Il Corpo Forestale dello Stato, la Benemerita e la Polizia europea
Tra le varie giustificazioni che sono state diffuse in occasione della riforma in atto nella Pubblica Amministrazione, vi è anche quella della riduzione delle forze di polizia per rendere più rapida la realizzazione di una polizia europea unica, iniziando quale esempio di efficienza per gli altri Paesi membri dell’Unione, proprio dal Corpo Forestale dello Stato.
Si tratta di un’affermazione sorprendente, poiché come la maggior parte degli italiani conosce, il Parlamento ed il Senato italiano hanno approvato, nel maggio 2010 il trattato di Velsen, che ha dato pratica attuazione all’accordo del 2004, per la creazione della Gendarmeria Europea (EUROGENDFOR), tra i paesi che dispongono di una polizia militare e cioè: Francia (Gendarmerie), Italia (Arma dei Carabinieri), Olanda (Marechaussèe), Portogallo (Guardia National), Spagna (Guardia Civil). Il Comando generale della Gendarmeria europea ha sede in Italia, a Vicenza ed è operativo dal 2007, da dove sono state guidate numerose missioni all’estero.
La creazione della Gendarmeria Europea è stata strumentalizzata per diffondere la falsa prospettiva dell’unificazione delle forze di polizia ad ordinamento civile esistenti nei vari Paesi, che rispondono ad esigenze specifiche, come ad esempio, la Polizia di Stato od il Corpo Forestale dello Stato in Italia.
Al contrario, tra le funzioni molto ampie affidate alla Gendarmeria europea, che vanno dalla sicurezza e l’ordine pubblico, alla ricostituzione istituzionale di uno stato oggetto di una guerra civile od in preda all’anarchia, vi è anche quella di collaborare con le forze di polizia nazionali e di controllare se queste assicurano correttamente l’applicazione delle direttive europee.
Le notizie che circolano sull’aggregazione del Corpo Forestale all’Arma dei carabinieri sono ancora più preoccupanti, poiché l’istituzione di un ruolo forestale nell’Arma crea uno stato di confusione tra attribuzioni, compiti e responsabilità civili e militari difficilmente comprensibile dai cittadini e soprattutto da chi vive ed opera nei territori montani.
La giustificazione del miglioramento dei servizi per la difesa del territorio, evitando sovrapposizioni e riducendo le spese è scarsamente sostenibile, a fronte di un appesantimento dei compiti dell’Arma in un momento di grande rischio per il coinvolgimento dell’Italia nei conflitti, che si stanno paurosamente estendendo nell’area del Mediterraneo e del Medio Oriente.
Il ruolo che il nostro Paese è chiamato a svolgere è stato chiaramente ed energicamente illustrato dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi, durante il suo recente intervento al Palazzo di Vetro ed alla Casa Bianca, negli Stati Uniti.
In sintesi, l’Italia s’impegna a far rimanere le nostre truppe più a lungo in Afganistan, è pronta ad assumere un ruolo guida per un meccanismo di assistenza e di stabilizzazione in Libia ed a contribuire a risolvere l’immane problema dei migranti nel Mediterraneo, visto che l’Isis è ormai alle nostre porte.
Intenti che tradotti in termini operativi significano un imponente gravoso impegno per gli uomini dell’Arma dei carabinieri, da sempre in prima linea, a cui dovrebbe corrispondere il suo potenziamento senza ulteriori appesantimenti di responsabilità civile, territoriale od ambientale.
Le dichiarazioni del Presidente del Consiglio italiano sono state favorevolmente accolte dall’establishment politico-finanziario americano, che è stato colpito dall’accelerazione in atto per la modernizzazione del nostro Paese, compresa la riforma della Pubblica Amministrazione, ma la fretta, a volte, può risultare cattiva consigliera.
La soppressione del Corpo Forestale e la sua aggregazione all’Arma Benemerita è, infatti, un processo lungo e complesso che non può avvenire a costi zero, come ampiamente dimostrato in occasione di analoghi avvenimenti nelle strutture dello Stato ed a questo proposito merita ricordare alcuni insegnamenti della storia del passato e di quella recente.
