Il difficile dialogo fra le culture umanistica e scientifica

Il difficile dialogo fra le culture umanistica e scientifica

Premessa

In principio c’era una sola cultura: la filosofia, la poesia e la scienza procede-vano tenendosi per mano. Il pensiero della civiltà occidentale si è nutrito, fin dagli albori, della matrice culturale greca e latina, senza subire dicotomie. Per secoli, il sapere ha spaziato armoniosamente in tutte le direzioni e ciò è avvenuto anche in Italia. Già il nostro Sommo Poeta, pur navigando nel sistema tolemaico, aveva dimostrato di saper andare oltre le cognizioni dell’epoca; con illuminazioni profetiche scriveva nel Convivio «che gli omini buoni desiderano sapere». Niente sembrava separare l’impatto conoscitivo da quello letterario della scrittura, nonostante il grande Leonardo si definisse «omo sanza lettere» e incapace di poter conoscere il mondo nella sua oggettività assoluta (S. Modeo, 2014). Galileo, scienziato umani-sta, agli inizi del ’600 produsse un cambio epistemologico epocale, valicando il recinto delle verità e dei principi della Chiesa; diede avvio ad una forte instabilità nel sistema del sapere, scardinando l’arroganza dell’assolutismo. L’unicità della cultu-ra resistette, però, fino all’800: basta citare G. Leopardi, che scrisse, tra l’altro, una storia dell’astronomia.
Quando e come si sono differenziate le due culture, umanistica e scientifica? La separazione è avvenuta con o senza ragione? Storici e filosofi concordano nell’attribuire al romanticismo (prima metà dell’800), e in particolare ai suoi epigoni tedeschi, l’innesco di divisioni culturali, esplose poi in una dialettica esasperata sconfinante in un fondamentalismo bifronte.
Ancor prima però è doveroso citare il contributo italiano nell’Alto Medioevo, durante la Rinascenza carolingia, con la classificazione disciplinare delle Arti Liberali (a fini scolastici, non filosofico-speculativi), distinguendo quelle del «trivio» (grammatica, retorica, dialettica) dalle altre del «quadrivio» (aritmetica, geometria, astronomia, musica), senza alcuna contrapposizione fra loro.Il ’700, con l’Illuminismo, non aveva creato solchi fra le due culture, al punto che la famosa «Encylopédie» (1751 – 1772) fu opera, insieme, di un filosofo (D. Dide-rot) e di un matematico (B. d’Alembert). Il ritorno al classicismo accademico, inve-ce, portò a riscoprire poeti del passato e a contrapporre (dalla fine del ’700 all’800) allo spirito e al razionalismo illuministi-co dominante, in Francia ma non solo, un orientamento culturale romantico che abbracciava, insieme alla letteratura, solo l’ambito intellettuale ispirato all’idealismo, soprattutto quello di J.G.Fichte e F.V. Schlegel (1971 e 1986), generando quindi la prima dicotomia.
La scienza, dunque, poteva interpretarsi come un ostacolo alla comprensione filosofica della vita che include esperienze creative, oniriche, passionali e non ogget-tive della realtà; nuovi esperimenti narrativi sarebbero poi sfociati nel realismo di H. Heine.
Con le grandi conquiste scientifiche della rivoluzione industriale di fine ’800 e i prodigiosi balzi in tutti i campi del sapere (di cui siamo stati in gran parte testi-moni e beneficiari) si sono imposte molteplici forme di specializzazione del sapere che si sono incarnate in varie discipline e professioni: hanno generato però spirito di rivalsa e al tempo stesso hanno alzato nuovi steccati, accrescendo in tal modo la già avviata divaricazione fra le due culture.

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Redazione Fidaf

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