Il futuro è in mano alle corporation. Intervista a Pavan Sukhdev
Quanto valgono in termini monetari i servizi offerti dagli ecosistemi? Quanto valgono la pioggia, l’ossigeno, il clima, la biodiversità, “prestazioni” che le nostre economie utilizzano senza pagare alcun prezzo? E una volta stabilito il prezzo, chi deve farsene carico? Per Pavan Sukhdev sono le grandi aziende multinazionali a doversi porre il problema, per diventare i fondamentali driver di uno sviluppo che non depreda il pianeta e promuove una prosperità durevole e inclusiva.
“Banchiere buono” e “Banchiere della natura” sono due degli appellativi con cui viene presentata la figura di Pavan Sukhdev, l’economista che ha coordinato per conto dei paesi G8+5 e dell’Unep la ricerca conclusasi nel 2008 con la pubblicazione dello storico rapporto The Economics of Ecosystems and Biodiversity, altrimenti noto come “Rapporto Teeb”.
La rilevanza del progetto Teeb viene efficacemente documentata nell’articolo di Gianfranco Bologna.
Dopo la presentazione del rapporto, Sukhdev è stato visiting fellow a Yale, nel 2011-12, ed è in questo periodo che, a partire dalle evidenze emerse durante la ricerca per l’Unep, ha iniziato a elaborare dei principi di comportamento e modelli di azione per le aziende, soprattutto per le grandi aziende, le multinazionali, le corporation. Un lavoro sfociato nella pubblicazione del libro Corporation 2020, oggi tradotto in diverse lingue.
Ed è su questi temi che lo abbiamo intervistato durante la sua più recente visita in Italia, in occasione della conferenza della Global Alliance for the Future of Food e del lancio dell’edizione italiana di Corporation 2020.
Una prima domanda di carattere generale: perché le corporation? Perché proprio questi soggetti possono svolgere un ruolo centrale nel promuovere il progresso verso la sostenibilità ambientale e sociale?
Oggi, le società del settore privato forniscono circa il 60% del valore aggiunto globale e il 70% dei posti di lavoro. In paesi come gli Stati Uniti, le corporation rappresentano quasi il 75% del Pil e dell’occupazione.
Il primo punto è: se potessimo risolvere la questione dal basso verso l’alto, dal micro al macro, se tutte le imprese si comportassero come aziende verdi, allora avremmo una green economy, una economia che ci porterebbe direttamente a uno sviluppo corretto. Insomma, avremmo la soluzione. Ma le corporation di oggi sono la causa del problema, non ci guidano verso la soluzione. E i problemi sono le esternalità, l’insieme delle esternalità: stiamo parlando di questioni come le emissioni di gas serra, l’approvvigionamento di acqua potabile, gli inquinanti dell’acqua, gli inquinanti chimici, l’avvelenamento del territorio e il suo utilizzo per trarne vantaggi privati, i cambiamenti climatici… Se si mettono insieme tutte queste esternalità, è facile capire che i costi sono enormi, che le esternalità stanno guidando il sistema Terra verso i limiti planetari, proprio perché la loro dimensione è così grande.
È per questo che – sia in termini di gestione delle esternalità negative, sia in termini di cambiamento del modello verso la green economy – le corporation sono così importanti.
Credo che, per le sue dimensioni, il settore economico privato sia l’istituzione singola più importante del nostro tempo.
In che modo una maggiore attenzione al capitale naturale potrebbe guidare l’economia verso nuove forme e relazioni più positive nei confronti delle risorse, come nel caso dell’economia circolare o della bioeconomia?
La necessità di una economia circolare è chiara, perché l’economia di oggi è basata su un modello lineare: take, make, waste (prendi, produci, usa e getta).
Come ogni modello lineare, questo non può funzionare a lungo, in quanto si basa su due assunti: che le risorse siano infinite e la capacità della Terra di assorbire rifiuti sia infinita. Sono entrambi assunti falsi, perché le risorse sono limitate, e la capacità della Terra di assorbire i rifiuti è limitata.
Il modello odierno non può diventare circolare, quindi non può essere la risposta.
Le corporation devono individuare modi di generare profitto e avere successo pur mantenendo circolarità, progettando i propri prodotti al fine di non avere rifiuti. Ci sono aziende che già lo fanno… Continua a leggere su ‘Materia Rinnovabile’, n. 4 giugno 2015