri campi, i propri talenti, il rispetto dovuto ad una organizzazione, spontanea od istituzionalizzata che sia, ed il benessere psicofisico che gioco e sport apportano. Tutto questo costituisce un coacervo di valori che si può affermare di ritrovare nel termine “Giochi Sportivi”. Le Stesse Olimpiadi sono sempre state chiamate “Giochi Olimpici” e la Federazione di uno degli sport più popolari, il calcio, ha nel suo acronimo la parola Gioco. Quindi forse non esistono tante differenze, se non nell’approccio culturale stesso che va comunque aggiornato e ritrasmesso in forma corretta.
Uno dei mediatori culturali che può svolgere al meglio questo ruolo educativo, ancora oggi, è certamente l’Oratorio, nella sua espressione ludico-sportiva della Comunità che rappresenta.
Basta che l’Oratorio prenda con forza la sua vocazione di accogliere e seguire la crescita della persona per poi, adeguando strutture e mezzi, faccia di una semplice proposta, un progetto condiviso che abbia in sé i valori tradizionali della fede ed un nuovo sguardo che abbracci le diverse realtà, con elementi semplici di coinvolgimento ma che soddisfino i bisogni più sentiti dalla Persona.
Certamente una caratteristica dell’Oratorio è quella di affrontare, con la sua coralità, anche l’aspetto ludico-sportivo come una delle risposte ai bisogni della comunità, mettendo a disposizione più risorse di un solo, pur ben intenzionato, gruppo di volontari, soprattutto se si vuole articolare una proposta di accoglienza su più fasce di età e per diverse tipologie di attività. Si può iniziare dai giochi popolari dove coinvolgere le famiglie con vari tipi di esperienze ludiche per poi passare, con l’integrazione di tutti quelli per cui, sino ad ora, abbiamo pensato ad attività diversificate e separate, a fare sport attraverso la conoscenza di diverse discipline e l’interscambio con chi può farne crescere l’apprendimento.
Si può concepire un Lab-Oratorio esperenziale dove anche l’Ultimo viene scelto e dove si mettono in movimento, oltre ai corpi, le dinamiche relazionali. Dove si impara a relazionarsi prima di tutto con se stessi, scoprendo dal semplice svago all’impegno agonistico e dove tutto e’ affrontato con la nostra intelligenza sia motoria che emotiva, per poi cercare di impreziosirsi dell’incontro con l’altro che sia giovane, adulto, anziano o persona in situazione di disabilità.
L’Oratorio va visto come luogo educativo dove incontrarci ed aiutarci, attraverso anche le nuove attività che sono state studiate negli ultimi anni e che stanno emergendo : il social fit-walking, il freeball, la fyonda, lo skymano, la wjii, il thai-chi, ed accanto ai giochi popolari da rispolverare e far conoscere, quali la gimcana o il rubabandiera o la corsa nei sacchi e, non ultimo, l’approccio alle discipline sportive “classiche” privilegiando gli sport di squadra.
Don Bosco sosteneva che l’Educazione è “cosa del cuore” e solo Dio ne ha le chiavi e ci può Insegnare (nel senso proprio di “segnare dentro”) le arti per riuscire ad usarlo. Da questo spunto dobbiamo sentire il compito educativo come un atto d’amore che produce gioia, come il gioco stesso che va visto come dono e come attività che, anche senza scopo, non è però senza senso.
Raccogliere la sfida Educativa per un nuovo Umanesimo, come alcuni sostengono, è qualcosa di più che progettare attività di uno sport amatoriale per dilettanti che incontrano altri dilettanti in un clima di festa, ma è, soprattutto, investire se stessi in un’Etica comportamentale che abbracci l’altro incontrato lungo il percorso della vita e con il quale camminare insieme, anche per un breve tratto, ma riconoscendo nel gioco un produttore di gioia e nella contemplazione della Sapienza ciò che comporta la gioia più profonda; l’attività ludica non ha di mira altro, ma viene ricercata solo per se stessa. Questo accade anche nelle gioie offerte dal Sapere.
La materia ha una sua vastità ed una sua profondità, ed è difficilmente sintetizzabile in poche righe; questo appunto vuol essere solo un momento di riflessione per avvalersi intanto di ciò che già esiste, con un invito ad allargare lo sguardo per abbracciare anche nuovi modi di porsi e rivolgendosi, così, anche a nuovi interlocutori e, come un buon albero, mantenendo salde le radici nella terra dove si è radicati, proiettare il tronco verso l’Alto ed i rami verso l’Altro e, più che cattedratici formatori, l’invito è ad essere semplici testimoni, ed attraverso il nostro operare concreto trasmettere così, al meglio e più efficacemente, i valori dei quali nutriamo la nostra vita di Cristiani. (Arch. Maurizio Moretti)