E’ vero che l’articolo 7 del Regolamento organico dell’Arma dei carabinieri del 1822 prevede il compito di “arrestare i devastatori dei boschi e di qualunque raccolto delle campagne, come pure tutti coloro che fossero stati trovati a guastare le strade, gli alberi piantati lungo d’esse, siepi, fossi e simili e di assicurarsi nei loro giri se le guardie campestri compiscano i loro doveri con la necessaria diligenza, facendone relazione ai sindaci”.
Tuttavia, è altrettanto significativo il contemporaneo riconoscimento da parte del “Buon Governo” che la sicurezza del territorio non era limitata al problema del banditismo, ma poteva derivare soltanto “ponendo rimedio alle distruzioni provocate dagli scoscendimenti delle montagne, corrosioni dei fiumi e dei torrenti e ed all’uso improprio del suolo”: a questo scopo, il 15 ottobre 1822, veniva istituita con le regie patenti di Re Carlo Felice, “l’Amministrazione forestale”, il cui braccio operativo sarebbe diventato il Reale Corpo delle Foreste.
Circa quarant’anni prima dell’Unità d’Italia, il “Buon Governo” aveva già individuato la necessità di stabilire le regole per la conservazione dei boschi e delle selve e per la difesa idrogeologica.
Per quasi due secoli carabinieri e forestali hanno operato con grande senso del dovere a fianco delle popolazioni nella buona e nella cattiva sorte, nell’ambito delle rispettive competenze, meritando la fiducia dei cittadini, contribuendo al miglioramento delle condizioni di vita nelle aree interne più disagiate, spesso nei momenti più critici, come ad esempio durante la Repubblica di Salò, quando riuscirono a sottrarre migliaia di giovani alla chiamata alle armi ed alla deportazione in Germania, applicando l’esonero concesso per gli operai forestali, e per questo, pagando spesso con la vita.
Ma venendo a tempi recenti, come ha messo in evidenza Papa Francesco nel magistrale discorso tenuto alle Nazioni Unite il 25 settembre 2015, la minaccia delle guerre regionali non deve mettere in secondo piano quella più generale rappresentata dalla drammatica aggressione all’ambiente, “che comporta limiti etici che l’azione umana deve riconoscere e rispettare”.
Con la ben nota capacità propositiva, il Papa, dopo aver illustrato lo stretto rapporto tra degrado ambientale e l’esclusione sociale ed economica dei più deboli, ha dato un’indicazione interessante per i responsabili delle istituzioni, che merita di venire riportata: “la molteplicità e complessità dei problemi richiede la necessità di avvalersi di strumenti tecnici di misurazione. Questa però comporta un duplice pericolo: limitarsi all’esercizio burocratico di redigere lunghe enumerazioni di buoni propositi-mete, obbiettivi ed indicatori statistici o credere che un’unica soluzione teorica ed aprioristica darà risposta a tutte le sfide. Non bisogna perdere di vista, in nessun momento, che l’azione politica ed economica è efficace quando è concepita come un’ attività prudenziale, guidata da un concetto perenne di giustizia che tiene sempre presente che, prima ed aldilà di piani e programmi, ci sono donne e uomini concreti, uguali ai governanti, che vivono, lottano e soffrono e che molte volte si vedono obbligati a vivere miseramente, privati di qualsiasi diritto”.
Sarebbe interessante conoscere se questi criteri siano stati considerati, in occasione della proposta di soppressione del Corpo Forestale dello Stato o se sarebbe stato più prudente pensare alla sua modernizzazione in vista degli impegni che derivano da una maggiore partecipazione attiva del nostro Paese alla difesa dell’ambiente della casa comune europea.
Molto istruttivo e tempestivo l’intervento di Giordano per riportare sul terreno della corretta informazione la storia istituzionale del Corpo Forestale dello Stato e la sua attuale funzione negli equilibri delle Forze dell’Ordine nazionali, in vista dei possibili sviluppi del progetto di formazione di un corpo di Polizia Europeo.
Esprimo il mio gradimento e la mia condivisione dei contenuti dell’articolo.
Dott. Agr. Edoardo Rossi
Portogruaro ( Ve)